Si era alla vigilia dell'esodo di ferragosto quando il ministro del Welfare Enrico Giovannini augurava buone vacanze agli italiani
con una solenne promessa: a metà settembre "sarà pronta una prima proposta sul reddito d’inserimento, prevista dal programma di governo", perché secondo il ministro "serve uno strumento di contrasto alla povertà, da agganciare alla disponibilità a rimettersi sul mercato del lavoro". Parole sacrosante, che Giovannini aveva fatto seguire da alcuni fatti, come per esempio l'insediamento di un gruppo di lavoro all'interno del ministero, presieduta dal vice-ministro
Cecilia Guerra, di cui sono stati chiamati a far parte anche gli esperti che hanno lavorato al reddito d’inclusione sociale (il
reis) elaborato da Acli e Caritas.
A tre giorni dalla metà del mese fatidico, però, nulla sembra essersi mosso. Tra vicende giudiziarie di Berlusconi, il minacciato intervento in Siria, il G20 e le intemperanze parlamentari che hanno caratterizzato queste prime tre settimane dalla fine delle ferie, il governo è ben lontano da fare passi avanti in questa direzione.
"Le associazioni che hanno sostenuto la proposta di reddito minimo che tanto è piaciuta al ministro si sono date da fare", fanno sapere gli interlocutori di vita.it, tanto è vero che a inizio mese Acli e Caritas si sono fatte promotrici di un incontro aperto ad altre realtà della società civile (tra cui Cgil, Cisl, Uil, Confcooperative, Lega delle autonomie e altri) in cui si è ribadita la volontà di andare avanti con le proposte e anzi di lanciare una campagna di sensibilizzazione che dovrebbe partire proprio non appena il governo batterà un colpo.
E anche se a quest'ultimo incontro alcune realtà hanno sollevato dei dubbi (ma i partecipanti alla riunione preferiscono chiamarli "spunti di riflessione") sulla capacità del reddito minimo di coabitare con altre misure di sussidi o sostegni al reddito (soprattutto la cassa integrazione) e di arrivare a chi ne ha davvero bisogno (e non a chi, per esempio, risulta nullatenente pur avendo uno o due lavori in nero), la conclusione delle associazioni è stata unanime: si deve andare avanti col Reis, e il governo deve smettere di fare melina.
Dalle parti del Welfare, però, continua il silenzio, almeno ufficiale.
E mentre l'area del sito ministeriale dedicata alle politiche di contrasto alla povertà sembra essere ferma al 2010 – anno che viene presentato con enfasi (e al tempo presente) come Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale – i risultati dei lavori della gruppo di lavoro non sono pervenuti e neppure pare essere all'orizzonte la presentazione di una prima bozza di proposta di legge. E intanto i poveri aspettano.
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