Welfare

Reggio Calabria. Chi minaccia i volontari? Un paese in rivolta contro i soliti ignoti

A Cinquefrondi il locale gruppo di aiuto a malati e anziani da nove mesi è vittima di attentati e vandalismi. Sui colpevoli, nessun sospetto. Ma la gente, per una volta, si schiera.

di Luca Cardinalini

Sparare sulla Croce Rossa non si può, ma dar fuoco all?ambulanza è già stato fatto. Lo sanno i 41 volontari dell?associazione, aderente all?Anpas, di Cinquefrondi, paese di 6mila abitanti in provincia di Reggio Calabria. Un gruppo eterogeneo (studenti, pensionati, impiegati) che dal 1997 si è unito con l?unico scopo di dare una mano a chi ne ha bisogno, con una miriade di piccoli progetti. Dall?assistenza ai malati a quella agli anziani, abbracciando quasi l?intera gamma del settore socio-sanitario, compreso il versante della Protezione civile, con azioni di contrasto agli incendi boschivi. Detto con i numeri, si è arrivati ai 3mila interventi, tra assistenza e soccorso. Un tesoro da salvaguardare, oltre che un impegno apprezzato da tutte le forze politiche. Il Comune, infatti, retto da una giunta ibrida, per lo più di centrodestra, ha concesso dei locali per allestire un ufficio e il garage per il ricovero delle tre ambulanze: una regalata dall?amministrazione stessa, una frutto di una raccolta fondi, la terza in comodato d?uso dalla Protezione Civile. Una storia locale, bella e incoraggiante, che non avrebbe mai fatto notizia per la spietata teoria che regola il mondo dei media: fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. Invece la vicenda è arrivata anche in Parlamento, grazie a un?interrogazione dell?onorevole Angela Napoli (An), vicepresidente della Commissione Antimafia, denunciante i gravi atti intimidatori dei quali l?associazione è stata vittima. Tanti, ripetuti atti di vandalismo, troppo mirati per essere rubricati sotto la voce ?microcriminalità?. Tutto iniziò la sera di Capodanno, quando una bomba carta fece saltare la porta d?ingresso dell?associazione, ma tutti pensarono ai bagordi di qualche ragazzo un po? su di giri. A febbraio i soliti ignoti squarciavano le gomme del mezzo antincendio dell?associazione, rubando alcuni pezzi del motore. Col passare dei mesi si incrementavano anche le incursioni nella sede (notturne e diurne, ma la guardia medica al pianterreno non si accorgerà mai di nulla), ripulita di tutto il ripulibile: televisore, due computer, telefoni, documenti. Nove raid, nessuna denuncia, nessun sospetto né sospettato. L?ultimo saccheggio il 13 settembre, come racconta il presidente dell?associazione, Enzo Dattolo, neolaureato in economia in attesa di occupazione: «Era la sera della processione di san Rocco. Approfittando della confusione, qualcuno si è introdotto nell?ufficio, ha abbattuto la parete in cartongesso e buttato in aria armadietti e cassetti. La mattina seguente è bruciata l?ambulanza, chiusa nel garage del Comune». Il fuoco ha avuto, come prima conseguenza, l?abbandono da parte dei volontari del profilo basso tenuto fino ad allora. Così, oltre a denunciare ai carabinieri gli atti vandalici, hanno iniziato a scrivere a politici, giornali e presidente della Repubblica, provocando un consiglio comunale straordinario e l?interrogazione di cui sopra, incassando la solidarietà dei cittadini. Ancora Dattolo: «Abbiamo pestato i piedi a qualcuno? Magari fosse così. Invece ignoriamo chi possa essere stato e perché. Di certo non è roba da balordi, c?è qualcuno che vorrebbe farci chiudere. La novità è che la gente ci manifesta solidarietà, ha capito che non si tratta di attacchi a noi volontari, ma alla comunità. Una forma di autolesionismo assurdo». Resta l?emergenza. La gente sorride mentre vede questi ragazzi camminare con la stampante in una mano e il computer nell?altra, perché non si fidano a lasciare nulla nell?ufficio. I viaggi su e giù per l?Italia con i malati non sono cessati nemmeno per un giorno. La ricostruzione è iniziata da quell?offerta, 10 euro, che un?anziana signora ha spedito «per la nuova ambulanza». L?ennesima, ma sicuramente non l?ultima.


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