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Rana Plaza: Benetton rifiuta di risarcire le vittime

A 20 mesi dal più grande disastro industriale della storia del tessile, Benetton rimane l’unico grande gruppo a rifiutare l’accordo multistakeholder a favore delle vittime e dei famigliari

di Ottavia Spaggiari

Sono passati quasi 20 mesi dal crollo del Rana Plaza, il palazzo di Dacca in Bangladesh, in cui sono morte 1138 persone e oltre duemila, sono rimaste ferite mentre lavoravano, in subappalto, per 28 grandi marchi occidentali del tessile, tra cui Mango, El Corte Inglés, Primark e anche Benetton.

Il più grande disastro industriale della storia del tessile, così è stato definito il crollo del Rana Plaza, una tragedia devastante che aveva riportato l’attenzione dell’Occidente, sulle condizioni disumane a cui sono spesso costretti i lavoratori impiegati dai laboratori a cui viene appaltata, a costi irrisori, la manifattura dei capi d’abbigliamento da parte delle grandi multinazionali del settore, costringendo i grandi gruppi a sedersi al tavolo delle trattative per garantire una maggiore tutela dei lavoratori, della sicurezza e dei diritti.

Da allora più di 150 aziende hanno sottoscritto l’Accordo sulla prevenzione degli incendi e sulla sicurezza in Bangladesh, un accordo legalmente vincolante predisposto per garantire la sicurezza in tutte le fabbriche tessili del Bangladesh, mentre l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), una delle agenzie delle Nazioni Unite, ha istituito il Rana Plaza Donors Trust Fund per raccogliere i fondi necessari a risarcire le famiglie delle vittime.

Da allora, le persone coinvolte dal crollo e i famigliari delle vittime, hanno presentato richiesta formale di risarcimento come previsto dall’Arrangement – un meccanismo di calcolo e distribuzione dei risarcimenti basato su standard internazionali e supervisionato da un Comitato composto dal governo bengalese, rappresentanti nazionali dell’industria tessile, marchi internazionali, sindacati globali e nazionali e Ong che si occupano dei diritti dei lavoratori.

Eppure, se alcuni passi importanti sono stati fatti, c’è ancora chi si ostina a non riconoscere, fino in fondo, la propria responsabilità nella tragedia, come sottolinea Deborah Lucchetti, portavoce della campagna internazionale Abiti Puliti. “Benetton è l’unico grande marchio internazionale innegabilmente legato al Rana Plaza che continua a rifiutare di versare il proprio contributo per i risarcimenti.” Spiega Lucchetti, specificando che, anche se l’Accordo non è legalmente vincolante, sostituisce nei fatti un vuoto normativo, essendo il risultato di un negoziato multi-stakeholder riconosciuto dai diversi attori in gioco come unico sistema legittimo per risarcire tutti i sopravvissuti.

La campagna Abiti Puliti chiede che Benetton onori gli impegni stabiliti dall’Accordo, versando 5 milioni di dollari nel Fondo istituito dall’ILO, una cifra ritenuta proporzionale all’ entità dei profitti che il gruppo realizza e ha realizzato anche grazie al Rana Plaza. Basti pensare che solo nel 2013, lo stesso anno in cui il Rana Plaza è crollato, Edizione s.rl., una società sotto il controllo totale della famiglia Benetton e unica proprietaria della Benetton Group, ha realizzato profitti per 139 milioni di euro.

E chiedendo risposte in merito al rifiuto, direttamente al Gruppo, non si ottiene altra risposta che un'unica, secca, nota stampa: “Benetton Group ricorda che è stato uno dei primi brand ad intervenire a supporto delle vittime della terribile tragedia. Nei giorni immediatamente successivi abbiamo infatti avviato una collaborazione con BRAC, la più grande organizzazione non governativa (ONG) al mondo, nata e presente capillarmente in Bangladesh, per prestare assistenza diretta ai feriti, inizialmente fornendo assistenza medica e poi con un progetto a lungo termine che prevede sostegno finanziario e corsi di formazione specifici per 280 vittime e le loro famiglie”. Un’iniziativa che però, secondo Abiti Puliti, non ha nulla a che vedere con il reale (e dovuto) risarcimento delle vittime. “Si tratta di cose completamente diverse. Questa è beneficienza,  il risarcimento invece, è un diritto per tutti i lavoratori.” Spiega Lucchetti. “Fino a quando non sarà pagato interamente non ci sarà giustizia per i lavoratori del Rana Plaza. Siamo determinati a continuare la nostra mobilitazione fino a quando Benetton non pagherà quanto dovuto. ”

In questi giorni Abiti Puliti ha lanciato iniziative di Street Actions n Francia, Spagna, Svizzera e negli USA. In Italia l’appuntamento è a Torino l’11 dicembre per una performance dal vivo che coinvolgerà attivamente la cittadinanza in maniera simbolica e creativa.

Inoltre, nei giorni scorsi, sono stati contattati i responsabili dei negozi in franchising di Benetton in tutta Europa per chiedere sostegno alla campagna di pressione.

Qui tutte le informazioni per partecipare alla campagna.

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