Welfare

Recovery Fund, è l’occasione per un piano sul disagio abitativo

Per Legacoop Abitanti il Programma nazionale per la qualità dell’abitare presenta tre rilevanti aspetti critici: i soggetti beneficiari esclusivamente pubblici, un’incongruenza tra l’obiettivo previsto di incremento dell’Edilizia Residenziale Sociale e un netto sbilanciamento sull’Edilizia Residenziale Pubblica, e soprattutto una dotazione finanziaria esigua

di Redazione

Il Programma nazionale per la qualità dell’abitare, il cui concreto avvio è stato reso possibile dalla recente firma del decreto attuativo interministeriale, è un primo passo per la definizione di politiche abitative in grado di rispondere ai bisogni delle famiglie con maggiori difficoltà, ma presenta tre rilevanti aspetti critici: i soggetti beneficiari esclusivamente pubblici, un’incongruenza tra l’obiettivo previsto di incremento dell’Edilizia Residenziale Sociale e un netto sbilanciamento sull’Edilizia Residenziale Pubblica, e soprattutto una dotazione finanziaria (poco più di 853 milioni) esigua rispetto alle ambizioni.

Questa la valutazione espressa nel corso dell’Assemblea Congressuale di Legacoop Abitanti, l’Associazione che riunisce le 624 cooperative del settore aderenti a Legacoop, con 240mila soci, un valore della produzione di 335 milioni (il 40% di quella realizzata da tutte le cooperative di abitanti attive del nostro Paese) ed un patrimonio netto di 2,5 miliardi (pari al 90% di quello complessivo).

«Per dare un’idea del disagio abitativo, che nel nostro Paese vede concentrarsi le difficoltà maggiori nelle famiglie in affitto», sottolinea Rossana Zaccaria, presidente di Legacoop Abitanti, «bastano pochi dati: oltre il 28% di quelle con affitto a canoni di mercato spende almeno il 40% del proprio reddito per la casa. E l’emergenza sanitaria ha peggiorato ulteriormente il quadro. Uno studio di Nomisma, realizzato durante il lockdown, evidenzia come sia salita dal 9,6% al 24% la percentuale delle famiglie che si dichiarano in difficoltà nel pagamento dei canoni. Uno scenario che rende indispensabili risposte adeguate, a partire da una partnership tra pubblico e privato, con particolare attenzione alla cooperazione di abitanti, per introdurre modelli innovativi di offerta, in grado di rispondere anche ad una domanda di servizi all’abitare, prevedendo un uso di risorse pubbliche limitate che facciano da leva per la mobilitazione di risorse private destinate alla realizzazione di alloggi a canoni sostenibili».

Un programma edilizio per la locazione a lungo termine
Da qui la proposta, condivisa da Legacoop Abitanti nell’ambito dell’Alleanza delle Cooperative e presentata in occasione della definizione della legge di bilancio 2020, di un programma edilizio per la locazione a lungo termine, con l’obiettivo di realizzare 10.000 alloggi (da 60 mq., costo stimato 150mila euro ciascuno, coperti per 130mila euro con mutuo bancario e 20mila con quota di autofinanziamento privato), prevedendo un contributo pubblico di 5.000 Euro annui ad alloggio per tutta la durata del mutuo ed un canone di locazione mensile di 320 Euro (al netto di oneri fiscali e di gestione). Una proposta che metterebbe in moto investimenti privati di circa 1,5 miliardi e genererebbe nuova occupazione per circa 35.000 addetti.

L’Europa; le risorse del Next Generation EU
Ma l’attivazione di politiche e di strumenti idonei a dare risposte ai bisogni abitativi come imprescindibile elemento di un welfare che contrasti le crescenti disuguaglianze e favorisca l’inclusione sociale, ha come punto di riferimento l’Europa. La Commissione Europea ha espresso interesse verso il tema dell’housing sociale, riconoscendo come il disagio abitativo sia al cuore dei problemi di povertà ed esclusione, e nel Country Report 2019 ha messo in evidenza, per l’Italia, la scarsità di offerta abitativa che riceve sussidi in varie forme (solo il 4% dello stock di edilizia residenziale, molto inferiore rispetto alle percentuali degli altri paesi) e la frammentarietà delle politiche e degli operatori. Una debolezza confermata anche dalla persistente incapacità di spendere i fondi comunitari: nella scorsa programmazione, su 42 milioni previsti per l’efficientamento dello stock abitativo ne sono stati spesi solo 3,5 e su 267 milioni per infrastrutture per l’abitare solo 70.

Adesso si profila un’opportunità che non può essere sprecata, quella legata alle risorse stanziate dal Next Generation EU, dove sono previste azioni mirate all’inclusione sociale e all’equità. Il piano da 207 miliardi è una grande opportunità ma con alcune criticità rispetto all’effettivo impatto sulla crescita del PIL, tra cui l’effettiva capacità di spesa da parte delle Pubbliche Amministrazioni, che prevede un raddoppio di risorse in investimenti nell’arco di due anni.

«Riteniamo che tra le priorità del Recovery Plan che il Governo sta predisponendo», sottolinea Mauro Lusetti, presidente Legacoop, «vadano individuati progetti in grado di coniugare un'elevata capacità di attivazione economica con un ampio beneficio sociale: da questo punto di vista, la risposta al disagio abitativo potrebbe costituire un’allocazione adeguata. Pensiamo, infatti, che l’abitare, con un innesto di innovazione in termini di servizi, sia un pilastro imprescindibile di quell’infrastrutturazione sociale che l’Europa e il paese si aspettano, attraverso un incremento dell’offerta abitativa economicamente sostenibile e il potenziamento di quelle forme di abitare sperimentali che hanno dimostrato capacità di resilienza, in quanto centrate sulla cura della persona».

«Il contributo operativo dei soggetti privati», ha aggiunto Alessandro Maggioni, presidente Nazionale Confcooperative Habitat, «costituirebbe, inoltre, un supporto essenziale per implementare i piani delle PA, sperimentando nuove logiche di co-progettazione. Penso al nostro progetto nel quartiere Stadera che ha ormai 15 anni e che dimostra come sia possibile una gestione innovativa. La Ministra De Micheli ha dichiarato che si potranno prevedere progetti pilota aggiuntivi al Programma Nazionale per la Qualità dell’abitare con le risorse europee: si tratta di definire le dimensioni, gli obiettivi e i soggetti attuatori e di tenere ben presente che la logica non può essere quella finanziaria, ma ogni attività deve guardare al bene delle persone».

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