Mondo
Regolarizzazione dei migranti, le ragioni del flop
Un’occasione persa: meno domande delle attese e già in frenata nonostante la proroga dei termini. E adesso c’è anche il rischio truffe
di Luca Cereda
Nel Decreto Rilancio, approvato dal governo italiano il 13 maggio scorso, tra i diversi provvedimenti economici è contenuta una misura per regolarizzare una parte dei migranti irregolari che vivono in Italia. «Siamo in attesa degli ultimi emendamenti al Decreto, mancano infatti quelli del Ministero del lavoro che ha tempo solo fino al 19 luglio, ma di fatto abbiamo assistito ad una frenata brusca delle richieste», spiega Maurizio Bove, responsabile immigrazione della Cisl di Milano.
Un provvedimento che manca il bersaglio
Secondo le stime del Governo avrebbero potuto accedere alla procedura di regolarizzazione oltre 200mila delle circa 600mila persone che vivono nel Paese senza permesso di soggiorno. «Una procedura pensata esclusivamente per i braccianti dei campi italiani in questo periodo di pandemia e per i lavoratori domestici. Di cui, delle sole 80mila richieste giunte [la chiusura della pratiche è stata anche per questo posticipata al 15 di agosto 2020 ndr] l’88% sono colf e badanti».
Il Decreto ha mancato il bersaglio: la regolarizzazione di tutti quei migranti irregolari, «spesso entrati con visto turistico», che però lavorano e vivono stabilmente sul suolo italiano. Soprattutto nelle grandi città, come Milano, «dove queste donne e uomini lavorano nel turismo, nella ristorazione e soprattutto nell’edilizia», spiega Bove. Questi settori sono stati totalmente ignorati dal decreto nonostante le richieste dei sindacati.
Regolarizzazione, condono e sanatoria
«Questa era, e lo dico volutamente riferendomi al passato, un’occasione in cui si potevano risanare i guasti in materia migratoria dei cosiddetti Decreti sicurezza, e insieme di un mercato nero del lavoro senza garanzie, ma si è preferito discriminare tra un’occupazione e l’altra, tra uno sfruttamento e l’altro». Parole e concetti di Maurizio Ambrosini, docente di sociologia delle migrazioni all’Università statale di Milano.
Di fatto, questo provvedimento ricalca le orme delle politiche migratorie italiane il cui strumento principale per il governo degli ingressi è da anni dello di portare avanti sanatorie e condoni a posteriori. «Altro che regolarizzazioni», chiosa Bove. «Con questa sono otto le principali sanatorie di questo tipo dal 1986 a oggi».
La politica di regolazione dell’immigrazione non governa, ma segue e si lascia guidare dal mercato: «Una volta che i datori di lavoro, famiglie comprese per i lavoratori domestici, hanno deciso di assumere dei lavoratori stranieri, Governo e Parlamento glielo concedono, sia pure dopo polemiche e tensioni», commenta Ambrosini.
La regolarizzazione dei richiedenti asilo: un pasticcio
Ad oggi un lavoratore straniero, non europeo, non può entrare regolamente in Italia con un visto di lavoro. «Questo genera irregolarità, perché la maggior parte di essi entrano nel Paese con un visto per turismo, trovano un impiego ma sono poi costretti a lavorare in nero nonostante il datore di lavoro abbia intenzione di assumerli», testimonia il responsabile immigrazione della Cisl di Milano. A questo capitolo si aggiunge quello dei richiedenti asilo: «Molti di loro sono assunti regolarmente, perché il permesso di soggiorno per i richiedenti asilo consente di svolgere attività lavorative. Però queste persone, assunte anche a tempo indeterminato, ma non nei settori citati dal Decreto, teoricamente dovrebbero licenziarsi per cercare un datore di lavoro nuovo da cui essere assunti e che rientri in quelli indicati nel “pacchetto” regolarizzazioni», spiega Maurizio Bove. Un gran pasticcio che mina la basi sociali ed economiche su cui queste persone stavano costruendo il loro futuro in Italia. «Sarebbe infatti molto più semplice e meno burocratico pensare alla re-introduzione del permesso di lavoro per motivi umanitari che tenga conto del percorso di integrazione fatto in Italia».
Un’occasione sprecata, nonostante i buoni propositi
D’altronde era già successo qualcosa del genere col decreto Maroni del 2009, riservato a colf e badanti. Porte chiuse per gli altri. Lavorare in un cantiere edile, in un ristorante o in un’impresa di pulizia non comporta possibilità di emersione. «A lenire il danno compare la possibilità di assunzione futura: se l’attuale manovale o l’addetta alle pulizie, o anche il disoccupato, troveranno ora un datore di lavoro dei settori “giusti”, potranno essere regolarizzati. Poi tra qualche mese, grazie alla possibilità di conversione del contratto, avranno eventualmente la possibilità di transitare verso altre occupazioni», spiega ancora il professor Ambrosini.
Non è difficile prevedere le conseguenze, già riscontrate nelle precedenti sanatorie: si farà avanti una schiera di datori di lavoro di comodo, pronti a offrire contratti di assunzione fittizi dietro compenso. «Gli immigrati, per i quali l’emersione alla legalità è un bisogno assoluto, rischiano di cadere in un’altra forma di sfruttamento», illustra Bove della Cisl. A Milano alcuni chiedono dai 6 mila euro in su per il pacchetto completo “inoltro della domanda più contratto di lavoro”.
Il provvedimento rimane quindi lontano dalle aspettative dei promotori. Ma era difficile aspettarsi di meglio da una politica che poco più di un anno fa votava i Decreti sicurezza e perseguitava le Ong impegnate a salvare le persone in mare. C’è voluto lo chocdella pandemia per provocare almeno un parziale ripensamento.
Una valutazione più in scuro che in chiaro
La tenace aspirazione alla giustizia e alla solidarietà verso gli immigrati di tanti italiani ha avuto l’opportunità di essere, attraverso gesti concreti, e alla portata di chiunque. Di ogni datore di lavoro. Ancora una volta è stata un’occasione persa: «Si sarebbero potuti appoggiare gli immigrati che chiederanno ai datori di lavoro di essere regolarizzati. Aiutare entrambe le parti a produrre la documentazione necessaria, indirizzandole agli sportelli sindacali o di organizzazioni riconosciute e affidabili. Sensibilizzare altri datori di lavoro alla possibilità di favorire l’emersione di persone che comunque sono qui e ci rimarranno. Sostenere le campagne per un lavoro agricolo decente e regolare, ma adottare la stessa logica anche nelle famiglie», elenca Maurizio Ambrosini.
Negativa è anche la valutazione di chi rientra nella regolarizzazione. Il sindacato Usb e il suo leader Aboubakar Soumahoro chiedevano al governo una sanatoria generalizzata dei migranti irregolari per motivi di salute pubblica e infatti, durante lo sciopero nei campi del 21 maggio, Soumahoro ha dichiarato: «Non vanno regolarizzate le braccia, ma gli esseri umani. Il Decreto rilancio contiene un provvedimento di regolarizzazione delle braccia e non della salute delle persone».
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