Cultura
Rapporto Coop 2021: «L’Italia riparte dal consumo critico»
È stata presentata oggi a Milano l'anteprima digitale del “Rapporto Coop 2021 – Economia, Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”. Ne esce un quadro confortante sulla ripresa dei consumi, soprattutto orientati alla sostenibilità, ma emerge anche molta preoccupazione per l'aumento dei prezzi delle materie prime e la possibile ripercussione sul retail
di Redazione
L’edizione 2021 del “Rapporto Coop 2021 – Economia, Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”, presentato oggi a Milano, descrive una realtà inedita avvalendosi di due diverse survey intitolate “Reshaping the future” e condotte entrambe nello scorso mese di agosto. La prima ha coinvolto un campione di 1.500 italiani rappresentativo della popolazione over 18 (18-75 anni). La seconda si è rivolta ad un panel della community del sito di italiani.coop e ha coinvolto 1.000 opinion leader e market maker fruitori delle passate edizioni del Rapporto. Tra questi sono stati selezionati 470 ruoli apicali (imprenditori, amministratori delegati e direttori, liberi professionisti) in grado di anticipare più di altri le tendenze future del Paese.
Un mondo multipolare, una obbligata rivoluzione verde
Dopo la peggiore crisi di tutti i tempi, la migliore ripresa di sempre. Le variazioni del Pil mondiale tutte al rialzo si attestano su un +6% nel 2021 ma continuano in positivo anche negli anni a venire (+4,9% nel 2022 e +3,5% nel 2023). Corre più veloce di tutti la Cina in un mondo multipolare in cui gli Usa sembrano abdicare al loro storico ruolo di potenza egemone e offrono anche all’Europa la chance di diventare soggetto stabilizzatore nella costruzione dei nuovi equilibri geopolitici tra i molti protagonisti regionali emergenti.
Il ritorno alla crescita (in Italia e nel mondo) ripropone con forza la stringente necessità di una grande rivoluzione verde a livello globale (44 sono i paesi che si sono impegnati con leggi, protocolli, documenti nel 2021 rispetto ai 22 di appena 2 anni fa);sembra, anzi, oramai esaurirsi il tempo a disposizione, tanto da far temere nuove tensioni geopolitiche dovute alla diminuzione delle risorse naturali disponibili (lo teme l’80% degli executive intervistati).
Torna anche lo scetticismo?
Lo scetticismo (il 77% del campione executive) nella possibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati in fatto di inquinamento e cambiamento climatico va di pari passo con la consapevolezza che proprio il rispetto dell’ambiente e l’innovazione sono oramai le priorità irrinunciabili dello sviluppo futuro. La consapevolezza è ampia non solo tra i manager. Il 79% degli italiani si dichiara infatti, preoccupato del riscaldamento globale eil 75% degli executive affida lo sviluppo futuro all’innovazione tecnologica e digitale e sono gli scienziati e i medici a tornare in cima ai modelli di riferimento degli italiani (rispettivamente con il 49% e il 32% del campione).
Tensioni e aspettative a casa della grande distribuzione
Come gli italiani, gli operatori della filiera alimentare vedono un futuro più rosa ma con accenti diversi fra industria e distribuzione. Se infatti entrambe hanno beneficiato della nuova centralità del cibo durante il lockdown, restano ampie le differenze sui rispettivi livelli di profittabilità, con l’industria alimentare che mantiene performance di redditività doppie rispetto alla distribuzione.
Non a caso quasi 1 su 2 tra i manager della grande distribuzione intervistati nella survey di agosto prevede uno strutturale peggioramento dei risultati economici e/o di dover reinventare il proprio modello di business minacciato dalla coda lunga della recessione pandemica sui redditi delle famiglie, dall’affermazione dei discount che non conosce tregua (l’85% ne prevede un ulteriore incremento delle vendite) e dall’intensificarsi della tensione competitiva fra le insegne. Al centro delle strategie future per il 45% del campione occorre riprogettare i punti vendita, magari perseguendo una integrazione della rete fisica con i nuovi canali virtuali (39%) e lavorando per una riqualificazione del personale (34%).
Solo dopo arrivano gli investimenti per potenziare le vendite online, un canale in crescita, ma anche dopo l’exploit del 2020 (+121%) l’e-grocery resta un segmento piccolo delle vendite alimentari complessive (poco sopra il 2% del totale Gdo). Peraltro, dopo una crescita nel primo semestre 2021 del 46% molti operatori ritengono nei prossimi 12-18 mesi che la progressione si fermerà o arretrerà (48%) o che sarà inferiore al 20% (per il 43%).
Nello scenario immediato, ad essere più preoccupante per la Gdo è la dinamica dei prezzi all’acquisto e alla vendita. Vi è il concreto rischio che il retail alimentare resti schiacciato tra la diminuzione dei prezzi al consumo (-0,7% la deflazione del prezzo dei prodotti alimentari nel primo semestre 2021) e l’annunciato aumento dei prezzi delle materie prime e dei listini dei fornitori industriali. Un risiko da cui non sarà facile uscire.
«Lo scenario delineato nel Rapporto 2021 ci restituisce l’immagine di un’Italia indubbiamente trasformata dalla pandemia con aspetti positivi che incoraggiano, ma anche con segnali che rivelano ancora l’esistenza di pesanti incognite e di forti disuguaglianze. Il post Covid per molte persone coincide con il tempo delle rinunce su aspetti importanti dell’esistenza, i consumi sembrano essere l’ultimo dei comparti che ripartirà», ha commentato Maura Latini, amministratrice delegata di Coop Italia.
In questo scenario un’organizzazione come Coop, ha concluso Latini, «ha una grande responsabilità, quella di riuscire a trovare convergenze fra ciò che offriamo, e penso ai nostri prodotti, la qualità che ci sta dentro e l’accessibilità del prezzo. Responsabilità che è acuita, se possibile, dal progressivo declino della marca industriale. Toccherà ai retailer interpretare le esigenze dei vari segmenti di mercato. E’ su questo punto di equilibrio che concentriamo il nostro modo di essere Cooperative di Consumatori. Per quanto riguarda il prodotto a marchio, stiamo parlando di più di 5000 prodotti, quasi 3 miliardi di fatturato. Più di altri lavoriamo su versanti che anche dalla lettura del Rapporto Coop si rivelano sempre più urgenti come il grande tema della sostenibilità intesa come ambiente ma anche come etica. Siamo stati i primi a promuovere l’allevamento senza antibiotici e gli unici per ora a espellere il glifosato dalla coltivazione dei nostri prodotti freschi. Per citare un dato, la nostra scelta del non impiegare antibiotici in allevamento nelle filiere Coop con i nostri oltre 100 milioni di avicoli coinvolti complessivamente è stato uno degli acceleratori principali per portare il comparto dell’avicolo ad una riduzione complessiva degli antibiotici di quasi il 90% a livello nazionale nell’ultimo decennio».
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