Volontariato
Rapporto Pit salute: 1° Friuli Venezia Giulia, ultima Sardegna
Per la prima volta la Relazione Pit Salute presenta lo stato delle Regioni quanto ad attenzione alla soluzione dei mali della sanità e al recupero del rapporto con i cittadini.
di Redazione
La classifica della accessibilità, qualità, sicurezza e tipo di servizi offerti dalle Regioni non senza sorprese. Il rapporto Pit salute 2001 indica i quattro mali principali del Sevizio sanitario.
Un territorio sempre più differenziato per la accessibilità, la qualità, la sicurezza e il tipo di servizi offerti in campo sanitario. E? questa la ?fotografia? della sanità italiana sviluppata dalla Relazione Pit salute 2001, il servizio di consulenza e intervento gratuito del Tribunale per i diritti del malato.
I dati sono stati presentati sabato nel corso della XI Giornata nazionale dei diritti del malato, in corso a Roma nell?ambito della ?Seconda settimana della cittadinanza attiva?.
?In questi giorni stiamo assistendo ad una ripresa delle polemiche sulle cose da fare per il nostro servizio sanitario. In certi momenti sembra quasi che la campagna elettorale non sia ancora conclusa?. Queste le dichiarazioni di Teresa Petrangolini, segretario nazionale del Tribunale per i diritti del malato all?apertura della Giornata. ?Si riprende come al solito a disquisire e litigare sui massimi sistemi, senza alcuna attenzione ai veri problemi. Si dice: introduciamo il sistema assicurativo, da una parte, difendiamo il servizio pubblico, dall?altra, come se bastasse prendere posizione per l?una cosa o per l?altra per sentirsi a posto e pensare di aver risolto tutti i problemi dei cittadini. Si favoleggia sulla Lombardia, il cuore della migliore sanità per la maggioranza di governo, ma non si tiene conto né del problema del deficit di bilancio, mascherato da artifici contabili, né della qualità non proprio eccelsa dei suoi servizi. Da parte dell?opposizione, si riploclama la difesa ad oltranza del servizio pubblico, senza però dire che in questo momento la tenuta del sistema e della recente riforma è messa gravemente in discussione, non da dichiarazioni sulla stampa, ma dal permanere delle liste di attesa, dalla scandalosa applicazione dell?intramoenia e dall?incremento della spesa privata per chi ha la sfortuna di dover assistere un malato cronico grave?.
?Noi non abbiamo alcun interesse per questo genere di dibattito?, ha continuato la Petrangolini?, lontano dalla realtà e dalla vita delle persone. Siamo abituati a valutare le cose sulla base di ciò che rileviamo, giorno dopo giorno, con i cittadini, all?interno del servizio sanitario.
Ci si metta d?accordo, una volta per tutte, e senza ipocrisia, su come fare a rendere sostenibile sotto il profilo economico-finanziario, il sistema. E? evidente che i soldi non bastano, così come è evidente che è necessario difendere un bene prezioso e inalienabile come il servizio sanitario nazionale.. E? necessario cercare strade per integrare le risorse, guardandosi intorno e vedendo come stanno affrontando il problema, non gli Stati Uniti, paese così diverso da noi, ma i paesi Europei, come la Germania o l?Olanda, che sono riusciti a mantenere l?universalismo del servizio e la sua equità, trovando modi per integrare il fondo sanitario. Perché non si è fatto nulla su questo? E cosa intende fare il nuovo governo? E? di queste cose che ci piacerebbe discutere e, se necessario, litigare?.
Il Rapporto Pit salute 2001
Per la prima volta quest?anno la Relazione Pit Salute presenta lo stato delle Regioni quanto ad attenzione alla soluzione dei quattro mali della sanità e al recupero del rapporto con i cittadini. La graduatoria è stata realizzata attraverso la somma delle percentuali relative alle segnalazioni e richieste di intervento giunte al Pit sulle quattro questioni indicate. Ovviamente percentuali totali più basse fanno riferimento a situazioni regionali per le quali i cittadini hanno segnalato una quantità inferiore di disagi e di disservizi.
