Formazione

Redemption rugby, la rinascita di Steve Walsh

di Roberto Brambilla

Piglio deciso, costante dialogo con i giocatori e spiegazioni chiare. Così Steve Walsh, 42 anni, arbitro neozelandese affiliato alla Federazione australiana ha diretto Italia-Scozia del Sei Nazioni di rugby. Uno dei referees con più esperienza tra quelli in attività (4 Mondiali, 16 anni di test match) che ha alle spalle una storia di caduta e resurrezione. Nato nel 1972 in Nuova Zelanda ha finito la sua carriera da rugbysta a 13 anni, a causa di in un infortunio alla spina dorsale dovuto a una malformazione alla nascita. A 16 anni ha cominciato ad arbitrare e a 26, nel 1998, dirigeva il suo primo test match a Buenos Aires tra Argentina e Francia.

Una carriera che fino al 2009 era stata in rapida ascesa (tre Coppe del Mondo, Super14, Sei Nazioni) ma costellata di episodi controversi. Nel 2003 al Mondiale un litigio con un tecnico dell’Inghilterra, nel 2005 insulti al giocatore irlandese Shane Horgan durante il Tour neozelandese dei British and Irish Lions e una squalifica di 5 mesi. Poi nel 2009 il baratro. A marzo si presenta a un convegno arbitrale a Sydney completamente ubriaco. “Bevevo perchè non mi sentivo bene con quello che ero – confesserà dopo il suo ritorno. “Ero ubriaco due volte a settimana”. Non è la prima volta che la sua dipendenza incide sul suo lavoro e la Federazione neozelandese lo licenzia.

E lui per ricominciare sceglie l’Australia e precisamente Bondi, sobborgo di Sydney, la città dove la sua carriera sembrava finita. Segue un programma per persone che hanno problemi di alcolismo e cambia abitudini di vita. Non più pub ma caffè, tanti giri con la sua mountain bike e giornata passate tra mercati e spiaggia. E la Federazione australiana di rugby gli offre di arbitrare ancora. E Steve, a 37 anni, ricomincia da zero. O quasi. Partite tra scuole, poi tra università e poi il rientro nel Super14 (ora Super15), la lega tra le franchigie di Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica con la riammissione nel 2010 nella categoria elite della Federazione Internazionale, tanto da dirigere il Sei Nazioni e 4 partite al Mondiale in Nuova Zelanda nel 2011. Nel 2012 riceve il titolo di miglior arbitro dell’anno, dopo la partita tra Chief e Sharks a Hamilton, proprio nella nazione degli All Blacks. Adesso è tornato tra i migliori. Da sobrio (“non bevo dall’aprile 2009) e con un motto che ha tatuato sul suo avambraccio. “Chi controlla se stesso, controlla la partita”.

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