Famiglia

Rapporto Unicef: cifre sconvolgenti su traffico bambini

L'ultimo rapporto Unicef sottolinea la piaga dello sfruttamento sessuale a scopo commerciale: un destino cui va in contro, riferisce lo studio, ogni anno circa un milione di piccoli

di Paolo Manzo

Quando i bambini diventano merce. Dai bordelli di Bangkok ai marciapiedi di Manila, dalle stazioni ferroviarie di Mosca alle strade sterrate della Tanzania, dalle periferie di New York alle spiagge del Messico. Ragazzi e ragazze comprati e venduti come oggetti e sfruttati sessualmente a fini di lucro.

Un commercio che riguarda milioni di piccoli di tutto il mondo. Una ”industria” da molti miliardi di dollari che coinvolge tutti i paesi e tutte le classi sociali. A radiografare il fenomeno l’ultimo rapporto Unicef, che sottolinea soprattutto la piaga dello sfruttamento sessuale a scopo commerciale: un destino cui va in contro, riferisce lo studio, ogni anno circa un milione di piccoli. Asia Watch, un’organizzazione non governativa (ong), riporta il rapporto Unicef, dichiara che 50.000 ragazze nepalesi sono state vendute e mandate in India per essere costrette a lavorare nei bordelli di Bombay.

Nella Repubblica Dominicana si calcola che 25.000 bambini siano lavoratori del sesso mentre nell’Africa occidentale sono circa 35.000 i bambini lavoratori del sesso.

E ancora, in Lituania si ritiene che un numero oscillante fra il 20 e il 50% delle prostitute sia costituito da minorenni. E’ noto che bambine appena undicenni lavorano come prostitute nei bordelli e che bambini provenienti da istituti, alcuni fra i 10 e i 12 anni, sono stati utilizzati per girare film pornografici.

In Cambogia un sondaggio condotto dalla Vigilanza sui diritti umani (Human Rights Vigilance) su 6.110 persone intervistate, coinvolte nella prostituzione, nella città di Phnom Penh e in undici province ha riscontrato che il 31% degli intervistati erano bambine e bambini fra i 12 e i 17 anni.

Il fenomeno non riguarda, però, esclusivamente i paesi più poveri. Uno studio condotto negli Stati Uniti ha rivelato che su cinque bambini che navigano regolarmente su Internet uno viene avvicinato da sconosciuti a scopo sessuale.

Un altro studio ha rivelato che ogni anno circa 104.000 sono bambini vittime di abusi sessuali. Un giro di ”affari” impressionante se si pensa che nella sola Thailandia si stima che una cifra intorno ai 300 milioni di dollari venga trasferita ogni anno dalle città alle aree rurali da donne che si prostituiscono.

Ad Haiti l’industria turistica prevede ormai da anni relazioni sessuali fra ragazzi locali e turisti provenienti dagli Stati Uniti e dall’Europa. A Praga la prostituzione dei giovani è ben organizzata. Questi ragazzi sono in maggioranza compresi fra i 14 e i 20 anni, provengono da famiglie con problemi e sono scappati dalle loro case e dai loro villaggi in cerca di facili guadagni.

In città come Alessandria, Marrakesh e Tunisi gli sfruttatori, spesso turisti, provengono dalla stessa nazione, da altre nazioni limitrofe, o dall’Europa. I giovani maschi sono particolarmente ricercati.

L’Fbi stima che più del 50% di tutto il materiale pornografico infantile sequestrato negli Stati Uniti rappresenti ragazzi. I ragazzi sono anche vittime di violenze e abusi sessuali.

In Africa i giovani vengono spesso reclutati nelle forze armate non solo per combattere, ma anche per essere sfruttati sessualmente dai soldati. In Bosnia e in Erzegovina, durante il conflitto, i maschi venivano costretti a commettere atrocità sessuali gli uni contro gli altri.

Secondo il rapporto inoltre, che cita un’altra fonte inedita ogni anno vengano avviati illegalmente verso gli Stati Uniti da 45.000 a 50.000 donne e bambini, legati all’industria del sesso, o destinati a fabbriche e ad altri lavori in condizioni disumane.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.