Made in Italy

Rating sociale, nella moda l’italianità fa la differenza

Ottimi risultati per Moncler, Ferragamo e Calzedonia. Inseguono aziende che del tricolore hanno l’imprinting, ma non la proprietà, come Gucci, o sono ancora nelle mani dei fondatori, come Dolce & Gabbana. Parecchi brand di casa nostra fermi a zero. Terza puntata del nostro viaggio

di Nicola Varcasia

Il nostro viaggio nel rating sociale delle più grandi aziende del made in Italy in questo inizio 2025 fa la sua terza tappa nel mondo della moda. Gli aggettivi che si usano di solito sono dorato, magico e scintillante. La sensazione, guardandone l’industria che la produce dal punto di vista della “S esterna”, ossia dell’impegno dichiarato dalle aziende per la comunità e il territorio attraverso i loro canali ufficiali (report di sostenibilità e sito corporate) è che la luce non brilli ovunque. Però quando brilla, brilla.

Con i big

Come per le precedenti puntate, il riferimento è all’indagine che VITA ha svolto nel magazine di ottobre tra le 40 aziende italiane più grandi appartenenti ai settori automotive, alimentare, fashion e arredamento, prendendo in esame le prime dieci, per fatturato, di ciascun settore. In quella sede troverete tutte le indicazioni sui criteri con cui sono state scelte. Qui ricorderemo che viene considerata italiana un’impresa che deposita il bilancio nel nostro Paese e dunque qui paga le tasse. Se dunque non troverete qualche “big” che avete in mente, il motivo è che non presenta il bilancio in Italia o non è tra i primi dieci player nel suo mercato di riferimento.

Dentro i report

Dalla moda, fiore all’occhiello dell’Italia nel mondo, ci saremmo aspettati un po’ di più. Lo diciamo soprattutto rispetto a quelle aziende che, pur rimanendo italiane in base ai criteri sopra descritti, sono ormai di proprietà di grandi gruppi stranieri.

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