Formazione

Reggi: scuola aperta non è un modello, ma una cultura

Il sottosegretario all'Istruzione, Roberto Reggi, sarà presente al Forum Scuole Aperte del 16 giugno. Qui spiega perché il Miur crede tanto nel progetto e il salto di qualità che si aspetta da questa grande convocazione rivolta alle scuole

di Sara De Carli

Dopo una vita da sindaco, Roberto Reggi è sottosegretario all’Istruzione con delega – fra l’altro – all’edilizia scolastica e alla valorizzazione dell’autonomia. La sfida delle scuole aperte la conosce quindi sia dal lato scuola, sia da quello dell’amministrazione. E la segue sul versante dell'harware e del software, tanto con il piano di edilizia scolastica quanto con questo progetto. Ed è il primo a dire che la scuola aperta è possibile, anzi si deve fare.

Perché il Miur è partner attivo del Forum Nazionale Scuole Aperte? Qual è il valore di queste esperienze che il Miur vuole sottolineare e promuovere? 
Ho creduto fin da subito nel progetto. Il Miur ha il dovere di stimolare la diffusione di buone pratiche come questa. Credo che sia la strada migliore per promuovere l’esperienza delle scuole aperte. Scuola Aperta è per sua natura un’esperienza che nasce dal basso, grazie ai margini che la legge sull’autonomia scolastica ha aperto: l’autonomia scolastica infatti è una legge fondamentale, molto moderna, ma spesso non sfruttata a pieno in tutte le sue potenzialità.

Perché?
In parte per mancanza di risorse (e su questo il Ministro ha preso impegni molto precisi, ad esempio sul rifinanziamento del fondo d’istituto), ma non solo, visto che la scuola aperta in molti casi si autofinanzia. Quello che il Forum può fare è mettere in rete le esperienze che esistono in modo da mettere in comune i punti di forza e le soluzioni trovate ai diversi problemi che possono sorgere. Ma può anche rappresentare un punto di riferimento per chi vuole sperimentare questa pratica e magari si sente perso, non sa da dove cominciare, ha paura di non farcela. Nel Forum troverà gli interlocutori per partire con questa esperienza, consolidarla e diffonderla nel suo territorio. Il MIUR si fida del Forum e gli affida un compito importante: anche questa è sussidiarietà.

Le esperienze di scuola aperta fino ad oggi sono nate e si sono diffuse in maniera spontanea, legate all’entusiasmo o alla lungimiranza di singoli dirigenti o gruppi di genitori: come si può passare dall’«esprimento» al «modello»? Che ruolo può avere il Miur in questo senso?
 Non vogliamo imporre un modello unico. Vogliamo che si diffonda una cultura della scuola aperta. Una scuola che si riappropria del ruolo di centro di promozione culturale, relazionale e di cittadinanza attiva nel contesto sociale in cui opera, in grado di elevare il livello culturale e di benessere generale del territorio. Il Miur deve essere il primo veicolo di questa cultura. E deve ovviamente vigilare sul fatto che siano rispettati standard qualitativi elevati per tutto ciò che viene offerto dalla scuola. Il Forum può diventare quella rete di scuole aperte che le supporta e rafforza. Mi piacerebbe svolgesse iniziative di formazione e informazione; ma anche di aiuto pratico e concreto per le scuole. Questo è il salto di qualità che mi aspetto.

Il Miur dedicherà risorse ai percorsi di scuole aperte?
Risorse economiche in questo momento non sono in grado di prometterle, ma certamente il Miur dovrebbe per lo meno agevolare e mettere a sistema le modalità di finanziamento alle quali può ricorrere la scuola: accesso a risorse europee, crowdfounding, finanziamenti privati…

Nel 2008 il Miur ha finanziato con quasi 16 milioni di euro un programma scuole aperte: cosa è rimasto di quell’esperienza?
È stato un programma importante. Abbiamo realizzato in tutta Italia iniziative rivolte ad una platea eterogenea che andava oltre gli alunni della scuola stessa. Le istituzioni scolastiche hanno programmato attività culturali, educative, ricreative, sportive in favore dei genitori degli studenti che frequentano la scuola, di studenti di altre scuole, di giovani che non sono più in formazione, di adulti disponibili ad aggiornare la propria formazione e ad alfabetizzarsi nei nuovi saperi. E spesso questi soggetti sono stati coinvolti nella programmazione e nella realizzazione di queste attività. Questa esperienza ci ha permesso di far cogliere pienamente ai territori le potenzialità delle scuole aperte e di testare i meccanismi anche normativi per modificare i regolamenti là dove rappresentavano un potenziale ostacolo, cosa che Comuni importanti come Milano e Roma hanno fatto.

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