Politica

Reato clandestinità: parroci Bologna, faremo obiezione di coscienza

Le parrocchie non possono scegliere chi aiutare sulla base di un timbro sul permesso di soggiorno spiega a Repubblica Bologna don Francesco Scimé, parroco di Crevalcore

di Redazione

Le parrocchie non possono scegliere chi aiutare e a chi fare beneficenza sulla base di un timbro sul permesso di soggiorno. Così alcuni parroci di Bologna annunciano, in una lettera inviata al card, Carlo Caffarra, di essere pronti a fare obiezione di coscienza se il reato di clandestinità verrà approvato dal Parlamento. “Il reato di immigrazione ci trasformerebbe tutti in criminali – spiega a Repubblica Bologna don Francesco Scimé, parroco di Crevalcore – le persone che aiutiamo ogni giorno, che ospitiamo e sfamiamo, sono in alcuni casi clandestini. Ma noi entro certi limiti non riusciamo a starci, i poveri per un uomo di chiesa sono sempre poveri, non possiamo rispettare gli stessi paletti che evidentemente servono allo stato per far rispettare l’ordine pubblico”. “Non ho nessun astio per gli attuali governanti – precisa il parroco – ma chiedo di poter esercitare obiezione di coscienza rispetto a una eventuale legge di questo genere. Non posso lasciare fuori dalla porta della chiesa una persona bisognosa perché non ha i documenti in regola”. Già tanti sacerdoti hanno sottoscritto la missiva di don Scimè. Ma dalla Curia si chiede prudenza. “Le leggi fondamentali delle comunità cristiane sono l’amore e l’accoglienza, me ne tengo conto – dice il vescovo ausiliare, Ernesto Vecchi – ma non contro le leggi dello stato e contro il rispetto dell’ordine pubblico. E’ prematuro commentare un disegno di legge che non è ancora passato dal vaglio del Parlamento anche se capisco che le comunità cristiane hanno come fine l’assistenza”.

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