è avvenuto dopo una querela. Un corteggiamento eccessivo, lei si arrabbia e lo denuncia per molestie. Ecco la polizia a casa. La perdita dell’appartamento. E il ritrovarsi in strada. «Ho grilli per la testa, ma in senso artistico. Suono gli Oasis nelle piazze. Mi piacerebbe avere un’occupazione. Non chiedo gran che: mi dicono che sono troppo qualificato». Sa a memoria duemila versi della Divina Commedia. Ci tiene a recitare. Gli suggerisco il canto di Farinata. E lui comincia: «Che s’è dritto. Dalla cintola in su tutto’l vedrai»?
Il popolo degli anziani
Ma la gran parte degli italiani che frequentano le mense per i poveri sono anziani. Anche la loro è una presenza non prevedibile. Tra gli altri, Aldo , 66 anni, cravatta rossa, camicia a righine blu. Elegantissimo. «Ho fatto politica nella Dc, sono stato giornalista», rievoca, «poi nel 1987 ho aperto una comunità alloggio vicino a piazza del Popolo. L’ho tenuta vent’anni, con l’aiuto di amici finanziatori. Dieci posti; ho ospitato gente di tutti i tipi. Il principe. Il sacerdote. L’avvocato. L’ho chiusa nel 2007». Vive con 400 euro al mese.
Colle Oppio. Esterno giorno
Un’altra mensa Caritas. Nel cuore della Roma dei signori. A due passi dalla Domus Aurea. Anche qui, gente che arriva. Rapide code. La trafila è la stessa. E anche qui incontri che non t’aspetti. Antonio per esempio: 48enne imprenditore edile (per la verità una piccola società con quattro dipendenti) fino al 2004. Poi la crisi, la disoccupazione e i lavoretti saltuari.
Di giorno ci sono anche le donne. La chiameremo Viola . Ha 78 anni. Dal Veneto è arrivata a Roma come domestica. Ancora oggi vive nella casa in cui lavorava. In pensione da 10 anni, da tre mangia alla Caritas. Non tanto perché i 500 euro mensili non sono molti. Viene per non stare sola: non che sia una chiacchierona, ma le piace stare in mezzo alla gente. E poi così fa una passeggiata. «Mangi bene, i volontari sono gentili e premurosi. E poi li sento investiti da un senso di religiosità». Un’affermazione che ti sorprende: «La fede è innata. Il resto bisogna far da sé».
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