Regione %
Friuli Venezia Giulia 77,9%
Trentino A.A. 78,3
Piemonte 84,8
Veneto 85,6
Emilia Romagna 86,2
Umbria 86,2
Toscana 87,0
Liguria 87,7
Lombardia 90,7
Marche 92,1
Lazio 93,3
Puglia 94,4
Basilicata 95,1
Calabria 95,1
Molise 95,6
Abruzzo 95,8
Sicilia 96,5
Campania 97,0
Sardegna 98,6
Media Nazionale 93,0
Fonte: Pit salute 2001
Esaminando più in dettaglio i dati, sembra evidenziarsi una suddivisione in cinque fasce:
– Nella prima fascia, denominata blu, ritroviamo Friuli e Trentino Alto Adige, staccate da tutte le altre regioni;
1. Nella seconda, la fascia verde, costituita da Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Umbria, Toscana e Liguria, troviamo regioni con risultati assai vicini tra loro e quasi sovrapponibili, ma comunque distanti da quelli registrati dalle regioni collocate in testa.
1) Nella terza, fascia gialla, costituita da Lombardia e Marche, si trovano regioni i cui risultati sono comunque superiori alla media nazionale, ma distanti da quelli fatti registrare dalle regioni presenti nei due sottogruppi precedenti.
La quarta, fascia arancione, in cui rientrano le regioni che fanno registrare risultati peggiori di quello medio nazionale, e cioè Lazio, Puglia, Basilicata, Calabria, Molise e Abruzzo, mostra distanze tra gli estremi assai più ridotte: tra Lazio e Abruzzo corrono poco più di due punti percentuali, al di là delle differenze e delle vicinanze, pur evidenti, tra i risultati delle singole regioni.
Nella quinta fascia, fascia rossa, troviamo le Regioni con una condizione sicuramente molto problematica: Sardegna, Campania e Sicilia.
Come negli anni passati, anche quest?anno si registra cambiamento in meglio in diverso settori, accanto a peggioramenti della situazione, sui quali si concentra l?attenzione dei cittadini che si rivolgono al servizio Pit salute. Le informazioni presentate fanno riferimento all?analisi di 7..324 contatti, gestiti dal Pit Salute nazionale, a cui si aggiungono altri 9.316 contatti raccolti presso le sedi al livello locale e regionale ed utilizzati come elementi di verifica. Il totale di contatti a cui fa riferimento la relazione è, quindi, di 16.640. Il periodo considerato va dal 1° aprile 2000 al 31 marzo 2001.
I dati considerati più preoccupanti per i cittadini, sono stati da noi classificati come ?i quattro mali della sanità italiana?, e fanno riferimento: al razionamento delle prestazioni, alle carenze del territorio, al peso della burocrazia e agli errori dei medici. Vediamoli ora in dettaglio.
1. Il razionamento delle prestazioni
Per documentare questa difficile situazione la relazione Pit Salute 2000-2001 mette in evidenza quattro aspetti relativi al tema, vale a dire i tempi di attesa, il fenomeno delle dimissioni forzate, le limitazioni nell?accesso ai farmaci e le difficoltà di accesso ai presidi sanitari. In generale, la situazione non registra particolari miglioramenti se non per l?aspetto relativo all?accesso ai farmaci.
a. I tempi di attesa
Le liste di attesa permangono lunghe e inaccettabili, soprattutto per ciò che riguarda l?area della diagnostica strumentale (ecografie nel primo trimestre di gravidanza, ecografie addominali, ecocardiogrammi, esami TAC, RMN, urodinamica, ecc.) e alcuni interventi chirurgici, come ad esempio alcuni di quelli ortopedici o di chirurgia oculistica per la rimozione della cataratta.
Solo quattro regioni (Trentino, Lombardia, Veneto e Piemonte) presentano dati significativamente migliori, mentre il resto del nord e tutto il centro rientra nella media nazionale. Le regioni del sud presentano la situazione peggiore con un aggravamento collegato alla carenza dei servizi.
La libera professione intramoenia, inoltre, non ha dato i risultati sperati in termini di decongestionamento delle liste, creando invece una situazione di grave sperequazione nei confronti dei meno abbienti.
Sembra che stiano dando effetti positivi misure come il maggior utilizzo delle attrezzature, la riorganizzazione del lavoro nei reparti ?caldi?, l?acquisto di pacchetti di prestazioni in intramoenia e il miglioramento nei sistemi di prenotazione.
Risulta inattuata la norma che consentirebbe al cittadino di usufruire comunque delle prestazioni con il solo pagamento del ticket, se i tempi di attesa per l?esame superano quelli massimi consentiti.
b. Dimissioni forzate dagli ospedali
La situazione appare migliore per i pazienti oncologici, anche grazie all?attivazione dei primi ?hospice?, ma resta critica e addirittura peggiora per i malati cronici, così come in alcune aree specialistiche (si pensi all?ortopedia) nell?ambito delle quali la mancata cura porta spesso alla cronicizzazione del problema. Ciò significa che le strutture ospedaliere tendono ad allontanare in modo sistematico i malati ?difficili? e poco remunerativi, anche in assenza di alternative valide sul territorio.
