Mondo

Rai International e i Mondiali di ciclismo

di Paolo Manzo

Cari lettori di Latinos,

non c’entra nulla con ong e Terzo Settore ma quanto accaduto ieri mi ha fatto incavolare come una iena e, dunque, mi sfogo qui. Ieri, domenica, mi sono alzato alle ore 6 del mattino (le 11 da voi) per assistere ai Mondiali di Varese. Caffé, doccia (gelata per svegliarmi) e immediatamente tv accesa, per seguire la corsa. Per me i Mondiali di ciclismo sono legati all’infanzia perché, da Sallanches 1980 in poi, li ho visti quasi tutti, e per giunta dalla strada. In macchina, tenda, camper, autostop, dalla Francia (Hinault, secondo GB Baronchelli, quarto Wladimiro Panizza) alla Svizzera (Lemond) passando per il Veneto (Roche su Moreno Argentin), la Catalogna (Criquelion) e il Belgio (Mauricio Fondriest)… Con me anche preti ed ex partigiani comunisti, tutti rigorosamente over 60, tutti rigorosamente carnalmente appassionati di bici, con annessi aneddoti che rimarranno con me per sempre. Come quella volta che da Altenrhein, in Svizzera, portammo di nascosto il Guardien, alias Stalin, nostro amicissimo ex delle Garibaldi e acerrimo nemico dei tedeschi anche dopo decenni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, in Germania, a Friedrichshafen, bellissima cittadina sul lago di Costanza. Lui dormiva, nel lettino dietro del camper, le guardie di confine non lo guardarono neanche e lui continuò a pisolare. Noi, amici “bastardi”, lo svegliammo, lo portammo in giro per la città tedesca e alle nostre domande tendenziose lui la ricopri di elogi smisurati, “che ordine qui in Svizzera, che educati gli svizzeri” e persino “che belle le donne svizzere”, frase alquanto storica perché pronunciata da lui, scapolo impenitente.

Quando entrati in un negozio per comprare un orologio il mitico “Stalin” si accorse che doveva pagare in marchi tirò giù una litania di parole irripetibili (e rigorosamente in dialetto piemontese) e non ci parlò per una mezz’ora buona. Poi cambiò registro e, alla fine, mentre stavamo per tornare in Svizzera, non solo i “tedescàs”, i tedescacci, ma persino “le vacche avevano lo sguardo “croi”, ovvero cattivo”.

E che dire dell’amico prete che, arrivati in casa d’amici a Kobarid, Caporetto (stavamo andando a Praga, dove avrebbe vinto Maertens), in quella che allora era la Jugo e oggi è Slovenia, si fracassò la zucca contro una bellissima vetrata ed esplose con una frase che la diceva lunga sulla sua visione dell’Oltrecortina: “non pensavo che in Jugoslavia avessero i vetri”.

Le storie sono mille e, ieri, seppur dalla tv, se ne sarebbero potute aggiungere altre. E invece…

E invece niente! Mi sono dovuto vedere il derby (che qui in Brasile trasmetteva anche ESPN con commenti assai migliori di quelli italici) mentre del Mondiale di Varese niente, neanche una finestrella ogni tanto, durante le fasi salienti.

Disperato sono andato sul sito di Rai Sport, per vedere la corsa via streaming ma, a detta dei geni Rai la diretta era oscurata per questioni di non meglio precisati diritti. Peccato che in Brasile, dove della bici non gliene può fregare di meno, i diritti di Varese non li vogliono neanche se glieli regali…

Insomma, una giornata triste nonostante la vittoria di Ballan e il secondo posto di Cunego. Una giornata nera per noi italiani all’estero appassionati di bici grazie a “mamma” Rai International e a quel genio di Badaloni.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA