Economia
Rajan: senza comunità, vanno in crisi anche Stato e mercato
L'intervento dell'economista indiano teorico del ruolo trasformativo del Terzo Pilastro nella “Società del Rischio” che questa mattina ha aperto l'edizione 2020 delle Giornate di Bertinoro
All’interno della visione tradizionale della società liberale, che contempla mercati liberi e competitivi, così come nel settore pubblico, il rispetto dei contratti e la protezione dei diritti di proprietà sono gli unici due pilastri davvero necessari per il corretto funzionamento del sistema. Ma, come molti tra il pubblico sanno, questa visione – che è stata la visione dominante in gran parte dei dibattiti del XX secolo – trascura l'importantissimo Terzo Pilastro, ossia la comunità e le diverse organizzazioni della società civile che, sia direttamente sia attraverso i meccanismi democratici, fanno in modo che mercato e Stato lavorino a beneficio della maggior parte della popolazione. E quando questo accade, la maggior parte della popolazione supporta il sistema. In una certa misura, il malessere, l'insoddisfazione nel sistema, a mio avviso, esiste perché la comunità si è indebolita rispetto al ruolo del mercato e dello Stato, lasciando un vuoto che deve essere colmato se vogliamo essere nuovamente soddisfatti di una società liberale.
Mi spiego meglio. In primo luogo, a mio avviso, la spinta fondamentale che ha influenzato sia il settore privato sia quello pubblico è stata quella tecnologica. La rivoluzione digitale, connessa alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ha cambiato enormemente i mercati. Ha facilitato il commercio, permettendo la produzione di filiere globali in tutto il mondo. In parte perché i costi logistici sono ridotti dall’utilizzo della tecnologia, ma in parte anche perché i costi connessi alle relazioni con siti di produzione distanti, ad esempio in Thailandia o a Hong Kong, si sono ridotti enormemente. Possiamo essere in contatto in ogni istante.
Le conseguenze nei paesi industriali, ovviamente, si sono avute soprattutto rispetto ai centri di produzione. Si pensi soprattutto alle piccole città popolate da grandi imprese, che chiudendo e delocalizzando il lavoro altrove hanno lasciato quei territori senza alcuna attività economica. Non si tratta solo di piccole città. In effetti, l'intera classe lavorativa a reddito medio è stata gravemente colpita. In parte per la delocalizzazione connessa alla globalizzazione, ma anche per l’introduzione di processi di automazione. Ad esempio, una risorsa umana come un contabile fiscale impiegato nella dichiarazione dei redditi oggi è stata sostituita oggi da un software con cui è possibile fare le dichiarazioni disponibile ad una frazione del costo di quella risorsa umana. Non solo. A fronte della riduzione nella diffusione di alcune professioni, altre sono invece cresciute in modo significativo grazie alla loro capacità di accedere ai mercati mondiali. La mia stessa professione, quella del professore universitario, è l’esempio di una professione che è diventata sempre più una sorta di “professione da superstar” con pochi professori che possono parlare al mondo intero. Attraverso i loro scritti, le loro pubblicazioni, i loro interventi generano effettivamente risultati molto maggiori rispetto al professore medio, perché hanno accesso a mercati molto più ampi. Quindi, in una certa misura, la rivoluzione tecnologica e dell’informazione ha, da un lato, portato alla scomparsa di molti posti di lavoro, soprattutto di persone appartenenti al ceto medio, ma ha anche ampliato il divario tra quei lavori che possono trarre vantaggio dalla globalizzazione e dai mercati globali a cui possono avere accesso e i posti di lavoro che hanno effettivamente perso valore a seguito della crescente automazione e dell’aumento di concorrenza.
La rivoluzione digitale ha cambiato anche il settore pubblico. Man mano che i mercati diventano più integrati, allo stesso modo le politiche di governance sono aumentate. Poiché più grande è il mercato, più ampia deve essere la governance per riuscire a coprire l'intero mercato. Prendiamo ad esempio i requisiti patrimoniali di una banca. In passato esistevano le banche comunitarie. I requisiti patrimoniali delle banche erano accettati a livello locale e tutte le normative bancarie si sviluppavano a livello locale. Successivamente le banche sono diventate nazionali e la regolamentazione bancaria è diventata nazionale. Oggi le banche agiscono a livello internazionale. E allora, dove si definiscono la maggior parte dei regolamenti bancari? In genere, si discutono a porte chiuse tra le banche centrali e poi quei regolamenti definiti si applicano al resto del mondo. Quindi, in quel senso, la regolamentazione bancaria è traslata sempre più dal livello locale a quello nazionale fino al sovranazionale. E questo è vero per molti tipi di attività in cui i poteri tipicamente tendono a migrare verso i livelli più alti. L'Unione Europea ne è un esempio. Quando nel tentativo di mantenere l'omogeneità in tutta l'Unione molte regole non sono determinate a livello nazionale – figuriamoci a livello locale – ma vengono definite a Bruxelles a livello di Unione Europea.
