Corsa alle armi
ReArm Europe? I dati dicono che è cominciato dieci anni fa, ma è servito a ben poco
Dal 2014, la spesa militare dell’Unione europea è quasi raddoppiata, ma per Bruxelles non basta. Davanti alla minaccia russa la risposta della Commissione sembra essere solo quella di investire di più: il piano ReArm mette in campo altri 800 miliardi in quattro anni. Tutto questo mentre dall’altra parte della barricata Mosca stanzia molte meno risorse

Il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione sul Libro bianco della difesa, che la Commissione europea presenterà la prossima settimana, contenente indicazioni sul futuro della difesa europea, tra cui il piano ReArm Europe presentato da Ursula von der Leyen. L’Unione europea si prepara quindi a un grande balzo in avanti nella spesa in armi (si parla di un’operazione da 800 miliardi di euro). Ce ne era bisogno? Se guardiamo ai numeri non possiamo che prendere atto che il piano ReArm Europe è in realtà partito dieci anni fa. La spesa militare dei 27 Paesi Ue, infatti, è in costante aumento dal 2014 e forse non è un caso, dato che proprio in quell’anno è iniziato il conflitto nel Donbass tra i separatisti filorussi supportati da Mosca e le forze del governo ucraino.
Stando ai dati diffusi dall’Agenzia europea di difesa – Eda nel suo Coordinated annual review on defence – Card, dai 147 miliardi di euro spesi nel 2014 si è passati ai 279 del 2023, con le stime per il 2024 che parlano di 326 miliardi. Se questa previsione dovesse essere confermata, si parlerebbe di una spesa più che raddoppiata nel giro di un decennio. Se fino al 2021 l’incremento sui dodici mesi precedenti non ha mai superato i 16 miliardi di euro, un’impennata la si registra a partire dallo scoppio della guerra in Ucraina. L’aumento è stato di 26 miliardi nel 2022, di 39 nel 2023 e (prendendo per buona la stima dell’Eda) di 47 nel 2024.
Nel grafico la crescita della spesa aggregata dei Paesi europei nell’ultimo anno (billion corrisponde a miliardo)

È cresciuta anche la quota destinata agli investimenti. Delle risorse spese nel 2023, 71,9 miliardi sono stati impiegati per sviluppare nuovi armamenti e tecnologie, in aumento del 24% rispetto all’anno prima. Nel 2024, sempre secondo le stime, la fetta destinata agli investimenti dovrebbe aver raggiunto i 102 miliardi euro (+42%). Un balzo in avanti importante che però adesso l’Eda reputa insufficiente a soddisfare le esigenze belliche dell’Ue. Come sottolineato nel report, infatti, l’accelerazione degli ultimi anni più servirebbe a mettersi in pari con il lavoro non fatto in precedenza. Insomma, si starebbe recuperando il terreno perso, tanto’è vero che è solo nel 2024 che la maggioranza dei Paesi membri (24) dovrebbe essere riuscita a centrare l’obiettivo di stanziare il 20% della propria spesa militare in investimenti come previsto dagli accordi Pesco, l’iniziativa europea di cooperazione rafforzata in materia di difesa lanciata nel 2009 e operativa dal 2018.
Secondo il capo dell’Eda, Jiří Šedivý, se l’Ue sta facendo «passi da gigante negli investimenti per la difesa» è solo per via dello stimolo che viene dalle minacce esterne. Tuttavia, ancora molto resta da fare in termini di produzione: «Una larga parte [di risorse] viene spesa in attrezzature standard proveniente da fuori l’Ue, evidenziando la necessità di rafforzare la base tecnologica e industriale della difesa europea», ha detto commentando il Card.
Il piano ReArm Europe si inserisce in questo solco di generale aumento della spesa militare, con l’obiettivo di incentivarla ancora di più liberando spazio di manovra ai governi nazionali grazie a un allentamento dei vincoli di bilancio. Il messaggio che arriva da Bruxelles sembra chiaro: quanto fatto finora non (ci) basta. Così, la Commissione è pronta a mettere a terra altri 800 miliardi di euro in quattro anni (divisi tra 150 di prestiti e fino a 650 di investimenti), che verranno lasciati fuori dai parametri fissati dal Patto di stabilità, così da evitare ai 27 di incorrere in una procedura d’infrazione.
Al momento, dunque, davanti alla minaccia russa l’unica risposta che l’Unione europea sembra in grado di elaborare è quella di spendere ancora di più invece che intervenire sull’efficientamento della spesa e nella costruzione di un esercito comune. Tutto questo mentre dall’altra parte c’è un attore che investe nella difesa meno di quanto faccia Bruxelles. Secondo i dati disponibili, infatti, la Russia nel 2024 ha destinato al settore 145,9 miliardi di dollari, un valore che di primo acchito è subito inferiore rispetto a quello europeo. Per confrontare adeguatamente le due spese, però, bisogna considerarle a parità di potere d’acquisto dopo una conversione in dollari internazionali. Anche in questo caso, la spesa europea eccede quella russa: 461 i miliardi di dollari internazionali stanziati da Mosca, 547,5 quelli allocati dai Paesi Ue. Un gap del 18,6%, cui va aggiunta un’ulteriore sottolineatura. Le risorse del Cremlino vengono impiegate soprattutto per ovviare alle perdite dovute al conflitto in Ucraina (più alte di quelle sostenute dall’Ue) e quindi l’aumento dei suoi arsenali è minore rispetto a quello che suggerisce una prima lettura dei numeri. Una dinamica che, commentano Alessio Capacci, Carlo Cignarella e Carlo Cottarelli in uno studio per l’Osservatorio dei conti pubblici italiani, suggerisce cautela nel concludere che sia necessario un forte aumento della spesa militare in Europa». Lo dicono i dati: la sola foga di spendere di più in armi, non produce sicurezza.
Foto La Presse: scolari si allenano con le armi al club di tiro Hot Guns in Russia
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