Cultura

Rai: il ministro non sente ragioni

È questo l’inverno del nostro scontento? Per quanto riguarda il servizio radiotelevisivo pubblico sembra proprio di sì ...

di Redazione

È questo l?inverno del nostro scontento? Per quanto riguarda il servizio radiotelevisivo pubblico sembra proprio di sì, talmente lungo è l?elenco delle promesse mancate. Eppure non sarebbe stato impossibile realizzare quegli atti per ottenere un contratto pubblico con la Rai per il 2007-2009 condiviso e partecipato.

Una richiesta ragionevole per la quale il non profit aveva manifestato disponibilità, proponendo alcune iniziative in una lettera aperta alle autorità competenti rimasta senza risposta. Sicché quando il ministero delle Comunicazioni rende nota una bozza di contratto che ignora le molte sollecitazioni, la delusione è forte. Fioccano le critiche. Riccardo Bonacina, direttore editoriale di Vita e firmatario della lettera, commenta: «Nessuna apertura al pluralismo sociale». Ma il ministro Paolo Gentiloni non cambia rotta nemmeno il 17 gennaio, giorno in cui presenta il nuovo contratto alla Commissione di vigilanza. Tante belle intenzioni («fare più servizio pubblico, in particolare per le fasce di cittadini che ne hanno più bisogno») e un dato di fatto: la nuova versione del contratto è addirittura peggiorativa.

Ancora polemiche. La Fish non esclude il ricorso allo sciopero del canone: parlare di «trasmissioni dedicate» al tema della disabilità senza coinvolgimento delle persone diversamente abili è un arretramento.

«Chiediamo», affermano le portavoce del Forum del terzo settore, Vilma Mazzocco e Maria Guidotti, «che sia riscritto l?articolo 38 specificando le materie di competenza e gli strumenti della Sede permanente di confronto e il rafforzamento del Segretariato sociale». Adiconsum propone alla Commissione di respingere il nuovo contratto che «ha peggiorato i diritti dell?utenza».

Colmo dei colmi: l?aumento del canone era stato spiegato proprio con l?esigenza di migliorare il servizio. «Non vorremmo» spiega l?Adiconsum, «che i maggiori introiti fossero usati per pagare la multa di 15,5 milioni comminata alla Rai (il cui cda non ha rispettato le norme di incompatibilità nella nomina del direttore generale precedente)».

Dal canto suo il ministro non è disponibile nemmeno a difendere le sue scelte. Giunge per il tramite del portavoce l?ennesimo atto mancato: «Preferiamo in questa fase lasciare che si compia l?iter parlamentare della commissione di vigilanza sulla Rai».

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