Come risultato di entrambi questi fattori, oltre alla globalizzazione e all'automazione di cui ho parlato prima, la rivoluzione digitale ha sconvolto la comunità. Perché, in primo luogo, le attività economiche si sono disconnesse dalla comunità e quando l'attività economica si disconnette dalla comunità inizia la disgregazione sociale. I matrimoni iniziano a sciogliersi, aumentano i divorzi, a seguito di un incremento in termini di abuso di sostanze, alcool e conseguente aumento della criminalità. Tutto questo tende ad indebolire le istituzioni locali, come le scuole e i college. E questo è particolarmente problematico in quest'epoca perché il cambiamento tecnologico ha accresciuto l'importanza di una buona istruzione. Quando le scuole locali falliscono perché i posti di lavoro non ci sono più a livello locali, si riduce il vantaggio competitivo derivante da questi mercati più grandi e più forti. In effetti, ciò che accade alla comunità è che tende a perdere anche la propria gente. Chi ha successo tende a lasciare la comunità e ad andare dove si trovano altre persone di successo, nelle grandi città fiorenti, lontano dalla comunità locale. Riducendo, in tal modo, la capacità della comunità locale di affrontare i grandi cambiamenti in corso.
La comunità, quindi, si è indebolita. Perché è stata colpita duramente; è stata privata del potere – abbiamo parlato di come i processi decisionali siano stati portati dal livello locale al nazionale, all’internazionale – ma anche frammentata, perché ciò che tiene insieme la comunità, buoni posti di lavoro, buone istituzioni locali, si sta frantumando a causa dell’allontanamento delle attività economiche dalla dimensione locale.
Tutto ciò indica che se si vuole cambiare in meglio è necessario concentrarci sul miglioramento della qualità dei singoli luoghi. Non è possibile concentrarsi solamente sul PIL del paese, perché il PIL del paese e la sua crescita non è qualcosa che in grado di evidenziare le caratteristiche di ogni individuo all’interno della singola comunità. Ciascuno in ogni comunità vive esperienze frutto di meccanismi generativi molto diversi tra loro. Anche in un paese prospero è possibile trovare tantissime comunità rimaste molto indietro. La pandemia ha accentuato ciascuna delle quattro affermazioni che ho fatto. Ad esempio, ho parlato del fatto che l'istruzione è molto importante. In questo mondo avere competenze elevate è fondamentale per poter competere per i lavori esistenti. In realtà, questi lavori sono lavori che puoi continuare a svolgere durante la pandemia. Molte persone che lavorano nell’ambito dell’erogazione di servizi ad alto valore aggiunto sono state in grado di svolgere il proprio lavoro stando a casa – proprio come sto facendo ora – perché è possibile farlo a distanza. D'altra parte, molte persone che lavorano nell’ambito dell’erogazione di servizi e in ambito produttivo a basso valore aggiunto sono stati i primi a subire le conseguenze negative della pandemia da COVID-19.