I dati assumono una particolare gravità se si considera che, per le situazioni segnalate, solo nel 18% dei casi ci si trova di fronte a nuclei familiari in grado di gestire il paziente dimesso in maniera autonoma. Nel 43% dei casi ciò non è possibile, nel 7% bisogna ricorrere all?ausilio di personale a pagamento.
c. Farmaci
Si tratta dell?unico caso in cui, nonostante il permanere di situazioni critiche relative ad alcuni farmaci difficilmente reperibili sul mercato, si registra la tendenza ad un miglioramento dovuto sia all?eliminazione dei ticket, che alla revisione delle note limitative (15 eliminate, 8 accorpate, 15 meno restrittive, 12 casi di eliminazione dell?ostacolo ?registro Usl?, tra le novità più significative).
Sembra confermarsi il fatto che il problema dell?accessibilità ai farmaci riguarda sempre meno la generalità dei cittadini e tende a concentrarsi quasi interamente sulle fasce della cronicità.
Presidi, protesi, ausili
Si deve rilevare una scarsa attenzione all?impatto del problema della disponibilità e della qualità di questo servizio per il cittadino. Qualcosa migliora per l?oncologia, ma la situazione peggiora per il resto delle patologie croniche. I principali problemi riguardano l?iter burocratico per entrarne in possesso, la qualità tecnica dei prodotti, spesso inutilizzabili, e le modalità di distribuzione.
2. Le carenze del territorio
E? stata verificata una riduzione percentuale del peso dell?ospedale rispetto al territorio, soprattutto in Toscana, Emilia Romagna, Marche, Trentino, Liguria, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Nonostante questo buon esempio, il territorio non costituisce ancora una alternativa all?ospedale che, soprattutto nel sud e nelle isole, ma anche in regioni centrali come Lazio e Abruzzo, rappresenta ancora l?unica risposta ai bisogni sanitari.
Si registra un miglioramento nella condizione degli ospedali pubblici, per la prima volta dopo cinque anni, così come nella ospedalità privata, segno forse dell?efficacia dei programmi di intervento attuati dalle amministrazioni e fortemente sollecitati dai cittadini.
Il medico di medicina generale rappresenta, come in precedenza, una figura cardine del Ssn, anche se sembra non disporre di strumenti adeguati rispetto alle aspettative riposte nei suoi confronti. Da segnalare, su questo stesso terreno, le difficoltà in molte aree del paese per trovare un pediatra di libera scelta, anche in relazione al numero troppo alto di assistiti per singolo pediatra in aree territoriali particolarmente estese.
Il punto di maggiore crisi, sul territorio, riguarda la riabilitazione, le cui segnalazioni sono più che raddoppiate. Se un cittadino si rompe una gamba o ha subìto un infarto, trova i servizi che lo curano ma non quelli che lo riabilitano, oppure li trova solo a pagamento, e questo avviene seppur in modo diseguale in tutte le regioni. Ci sono regioni che hanno una buona dotazione di posti letto di riabilitazione e un buon utilizzo di essi (ad esempio, il Lazio), regioni che dispongono di posti letto ma li usano male (Basilicata), regioni che non ne hanno tanti ma li usano bene (Emilia Romagna), regioni che proprio non li hanno (Sicilia e Sardegna). Essendo la questione riabilitazione uno dei temi della sanità del futuro, la situazione appare drammatica.
3. Il peso della burocrazia
Il peso della burocrazia, per la sua insopportabilità, tende ad avvicinarsi al ?male assoluto?, nel senso che rende il servizio sanitario odioso per il cittadino. Si è cercato di articolarlo in tre sottotemi: esenzioni e ticket; rimborsi e indennizzi; invalidità.
La situazione generale è stabile, nonostante tutte le leggi Bassanini e gli sforzi per la semplificazione burocratica. Migliora sul fronte delle esenzioni e dei ticket, mentre resta negativa per rimborsi, indennizzi e invalidità.
Per quanto riguarda i rimborsi la situazione limite è ancora quella degli indennizzi da sangue infetto, piaga della quale questo paese non riesce a liberarsi, con la complicazione attuale del trasferimento delle competenze alle regioni.
Sull?invalidità permane il metodo di ostacolarne in tutti i modi il riconoscimento: assenza o carenza di informazioni sull?iter, mancato riconoscimento del diritto per presunta temporaneità della patologia, attese senza giustificazione alcuna, difficoltà ad entrare effettivamente in possesso dei benefici economici.
