Politica

Reddito di cittadinanza: a due giorni dal via è buio pesto

Il 6 marzo, secondo la roadmap del Governo, dovrebbe partire il reddito di cittadinanza, ma il decreto deve ancora passare alla Camera e potrebbe subire modifiche. L'incertezza regna sovrana, soprattutto sul ruolo dei cosiddetti "navigator". Il rischio è che diventi una rendita perpetua e non un incentivo al lavoro

di Giovanni Brusa

Esattamente un anno fa, il 4 marzo 2018, le elezioni legislative cambiavano volto al Parlamento. Il M5S, forte della sua promessa elettorale sul reddito di cittadinanza, vuole arrivare al dunque.

Il "dunque", però, fissato per il 6 marzo è tra due giorni. Allora potranno partire le domande per ottenerlo, mentre l'agognata "card" dovrebbe essere disponibile da metà aprile. Le domande potranno essere presentate presso i Ca, o online sul sito del Reddito di cittadinanza , se si è in possesso dell'identità digitale Spid, oppure egli uffici postali compilando il modulo Inps.

Il modulo è naturalmente basato sulle regole del decreto in vigore ma potrebbe essere modificato se in sede di conversione, come è probabile, ci saranno novità. Altra confusione: il testo del "decretone" deve ancora essere approvato alla Camera e non si escludono – anzi, sono state annunciate – importanti modifiche. Così che nessuno capisce come possa essere trovata la quadra fra tempi istituzionali, tempi tecnici ed effetti annuncio sul reddito.

In particolare, sembra possa naufragare la parte che lega il beneficio del reddito all'inserimento al lavoro. Allo stato attuale, al momento della presentazione della domanda, si chiede infatti al beneficiario di firmare una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, ma sia sul fronte dei "navigator" sia sui centri per l'impiego sia sui percorsi di avviamento al lavoro è buio pesto. Manca infatti l'accordo con le Regioni sul ruolo dei navigator e sul bando per le loro assunzioni.

Potranno inoltre chiedere il reddito anche gli extracomunitari con permesso di lungo soggiorno residenti in Italia da 10 anni di cui gli ultimi 2 in via continuativa che abbiano un reddito familiare inferiore a 6.000 euro annui moltiplicato per la scala di equivalenza (al massimo 2,1 nel caso di famiglia numerosa). La soglia del reddito è elevata a 9.360 euro nei casi in cui il nucleo familiare risieda in una abitazione in affitto. Il beneficio che si ottiene è un'integrazione del reddito familiare fino a 6.000 euro annui per un single (9.360 euro se si vive in affitto) moltiplicato per la scala di equivalenza.

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