Ora, anche in risposta a questo, abbiamo visto che le soluzioni centralizzate semplicemente non funzionano. Il mio paese, l'India, così come il Messico, hanno avuto lockdown molto brutali – così come anche il Perù – che tendono a demolire completamente l'attività economica: il Perù ha subito un calo del PIL nel secondo trimestre del 27%, l'India del 23%. Queste sono cadute enormi per paesi relativamente poveri. E c'è molto risentimento nel paese, perché la gente si domanda "perché siamo stati rinchiusi, quando in realtà il problema era nelle grandi città?". I paesi che sono stati più sensibili alle istanze emerse a livello locale – paesi come la Germania o come la Corea del Sud – sono riusciti a fare molto meglio nella lotta al virus. Inoltre, ciò a cui assistiamo durante la pandemia è che la comunità locale è stata fondamentale nel riempire le falle che si sono generate. In alcune comunità i più giovani non volevano che gli anziani uscissero e magari si contagiassero e così facevano la spesa per loro, fornivano loro servizi, a volte facevano anche il bucato per tenerli relativamente al sicuro. E questi erano giovani che non conoscevano personalmente gli anziani, ma che sapevano di avere una grande responsabilità come parte della comunità. In India, i migranti dalle grandi città hanno iniziato a tornare nei loro villaggi e molte persone lungo la strada li hanno aiutati solo per umanità. In molte comunità le persone della comunità, piuttosto che la polizia, stanno cercando di disciplinare i propri vicini che hanno interrotto il vincolo relativo al distanziamento sociale e stanno cercando di convincerli che la distanza sociale è importante per affrontare il virus. In molti luoghi la comunità è stata la rete di sicurezza, o l'ultima risorsa. Quando il settore pubblico non fornisce sostentamento alle persone, è la comunità che si riunisce per fornire banchi alimentari, per fornire vestiti a coloro i quali non hanno il sostegno della pubblica amministrazione o del mercato.
Allora, cosa sto sostenendo che dovremmo fare? Bene, direi che dopo il COVID-19 abbiamo la possibilità di ricostruire la società. E sottolineo che vogliamo la globalizzazione, vogliamo avere il vantaggio dei mercati internazionali, del commercio internazionale, degli investimenti internazionali affinché consenta a tutti di aumentare il proprio livello di benessere. Se fermiamo tutto ciò avviamo un processo di crescita inferiore, minori benefici per tutti. Ma abbiamo bisogno di una globalizzazione che faccia beneficiare tutti. E direi che ci sono molti modi in cui possiamo aiutare più persone a trarne vantaggio senza diminuire sostanzialmente il valore complessivo della globalizzazione.
Uno, ad esempio, è riportare l’asticella indietro, passando dall'internazionale al locale. Quello che sto dicendo è di non alzare l'asticella a livello internazionale nel modo in cui è stato fatto finora. Dobbiamo alimentare i trattati globali sull'impresa, sulla proprietà intellettuale. Tuttavia, molte più decisioni devono essere prese a livello nazionale, e ho chiamato questa "sovranità responsabile". Ma anche all'interno di un paese il “timone” non dovrebbe essere detenuto dal capitale, dovrebbe seguire il principio di sussidiarietà e spingere maggiormente il processo decisionale a livello locale. Il “timone” dovrebbe essere tenuto al livello che è maggiormente in grado di gestirlo efficacemente. Ad esempio, in Svizzera, con riferimento al sistema scolastico, gli istituti nazionali di tecnologia sono finanziati e gestiti a livello federale. Tuttavia, le scuole superiori sono gestite e finanziate a livello cantonale e ci sono 26 cantoni. Le scuole primarie sono gestite e finanziate a livello comunale e ci sono 3 mila comuni. Ogni livello di istruzione è curato da diversi livelli di governo. Quindi, a livello di governo le persone hanno un maggiore senso di responsabilità e un maggiore senso dell'azione.
Quindi, la prima cosa da fare è riportare il processo decisionale “verso il basso"; la seconda è che l’attività economica deve essere resa maggiormente “diffusa” – e la buona notizia dalla pandemia da COVID-19 è che ciò è possibile. Ora sappiamo che molti lavori possono essere svolti a casa lontano dal luogo di lavoro. In effetti, il 45% dei lavori nei paesi ricchi, come la Scandinavia o gli Stati Uniti, può essere svolto da casa secondo le ricerche realizzate dai miei colleghi. Quindi, se è così, cosa si può fare nelle comunità che si sviluppano all’interno di un paese, affinché quelle comunità non vengano deindustrializzate e non perdano la loro attività economica, affinché quindi ci siano ancora persone che ci lavorano. Forse il lavoro è nella grande città, ma il lavoro può essere svolto da remoto. Allo stesso modo, la tecnologia consente ai piccoli produttori di accedere ai mercati nazionali e internazionali, anche se sono mercati di nicchia. Ad esempio, la comunità Amish in Ohio (gli Amish sono persone che non vivono nel 20° e 21° secolo, dipendono ancora dai cavalli per tutto il lavoro agricolo) ha costruito una fiorente attività che vende attrezzature agricole trainate da cavalli ad alta tecnologia. Usano la tecnologia più recente per produrre l'attrezzatura, ma sono fondamentalmente i cavalli che trainano l'attrezzatura. La domanda è: "questo è un business davvero di nicchia, chi lo compra?". La risposta è che viene acquistato dalle famiglie Amish in tutti gli Stati Uniti. E il fatto che questa attività possa fare pubblicità su Internet le consente di accedere a tutte quelle famiglie; e infatti questa attività ha attinto a tecnologie sviluppate in Europa da società simili che si rivolgono agli europei che vogliono vivere con uno stile di vita non contemporaneo.