4. Gli errori dei medici
Il dato generale segnala un peggioramento notevole. Aumentano tanto le richieste di consulenza medica che di consulenza legale al Tribunale per i diritti del malato. Quest?anno il dato percentuale ha superato la soglia ?psicologica? del 30% di segnalazioni. Può concorrere a mitigare il dato sapere che si riducono le segnalazioni di errori di diagnosi e terapia, mentre aumentano le richieste di consulenza. In pratica il cittadino denuncia di più, ma non perché è certo di aver subìto un danno, quanto piuttosto perché vuole sapere la verità e togliersi ogni dubbio. Ortopedia, oncologia, ostetricia e chirurgia generale mettono insieme, da sole, più della metà di tutte le segnalazioni di sospetti errori di diagnosi e terapia.
Cosa fare?
?Anche quest?anno?, dichiara Stefano A. Inglese, responsabile delle politiche nazionali del Tribunale per i diritti del malato, ?proviamo a suggerire al Governo una serie di punti che possono rappresentare una sorta di lista della spesa delle cose da fare:
1. introdurre sistemi di incentivazione per le aziende sanitarie che si impegnino effettivamente nell?abbattimento dei tempi di attesa per le principali prestazioni diagnostiche e terapeutiche;
2. riformulare le norme che regolamentano l?attività intramoenia dei medici: è inimmaginabile che non esista alcun legame con la situazione dei tempi di attesa nel canale istituzionale, all?interno dello stesso presidio, e che non si prevedano tetti per la stessa attività intramoenia;
3. individuare limiti alla pratica delle dimissioni forzate: non dovrebbero essere consentite mai, in assenza di idonee strutture o programmi di assistenza sul territorio, sotto la diretta responsabilità delle ASL;
4. accelerare l?iter per la definizione di un nuovo strumento normativo che sostituisca il vecchio Nomenclatore tariffario;
5. promuovere il rifinanziamento dei capitoli di spesa destinati alla realizzazione di nuove strutture di tipo hospice e nuove unità di radioterapia;
6. incentivare la introduzione all?interno dei bilanci delle aziende sanitarie di risorse per la sperimentazione di sistemi di registrazione degli errori dei medici e, comunque, per il miglioramento della sicurezza delle prestazioni;
7. accelerare l?attuazione di quanto previsto dall?ultima riforma della sanità in tema di distretti e prevenzione;
8. individuare procedure per la riduzione definitiva del peso della burocrazia su esenzioni, invalidità, rimborsi e indennizzi, sostenendone ed incentivandone la introduzione;
9. promuovere la realizzazione del testo unico delle leggi sanitarie: si tratta, oramai, di una scadenza improcrastinabile;
10. recepire al livello regionale quanto previsto in tema di partecipazione dei cittadini alla programmazione sanitaria e alla verifica dei risultati conseguiti;
11. incentivare la riconversione progressiva della spesa ospedaliera verso il territorio?.
?Le misure suggerite richiedono, come è evidente, l?intervento di diversi soggetti?, continua Inglese. ?Alcune di esse, in verità poche, potranno essere oggetto della attività del nuovo Ministero del welfare. Altre potrebbero essere fatte proprie dal nuovo Parlamento, in occasione del varo della prossima legge di bilancio?.
?La gran parte di tutto ciò riguarda sicuramente le Regioni, alle quali spetta di raccordare e collegare quelle stesse misure, dando loro il necessario respiro strategico, e di farne una politica.
Perché tutto questo si realizzi effettivamente è indispensabile che le stesse Regioni puntino con decisione sulla promozione di sistemi di governo allargato delle politiche pubbliche, in primo luogo nel settore sanitario. Ciò comporta, tuttavia, alcune scelte obbligate:
dare priorità ai contenuti, vale a dire alla salute dei cittadini, più che all?assetto istituzionale, uscendo dalle diatribe di carattere ideologico;
fare del federalismo uno spazio di democrazia e di pratica dei diritti, evitando le logiche da neocentralismo regionalista; utilizzare il federalismo come occasione per offrire ai cittadini qualcosa in più e non per dare di meno?.
?Ai cittadini, se ne avranno consapevolezza e sapranno interpretarlo, toccherà il ruolo di garanti. Garanti della equità dei diversi sistemi sanitari e della costruzione di quel federalismo dei diritti che rappresenta l?unica garanzia effettiva di livelli di assistenza adeguati ed accessibili su tutto il territorio nazionale, e della transizione verso un sistema di welfare efficace e sostenibile?.
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