Politica

Regionali Abruzzo: chi ha vinto e chi ha perso

Grande performance del Centro-destra in particolare della Lega che diventa il primo partito in Abruzzo. Il M5S cala poco rispetto alle precedenti Regionali ma perde una valanga di consensi rispetto alle Politiche del 2018. Il centrosinistra “allargato” rispetto le elezioni politiche del 4 marzo mostra alcuni segni di ripresa, ma perde nettamente rispetto alle precedenti Regionali

di Redazione

Per stabilire i vincitori e gli sconfitti di questa tornata elettorale, è necessario procedere a una doppia comparazione, sostiene l'Istituto Carlo Cattaneo che propone un'attenta disamina del voto di ieri. Innanzitutto, il confronto più “naturale” deve essere fatto tra elezioni dello stesso “ordine”, cioè tra le consultazioni regionali del 2014 e quelle del 2019. In secondo luogo, considerata anche la vicinanza temporale tra i due appuntamenti elettorali, il voto in Abruzzoa livello regionale può essere confrontato con quello delle recenti politiche dello scorso 4 marzo, per valutare le differenze nei comportamenti degli elettori nelle due diverse arene di competizione.

Iniziando dal primo confronto (regionali 2014 e 2019), il quadro che emerge presenta un chiaro vincitore e due altrettanto chiari sconfitti. Il vincitore è sicuramente la coalizione di centrodestra, il cui candidato alla Presidenza della regione ha ottenuto il 48,3% dei voti (pari, in termini assoluti, a 299.949 voti), con un incremento di18,7punti percentuali. All’interno del centrodestra vincente, ci sono comunque partiti che hanno ottenuto risultati migliori o peggiori. La Lega di Salvini, addirittura non presente nelle elezioni regionali del 2014, si è imposta come primo partito a livello regionale (27,5%), superando sia il M5s che il Pd, confermando e rafforzando così la strategia “nazionalizzante” messa in atto dal ministro dell’interno. Anche Fratelli d’Italia (FdI) mostra un risultato positivo: nel giro di cinque anni ha più che raddoppiato i suoi voti, passando dal 2,9% al 6,5% (+19.038 voti). All’opposto, i partiti “moderati” della coalizione di centrodestraregistrano un calo dei consensi rispetto al 2014, sia per quanto riguarda Forza Italia – passata dal 16,7% al 9,7% (-58.093 voti) – che per l’ala moderata dell’Udc (dal 6% al 3,2%). Quindi com’era già emerso nel voto del 4 marzo, nel centrodestra si rafforza la componente più radicale ed “estrema”, mentre continua a indebolirsi progressivamente la sua parte più moderata, che corrisponde peraltro anche all’alapiù favorevole (o almeno meno critica) nei confronti dell’Unione europea.

Tra gli sconfitti del voto regionale abruzzese rientrano sia il M5s che la variegata coalizione di centrosinistra. Nel caso del M5s, il voto di domenica segna un arretramento dei consensi sia in termini assoluti che percentuali: -22.865 voti, corrispondenti a 1,3 punti percentuali. Questo risultato negativo si inseriva, peraltro, all’interno di un trend elettorale crescente per i cinquestelle a livello nazionale, il che lasciava aperta la possibilità di un ulteriore allargamento dei voti anche nel contesto regionale. Invece, il voto di ieri segna una evidente battuta d’arresto per il M5s, che viene superato come primo partito abruzzese dal suo attuale partner di governo nazionale. Ugualmente sconfitto è lo schieramento di centrosinistra che, come nel 2014, si è presentato al voto con un’alleanza “larga”composta da ottoliste. Proprio questa composizione variegata rende complesso il confronto diretto con il voto di cinque anni fa, ma a livello generale la coalizione di centrosinistra, oltre a perdere la maggioranza in Consiglio regionale, arretra di 16 punti percentuali (dal 46,6% al 30,6%), passando in termini assoluti da 313.267 votia 183.630 (-129.637). Più complesso è, invece, il confronto tra le singole liste del centrosinistra, perché non tutte sono perfettamente sovrapponibili rispetto a cinque anni fa. In ogni caso, il dato che va sottolineato è l’arretramento del Pd: nel 2014 aveva ottenuto il 25,5% dei voti, mentre oggi si è fermato all’11,1%, con un calo di 14,4 punti. In parte, questo calo può essere compensato o attenuato dalla lista personale promossa dal candidato del centrosinistra alla Presidenza regionale (“Legnini presidente”), ma anche computando questi voti il dato per il Pd resta negativo rispetto al 2014.

Il calo del M5s è leggero se paragonato al dato della precedente tornata regionale, ma molto più significativo se il paragone viene fatto con le politiche del 4 marzo. In quest’ultimo caso, la perdita di voti superai 20 punti percentuali (-184.719 voti) e rende il M5s non più il polo elettoralmente prevalente in Abruzzo, com’era avvenuto alle scorse politiche, ma lo fa arretrare al rango di terza forza politica, superata anche dallo schieramento di centrosinistra. Osservato in questa prospettiva, il risultato del M5s non può essere derubricato come un calo fisiologico di un partito che sconta ancora undeboleradicamento a livello territoriale. Di fronte a un trend elettoralmente crescente per il M5s nel voto politico (+10 punti percentuali dal 2013 al 2018), era lecito aspettarsi una conferma della stessa tendenza anche a livello regionale. Invece, il voto di domenica fa suonare un primo e rilevante campanello d’allarme per i cinquestelle.

Per il centrodestra, il voto regionale è indubbiamente un successo, sia nel confronto su scala regionale che con quello politico. Grazie soprattutto al rafforzamento della Lega e, in misura minore di FdI, la coalizione di centrodestra cresce di 13,7 punti rispetto al voto dello scorso 4 marzo, rivelandosi il primo schieramento politico. Inoltre, il 49,2% dei voti ottenuto dalle liste del centrodestra sono un risultato paragonabile – o in alcuni casi addirittura superiore – a quelli registrati nei decenni precedenti, vale a dire quando ancora la competizione era di tipo bipolare e non esisteva un terzo polo rappresentato del M5s. Il che rende ancora più significativo il successo del centrodestra in Abruzzo.

Per la coalizione del centrosinistra, il confronto con i risultati elettorali in Abruzzo degli ultimi venticinqueanni presenta un bilancio in chiaroscuro. Infatti, se il paragone viene fatto con le elezioni politiche del 4 marzo, il centrosinistra “allargato” mostra alcuni segni di ripresa: rispetto al 17,6% ottenuto nel 2018, lo schieramento guidato da Giovanni Legnini cresce di circa 13 punti percentuali, arrivando al 30,6% dei voti.

Tuttavia, questo risultato positivo –o in ripresa– rispetto al voto dello scorso marzo deve essere confrontato anche con il dato delle ultime elezioni regionali, quando le forze di centrosinistra avevano raccolto il 46,6% dei consensi. In questo caso, emerge il progressivo declino elettorale del centrosinistra che, in Abruzzo, aveva ottenuto in media dal 1994al 2018 – sia alle politiche che alle regionali –il 41% dei voti. In parte, si tratta di un declino derivante dalla trasformazione nella struttura della competizione partitica (da bipolare a tripolare), ma parzialmente deriva anche dal progressivo indebolimento del Pd, sceso dal 2018 per la prima volta sotto la soglia del 15%

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