Quindi, quello che sto sostenendo è che se possiamo abbassare l’asticella, se è possibile allargare l'attività economica, possiamo incrementare il senso di localismo. E direi che il localismo è effettivamente necessario per salvare la globalizzazione e la cooperazione.
Ebbene, quando parlo di localismo, diversi affermano che "ci sono molte comunità distrutte che non hanno la leadership per creare un’attività a livello locale", e ogni paese ne presenta diverse. Queste comunità “distrutte” hanno davvero di fronte il problema dello sviluppo. E ho visto che molte di queste comunità possono riprendersi da sole. Spesso è necessaria una leadership di comunità. E quella leadership può emergere più rapidamente se ci sono persone che sono impegnate, che hanno un lavoro, che sono tornate nelle comunità dopo gli studi. E dobbiamo fare in modo che questo accada più spesso. Quella leadership di comunità può coinvolgere la comunità e ci sono diversi modi in cui le comunità possono essere coinvolte. A volte per tenere pulito, a volte per combattere il crimine, a volte semplicemente per riunirsi in un'attività comunitaria, come un orto comunitario. Ciò che è importante in molte comunità sono le infrastrutture, dove c'è la banda larga per collegarle all'economia digitale o il trasporto per collegarle ai luoghi di lavoro. Quindi, riflettendo attentamente, è necessario che le comunità siano coinvolte in questa infrastruttura, questo è molto importante. Naturalmente, le comunità non possono prosperare senza fondi. Le comunità povere non hanno fondi per risollevarsi, ma con un po' di investimento iniziale da parte delle istituzioni centrali possono capire gli oggetti su cui realizzare la spesa. Quest’ultima dovrebbe essere decisa localmente e se viene decisa localmente può effettivamente avviare una ripresa che può essere abbastanza forte.
Quindi, in conclusione, sto sostenendo il localismo, che si sviluppa intorno alla comunità per dare un senso di identità, e il potenziamento di quel localismo. Anche se non cambia nulla, questo dà alle persone la sensazione di poter affrontare una globalizzazione altrimenti anonima e il cambiamento tecnologico. Dà loro un senso di coinvolgimento che di per sé è molto importante. Significa anche che la comunità può anche essere il luogo in cui risiedono i lavori del futuro. Ad esempio, aiutare gli anziani a far fronte alla solitudine è un lavoro comunitario. Può essere creato all'interno di una comunità, è probabilmente un lavoro che i robot o qualcuno seduto lontano nelle Filippine non possono fare.
Ma penso che il localismo in sé non sia sufficiente. Deve essere inclusivo. Quindi, anche se la comunità erige muri bassi intorno ad essa, lo Stato e il mercato dovrebbero mantenere i muri bassi e non farli diventare alti. Non vogliamo comunità chiuse che non interagiscano con il mondo, che le riportano al Medioevo e prima. Quindi il mercato deve essere in grado di estendersi attraverso la comunità per portarla nel mondo moderno. Ma anche lo Stato dovrebbe essere in grado di lavorare con la comunità e far rispettare le leggi contro la discriminazione nella comunità. Questa è una contraddizione: da un lato voglio muri, dall'altro voglio che quei muri siano bassi. Ma questo è possibile, in quei paesi che lo comprendono. Ad esempio negli Stati Uniti: la clausola sul commercio nella Costituzione americana che essenzialmente afferma che gli Stati hanno l’autorità di decidere cosa fare all'interno degli Stati, tuttavia non possono erigere muri contro le merci provenienti da altri Stati. Non puoi avere una tariffa specifica per ogni stato negli Stati Uniti. Penso che idee come questa ci consentiranno di creare comunità forti, inclusive e che di fatto preparano la nostra
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