Povertà
Reddito di cittadinanza sospeso con un sms per 169mila famiglie, è il caos
Ieri sono arrivati a 169mila persone gli sms con l'annuncio della sospensione del reddito di cittadinanza. Per mantenerlo, bisogna essere presi in carico dai servizi sociali entro lunedì 31 luglio. Fuori dagli uffici si sono ammassate migliaia di persone: una situazione pericolosa e ingestibile. «Serve più tempo», dice il presidente dell'ordine degli assistenti sociali
«Siamo molto preoccupati. Non escludo che nelle prossime settimane possano avvenire fatti di particolare gravità, perché le persone saranno giustamente disperate». Gianmario Gazzi, presidente dell’ordine degli assistenti sociali, non nasconde la sua apprensione per la situazione che si sta delineando in questi giorni: sono 169mila le famiglie beneficiarie di reddito di pensione o di cittadinanza che, da ieri, si sono viste recapitare un sms dall’Inps, che annunciava la sospensione del sussidio dal 31 luglio ai nuclei in cui non ci fossero componenti disabili, minori o over 65. Tutto previsto dalla legge di bilancio 2023, ma ora si arriva al dunque. Per mantenere il reddito, va attivato il Supporto per la Formazione e il Lavoro. Ma per ottenere il Supporto bisogna venire presi in carico dai servizi sociali prima della scadenza del sussidio.
«Davanti agli uffici ieri e oggi si sono presentati numeri davvero importanti di persone che non conoscevamo, perché sinora erano prese in carico da Anpal o dai Centri per l’impiego», continua Gazzi. «Nelle situazioni dove i servizi sono stati potenziati negli ultimi anni coi finanziamenti previsti già nel 2017 e 2018 si riuscirà non dico ad esaudire tutte le domande, ma almeno ad avviare le pratiche. Nelle zone in cui il rinforzo dei servizi non è avvenuto, invece, ci si sta trovando davvero molto in difficoltà, tanto che stamattina mi hanno segnalato che in alcuni contesti hanno dovuto attivare la polizia locale per regolare l’accesso ai servizi».
La carenza di assistenti sociali
Non tutti i territori, negli scorsi anni, sono stati in grado di utilizzare in toto i finanziamenti stanziati dal Fondo nazionale politiche sociali e dal Fondo povertà, che avrebbero dovuto servire per l’assunzione di nuovi assistenti sociali e per il potenziamento dei servizi. In alcune Regioni è stato speso solo il 5% delle risorse messe in campo. «Ci dovrebbe essere un minimo di un assistente sociale ogni 5mila abitanti», commenta il presidente dell’ordine, «ma in realtà ci troviamo con Comuni di 70mila abitanti con solo 5 di queste figure. Che poi sono collocati, spesso, in quelle aree in cui c’è un tasso molto alto di richieste per il reddito di cittadinanza».
Le minacce della disperazione
In questa situazione, il timore è che negli uffici possono avvenire situazioni di violenza da parte di chi è disperato perché magari sta perdendo la sua unica fonte di reddito e non sa cosa portare in tavola. «La nostra professione è tra quelle più esposte al rischio», commenta Gazzi, «perché siamo noi che dobbiamo adempiere a questo mandato e ci troviamo in situazioni in cui la gente ci minaccia, ci insulta, ci aggredisce, come accade anche agli operatori del Pronto soccorso. Stiamo parlando di persone con problematiche importanti, che fanno fatica a comprendere la situazione in cui si trovano i servizi».
La proposta: serve più tempo
Per smaltire tutta la mole di lavoro in sicurezza, serve più tempo. «L’unica cosa che possiamo chiedere ora è il ripensamento di questi termini perentori», conclude Gazzi, «perché se la situazione rimane com’è, vedo molto difficile riuscire a fare la presa in carico per tutti».
In apertura, foto di Michael Burrows, Pexels
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