Non profit

Referendum, un fiume in piena

Superate le 500mila firme contro la privatizzazione

di Francesco Dente

Venderesti tua madre? No. E allora firma i tre quesiti referendari. Per mobilitare gli italiani contro il cosiddetto decreto Ronchi che spalanca le porte all’ingresso dei privati nella gestione dei servizi idrici, serviva il botto. Uno slogan ad effetto che non lasciasse indifferente neanche il più distratto dei passanti davanti ai banchetti del Forum italiano dei movimenti per l’acqua pubblica. E botto è stato. In due settimane, l’arcipelago delle associazioni che si oppone alla svendita dell’oro blu, ha raccolto già 350mila firme. Ben oltre metà di quelle utili.


Un interrogativo – venderesti tua madre? – che si spiega con un sillogismo. Se l’acqua è madre e la mamma non è una merce, l’acqua non si può vendere. Le ragioni giuridiche del no alla “privatizzazione” degli acquedotti le hanno chiarite invece in una lunga nota alla Cassazione i sei giuristi, fra cui Stefano Rodotà, che hanno scritto i tre quesiti. Tre le norme di cui si propone l’abrogazione. La prima è la legge che prende il nome, appunto, dal ministro per le Politiche europee, Andrea Ronchi. Il Comitato promotore propone di cassare l’articolo 23 bis della legge 133/2008 sulla liberalizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica. È il cuore del decreto: prevede come modalità ordinarie di gestione degli acquedotti l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato nelle quali il privato, scelto attraverso gara, detenga almeno il 40%.


Gli altri due quesiti, invece, puntano il dito contro il Codice dell’Ambiente (dlgs n. 152/2006). Il primo..PER CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI


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