Famiglia

Rapporto Istat 2003: L’Italia sta male

Presentato oggi il rapporto dell’Istitituto di statistica sullo stato del nostro Paese. Povertà, crisi industriale, disparità tra regioni, spese sanitarie a carico delle famiglie, e i volontari...

di Redazione

Povertà: basterebbero 100 euro Quasi poveri o per poco non poveri. Ricorrendo ad un esercizio statistico sulla base dei dati sulla poverta’ riferiti al 2002, l’Istat ha quantificato che ad una famiglia povera su tre basterebbero 100 euro in piu’ al mese per uscire dallo stato di povertà. E che oltre 900 mila famiglie non povere, sono quasi povere in quanto superano la linea di poverta’ al massimo di 100 euro. Nel rapporto annuale 2003, l’Istat ricorda che le famiglie povere, in termini relativi, erano 2 milioni 456 mila (pari all’ 11%) nel 2002, percentuale in linea con la media europea. Rispetto ai fabbisogni economici per uscire dallo stato di poverta’, l’Istat sostiene che circa 766 mila famiglie (ossia il 31,2% del totale delle famiglie povere) hanno un deficit inferiore a circa 100 euro mensili. Valle d’Aosta (47,2%), Umbria (43,6%) e Lombardia (42,8%) sono le regioni con maggiore incidenza. Inoltre, circa 620 mila famiglie (pari al 25,6% sempre di quelle povere) presentano un deficit compreso tra 100 e 200 euro mensili (Emilia Romagna, Lazio e Basilicata in testa) e ben 1 milione 61 mila famiglie (45%) supera i 200 euro (Molise, Campania e Lazio le principali regioni coinvolte). L’Istituto di statistica ha poi calcolato la distanza delle famiglie non povere dalla soglia di poverta’. Complessivamente, circa 467 mila famiglie (il 2,4% delle famiglie non povere) mostra una differenza comprensiva tra 50 e 100 euro e un ulteriore 2,3% (ossia 452 mila famiglie non povere) di non oltre 50 euro. Basilicata, Campania, Sicilia e Molise sono le regioni dove e’ piu’ elevata la percentuale di famiglie non povere, circa il 5%, con valori di spesa molto prossimi alla linea di poverta’ (superiore, cioe’, di non oltre 50 euro). Tale percentuale scende a meno dell’1% nel caso della Lombardia e si mantiene sempre inferiore al 2% per tutte le regioni del Centro-Nord. La soglia di poverta’ relativa e’ calcolata sulla spesa media di 823,45 euro al mese per una famiglia di due componenti. Sistema Italia in caduta verticale Il sistema economico italiano è in profonda crisi, contraddistinto da una caduta verticale in termini di competitività , che coinvolge tutti i settori ma sopratutto quello industriale. In questa situazione, l?economia perde colpi, ed a partire dal 2002 ha registrato un forte rallentamento rispetto al tasso medio di sviluppo del precedente quinquennio, 1997-2001. A rilanciare l’allarme per la situazione del Made in Italy, il rapporto annuale curato dall’Istat, aggiornato al 2003, che conferma anche il ‘nanismo’ della struttura imprenditoriale italiana, caratterizzata da una preponderante presenza di microimprese con meno di dieci addetti, che da sole assorbono oltre il 48% dell’occupazione complessiva. L’Istat fa presente che mentre il 2003 è stato caratterizzato a livello mondiale da “un significativo rafforzamento dello sviluppo”, l’Unione Europea, ma ancora di pià∂ l’Italia, “hanno visto proseguire lo scorso anno una fase di crescita quasi nulla, che perdura dalla seconda metà del 2001”. In presenza di una significativa accelerazione dell’interscambio mondiale di beni e servizi – rileva il rapporto – in Italia le esportazioni hanno registrato nel 2003 una contrazione del 4%, dopo essere già scese dell’1,4% l’anno prima. Questi risultati – fa presente l’istituto nazionale di statistica – hanno provocato un’ulteriore erosione delle quote di mercato; tra il 1998 ed il 2001 l’ incidenza dell’ export italiano è calata dal 14,5% al 13,5% per i flussi interni all’Eurozona e dal 12,3% al 10,6% per quelli indirizzati all’esterno di quest’ area. A partire dai primi anni 2000 – osserva il rapporto annuale – in tutti i principali settori di attività economica e con la sola eccezione delle costruzioni si è avuto un marcato rallentamento della crescita misurata in termini di valore aggiunto a prezzi costanti, che ha riguardato sopratutto l’industria. Nel comparto manifatturiero più in particolare lo scorso anno si è registrata una frenata dell’ 1,4%, ma anche nei servizi la dinamica espansiva ha rallentato, con una crescita di appena lo 0,6% contro il +2,6% in media nel quinquennio 1997-2001. L’Istat sottolinea inoltre la dinamica negativa del processo di accumulazione del capitale, con gli investimenti fissi lordi calati nel 2003 del 2,1%. Infine, È vistoso il declino del sistema produttivo italiano in termini di capacità di innovazione (processi, prodotti, mercati e forme organizzative). Nel suo complesso, il contributo della cosiddetta Tfp (total factor productivity) alla crescita generale dell’ economia si È ridotto nel tempo, passando dal +2,2% del 1992-’95 al -0,2% del 1999-2003. Disparità tra Regioni L’Italia che continua a perdere colpi in termini di competitività rispetto agli altri Paesi è al tempo stesso anche la Nazione dell’ Unione Europea in cui sono più consistenti le differenze in termini di reddito regionale per abitante, superiori fra l’ altro a quelle esistenti in Germania, Spagna, Belgio ed Irlanda. In Italia poco meno di un terzo della popolazione – il 30,4% – cioé circa 17,5 milioni di persone, vive in regioni in cui il pil pro capite è inferiore al 75% della media nazionale. A soffermarsi sulle tante Italie dello sviluppo è il rapporto 2003 curato dall’ Istat, presentato oggi, che fa il punto più in generale sulla situazione del Paese nei suoi diversi aspetti, con particolare riferimento fra l’ altro anche all’ andamento del mercato del lavoro, che registra forti squilibri fra regione e regione. Basti pensare, a quest’ ultimo proposito, che il tasso di occupazione nel 2002 è oscillato fra un minimo del 41,8% in Sicilia ad un massimo del 71,0% nella Provincia Autonoma di Bolzano. La graduatoria regionale della ricchezza, con riferimento all’andamento del reddito medio per abitante, vede invece al primo posto Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige, mentre fanalini di coda sono Campania, Calabria, Sicilia e Puglia. Anche l’ andamento della pressione fiscale segnala forti differenziazioni fra le realtà regionali: in Lombardia ed in Lazio infatti questo parametro (misurato dall’ incidenza delle imposte correnti sul reddito disponibile) risulta più elevato, attorno al 15%, anche se risulta più complessivamente in calo la forbice fra Nord e Sud, per via della dinamica crescente delle imposte nelle regioni meridionali. Andamento differenziato anche per quanto riguarda la povertà, considerato che in questo caso i valori minimi si riscontrano in Lombardia e Veneto, con una quota inferiore al 4%, mentre in Calabria si arriva addirittura al 29,5%. Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia sono in ogni caso le regioni settentrionali con il maggior numero di famiglie povere, circa il 10%, mentre per quanto riguarda il Mezzogiorno la situazione meno drammatica è quella dell’Abruzzo (18%). In questa situazione, il rapporto Istat segnala la ripresa del fenomeno dell’ immigrazione interna, considerato che il numero complessivo dei trasferimenti di residenza fra regioni diverse è passato da 279mila del 1994 ad un massimo di 359mila registrato nel 2000, cui peraltro ha fatto seguito una decelerazione nel corso del 2001, a quota 320mila trasferimenti. Il numero degli iscritti all’anagrafe nelle regioni del NordEst fra il 1991 ed il 2001 è inoltre aumentato di circa il 40%, mentre nel Centro si è avuto un incremento del 14% e del 2% nel NordOvest. Nel Sud si è registrato invece nello stesso arco di tempo un calo, più forte nelle due Isole. Spesa sanitaria a carico delle famiglie In dieci anni la spesa sanitaria a carico delle famiglie è più che raddoppiata passando da 10 a 22 miliardi. Lo evidenzia l’Istat nel rapporto annuale 2003 dove, allo stesso tempo si sottolinea la “privatizzazione del sistema, dal lato dell’erogazione dei servizi e da quello della spesa sostenuta”. Il rapporto registra poi un altro cambiamento in atto: meno ospedali e più medicina del territorio. Ma fra le regioni c’é una diversa velocità di adeguamento. LA SPESA DELLE FAMIGLIE. L’Istat conferma un andamento già evidenziato. La spesa delle famiglie continua a crescere, molto di più di quanto cresce la spesa pubblica che in dieci anni (dal 1991 al 2001) è passata da 47 a 74 miliardi di euro. Le famiglie italiane invece hanno pagato di tasca propria 10 miliardi di euro nel 1991, 22 nel 2001. La spesa privata più alta si riscontra fra le regioni del nord. MENO POSTI LETTO PIU’ DAY HOSPITAL. Accorpamenti e riduzioni di ospedali hanno portato ad un taglio dei posti letto da 320 mila del 1997 a 246 mila nel 2002. Ma il numero dei posti letto resta ancora più elevato rispetto alla media nel Lazio e più basso nel Mezzogiorno. Allo stesso tempo è aumentata l’attività di day hospital, con un potenziamento degli accessi più che delle strutture. AUMENTANO LE STRUTTURE SANITARIE TERRITORIALI. Fra il 1997 e il 2002 sono aumentate le asl che si sono dotate di servizi di assistenza domiciliare integrata (erano il 68,7% passate all’86,8%). Raddoppiata anche l’attività residenziale e semiresidenziale: da 4,6 ogni 100 mila abitanti a 11,2. Istat: i volontari sono 4 milioni Il volontariato e’ una componente strutturale del panorama sociale del Paese. Il numero di persone impegnate in attivita’ gratuite per associazioni o gruppi di volontariato in Italia e’ pari all’8 per cento della popolazione di 14 anni e piu’ (circa 4 milioni di individui), valore che presenta una sostanziale stabilita’ a partire dal 1993. Nell’Italia settentrionale, e in particolare nel Nord-est, il fenomeno risulta molto piu’ radicato e diffuso rispetto al resto del Paese. La frequenza piu’ alta di volontari si registra, infatti, in Trentino-Alto Adige (21 per cento circa) e in Veneto (14,3 per cento), seguite a breve distanza da Friuli-Venezia Giulia (10,4 per cento), Lombardia (10,0 per cento) ed Emilia-Romagna (9,7 per cento); i valori piu’ bassi (tra il 3,8 e il 5,5 per cento) si osservano, invece, in Campania, Abruzzo e Lazio. Sacconi: Rapporto 2003 conferma necessità delle riformne del Welfare La fotografia della società italiana prodotta dall’Istat “conferma l’esigenza della piena attuazione delle riforme relative al mercato del lavoro, al sistema educativo, alla previdenza e più in generale allo stato sociale”. E’ quanto afferma il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, sottolineando che “l’Italia ha bisogno di una società attiva tanto a fini di competitività quanto di equità sociale”. “Ciò significa – aggiunge Sacconi – più donne e più anziani con un lavoro regolare, più educazione e più formazione, una spesa sociale riorientata dalla previdenza agli ammortizzatori accompagnati da servizi al lavoro”.


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