Cultura

Ramadan a 35 gradi

Inizia il mese sacro per i fedeli di religione islamica. Quest'anno molto influenzato dalla situazione meteo

di Daniele Biella

Digiuno e preghiera a 35 gradi di temperatura. Inizia con il solleone che da settimane sta avvolgendo l’Italia il Ramadan, il mese sacro per i fedeli di religione islamica, che nel nostro paese sono il secondo gruppo religioso più numeroso, con almeno un milione e 200 mila presenze. Niente cibo dall’alba al tramonto, ma anche divieto di bere, fumare e avere rapporti sessuali. E presenza in moschea almeno sei volte al giorno, nei cinque orari canonici più una sesta volta per la preghiera prescritta per l´occasione. Infine, l’obbligo di dedicare le proprie giornate all’autocontrollo, alle buone azioni verso gli altri e alla jihad (“guerra santa”) contro i propri vizi.

Aspettando la luna. In attesa della prima delle tante cene comunitarie, spesso composte da tutti i membri della famiglia allargata, stanotte gli occhi di tutti musulmani saranno puntati al cielo in cerca della luna nuova, la cui apparizione darà il via al Ramadan, “scientificamente la luna nuova dovrebbe spuntare nella tarda notte di oggi in Sud America”, spiega  l’imam Yahya Pallavicini, vicepresidente della Coreis, Comunità religiosa islamica italiana. “La legge islamica, però, stabilisce che ogni musulmano debba intravedere la luna nuova nel posto in cui vive, e che quindi i fedeli possano iniziare il Ramadan in giorni diversi a seconda di dove si trovano. In Italia per esempio la luna dovrebbe apparire al mattino di domani e il digiuno dovrebbe quindi iniziare il giorno successivo, sabato 22″. Sarà il caldo, comunque vada, a farla da padrone in questi primi giorni di Ramadan, diventando un’ulteriore sacrificio da affrontare. Caldo che potrebbe paradossalmente in difficoltà i braccianti del mantovano, dopo la decisione del Comitato agricolo di Mantova di imporre l’obbligo di bere ai contadini per non rischiare di sentirsi male a causa del caldo, facendo storcere il naso allo stesso Pallavicini: “Se si arriva a confermare l’imposizione di bere, finirà per prevalere la linea della mancanza di conoscenza e delle esigenze del pluralismo”.

Il mese sacro dell’Islam è un evento che con il passare degli anni sta acquisendo sempre più risalto nel nostro paese, a causa dell’aumento dell’immigrazione negli ultimi anni: i musulmani, infatti, sono aumentati nell’ultimo anno di 103mila unità, in gran parte a seguito dei ricongiungimenti familiari e delle nuove nascite, come testimoniamo anche i dati degli ultimi rapporti della Caritas. Il loro numero attuale di 1,2 milioni di persone, potrà essere uguagliato da quello degli ortodossi se perdureranno i flussi sostenuti dalla Romania e forse potrà essere anche superato se un grande Paese a maggioranza ortodossa come l’Ucraina verrà maggiormente coinvolto nei flussi d’ingresso.

La provenienza dei musulmani d’Italia. Al maggio 2007 erano 735 le moschee censite nel nostro Paese, più del doppio rispetto al 2000. I principali Paesi a maggioranza islamica da cui provengono gli immigrati residenti in Italia sono il Marocco (160mila persone), l’Albania (140mila), la Tunisia (50mila), il Senegal (40mila) e l’Egitto (35mila). Non tutti questi cittadini sono però musulmani: in particolare, tra gli albanesi sono forti le minoranze cattoliche e ortodosse. Le cifre italiane, molto inferiori a quelle di altre nazioni europee, presentano due peculiarità: innanzitutto la comunità musulmana è cresciuta in un periodo di tempo piuttosto breve, in secondo luogo è composta da una grande varietà etnica. Mentre in Francia, in Germania o in Gran Bretagna l’afflusso in buona parte è dato da una singola regione (Nord Africa per la Francia, subcontinente indiano per la Gran Bretagna) o addirittura paese (come il caso dell’immigrazione turca in Germania), in Italia invece è stato graduale nel tempo. Le regioni italiane con maggior presenza di immigrati musulmani sono Lombardia (120mila), Emilia Romagna (60mila), Lazio (50mila),Veneto (48mila), Piemonte (42mila). Fanalini di coda sono Basilicata (1.700), Val d’Aosta (1.400) e Molise (900). L’unico ente islamico riconosciuto dallo Stato italiano è il Centro islamico culturale d’Italia, meglio noto come la Grande Moschea di Roma, che ha di recente aderito alla Federazione dell’Islam italiano, un progetto messo in campo dal ministero degli Interni durante la passata legislatura di cui fanno parte anche i membri
moderati della Consulta per l’Islam italiano del Viminale. Le altre due associazioni più rappresentative sono la Coreis e l’Ucoii, Unione delle Comunità islamiche in Italia.

Le regole del Corano. “Credenti! vi è stato prescritto il digiuno come è stato prescritto a coloro che son venuti prima di voi e può esser che siate timorati. E chi di voi sia malato, o sia in viaggio lo faccia in seguito per un numero corrispondente di giorni e per coloro che potevano farlo c’e’ un riscatto: il nutrimento di un povero; e chi fa di sua scelta di meglio, ciò è meglio per lui: ma è meglio per voi digiunare, se lo sapeste! E’ nel mese di Ramadan che abbiamo fatto scendere il Corano, guida per gli uomini e prova di retta direzione e distinzione”. E’ da questo versetto del Corano (183 della Sura II) che nasce la regola del digiuno durante il Ramadan, nono mese del calendario islamico. La sharia considera il digiuno, che dura dalle prime luci dell’alba fino al tramonto e che in genere va fatto precedere da un pasto leggero poco prima dell’alba, detto suhur, per poter affrontare la giornata, atto basilare di culto, obbligatorio per tutti i musulmani tranne che per alcune categorie di persone. Sono esenti dal digiuno i minorenni, gli anziani, i malati di mente, i malati cronici, i viaggiatori, le donne in stato di gravidanza o che allattano, le persone in età avanzata, nel caso in cui il digiuno possa comportare un rischio per loro. È proibito inoltre alle donne con il ciclo mestruale e alle puerpere. Ma l’astinenza dal cibo non è la sola regola del mese più sacro del calendario musulmano, quello durante il quale è avvenuta la rivelazione del Corano. Un buon musulmano deve praticare la purificazione del corpo e dello spirito e la preghiera, che in una delle ultime notti dispari del mese sacro, la notte del destino (Lailatu-l- Qadar) impegna i fedeli in una veglia notturna in moschea. Il digiuno, come la preghiera, non è valido nell’Islam se non e’ preceduto dalla niyyah (intenzione), dopo la pronuncia della quale, si incomincia a digiunare poco prima dell’alba. Il tramonto del sole pone fine al digiuno che si interrompe mangiando datteri o bevendo acqua, come vuole la tradizione di Maometto. L’interruzione (in arabo, iftar) per tradizione viene preceduta da una breve preghiera. Dopo la preghiera rituale della sera si usa fare una speciale preghiera notturna piuttosto lunga detta Tarawih.

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