Cultura

Ragazzi, qui siamo all’ultima spiaggia

A Palermo quattro amici hanno sottratto al degrado una riserva incontaminata

di Federico Cella

È una terra strana, la Sicilia. Una terra importante, ricca di cultura e valori. Ma è una terra che ha un grave problema. Che non è il traffico. Ci sono le ?famiglie?, quelle importanti, rispettate e temute, che offrono il proprio ?aiuto? agli abitanti della loro zona; non importa che sia grande o piccola: ogni cosa che succede deve passare dalle loro mani. Le famiglie, che per tradizione e paura è ?giusto? che ci siano. Ma ci sono anche i ragazzi, la nuova generazione, quelli che studiano e che hanno visto il ?mondo?, che hanno voglia di fare: «Che hanno imparato a salvaguardare la limpidezza di ogni gesto da tutta questa corruzione», dicono loro. Si sente un suono provenire da Palermo, dal quartiere di Sferracavallo: è il suono di un bongo che promette di portare novità. Quattro ragazzi, tra i venticinque e i ventisei anni, hanno preso in gestione un piccolo angolo di Giamaica in Sicilia, una futura riserva naturale, per preservarne la bellezza, farla conoscere a tutti gli altri ragazzi della loro città e, perché no, guadagnarsi anche da vivere. E tutto questo lo hanno fatto da soli, senza ?aiuto?. «Ci conosciamo fin da piccoli, siamo nati tutti nello stesso quartiere. Sì, tranne Mauro che era un mio compagno di Liceo». Antonio, il ?Bello? del gruppo, racconta di come ha avuto inizio l??impresa? che ha compiuto con i suoi soci-amici: Mauro il Filosofo, Fabio il Biondo e Anselmo, il Presidente. «La riserva di Capo Gallo è rimasta chiusa da sempre. È una proprietà privata di alcuni nobili, i Cassina Conti, i Lanza di Scalea, la principessa Monroi di Roma, che non abitano più qui da tempo. Trent?anni fa era il posto di ritrovo dei figli dei fiori, un luogo magico, mi hanno raccontato. Poi vennero dei guardiani, fino agli anni ?80, ti sparavano addosso con i fucili caricati a sale se cercavi d?entrare. Il posto era completamente abbandonato, isolato, ma la gente ci arrivava lo stesso, dal mare. Si riempì di ogni tipo di persone che cercava un luogo ?discreto?, dai nudisti ai drogati. E anche omosessuali: infatti siamo segnalati sulla Guida Gay Europa», racconta divertito Antonio. «E per noi questo non è un problema. Qui è aperto a tutti e tutti possono sentirsi liberi: cerchiamo di far capire alle persone che è possibile convivere». Nel ?96 un?ordinanza comunale stabilisce che devono essere transitabili tutti i passaggi al mare: si apre il cancello della Fossa e subito arrivano i primi camion per scaricare rifiuti e immondizie. «Era già destinata a diventare una discarica abusiva. Ma io e Fabio, una notte, siamo andati a far crollare dei massi enormi sulla strada per bloccare l?ingresso alle macchine. Questo è il nostro posto da sempre, lo amiamo: nel ?91 è stato stabilito che sarebbe diventato una riserva naturale di tipo A; ma tutto è bloccato da allora. Così abbiamo sempre fatto volontariato, con gli altri ragazzi di Sferracavallo, per mantenerlo pulito, ostacolare i cacciatori e vigilare che nessuno appiccasse degli incendi. Abbiamo sempre desiderato potercene occupare legalmente, e finalmente all?inizio di quest?anno abbiamo avuto l?occasione». Nel dicembre ?96 gli affittuari della Fossa, il circolo velico ?Albarìa?, famosi campioni di windsurf, rinunciano al contratto perché non possono sfruttare commercialmente il posto. In quel momento nasceva l?ipotesi ?Avamposto accelerato?. «Era il nome del nostro vecchio gruppo musicale del Liceo. Lo abbiamo chiamato così in onore a Fabrizio, un nostro ?fratello? che è dovuto andare a Roma». Antonio il Pubblicitario, Mauro l?Universitario, Fabio il Falegname e Anselmo il Marinaio hanno smesso di lavorare e hanno fondato la loro associazione culturale. «Da quel momento non ci siamo più fermati: volevamo quel posto e, scrivilo a lettere cubitali, lo abbiamo ottenuto da soli, senza l?aiuto di nessuno». E questa non è una cosa facile in Sicilia. Antonio lo descrive come un film accelerato: lettere al sindaco Orlando, agli assessori, ai legali dei proprietari, alla Capitaneria di Porto; l?anticamera dal sindaco per ottenere una promessa mai mantenuta e i continui appostamenti per fargliela mantenere. «Lo seguivamo ovunque, Leoluca Orlando, anche nei bar. E con il sorriso smagliante ogni volta diceva di sì. Ci pigliava per il c… Cosa vuoi che potessero interessargli quattro ragazzi stracciati come noi». Quindi si è trattato di far passare il progetto dalla Capitaneria di Porto. «E ancora altri ritardi. ?Ragazzi, siamo finiti in un labirinto di torture?, continuava a ripetere il Presidente. Ogni benedetta volta ci sentivamo ripetere che quella frase andava scritta in un altro modo, che le fotocopie non andavano bene fatte così, che le planimetrie andavano disegnate diversamente. Non il solito che uno può immaginarsi: era un vero muro di no contro di noi». E questo perché la burocrazia siciliana ci sente unicamente per ?vie preferenziali?. Quindi le minacce, più o meno forti, da parte di altre associazioni, desiderose di ottenere il ?business? legato alla futura riserva. Ma, soprattutto, le continue ?offerte d?aiuto?. «Niente, non abbiamo sentito niente. Eravamo senza soldi, ma non abbiamo cercato neanche di avere le sovvenzioni europee per l?imprenditoria giovanile: senza ?amici? non era pensabile riuscire a ottenerle». Ma ecco il 15 giugno: dalla Capitaneria di Porto arriva finalmente l?autorizzazione – a dire il vero ancora inesistente sulla carta – a gestire la Fossa del Gallo, ora il nuovo Avamposto. Cos?era successo? «Li abbiamo martellati così tanto che alla fine ce l?abbiamo fatta. Sì, eravamo stupiti, ma la nostra volontà aveva vinto contro quel muro. Ed era arrivato finalmente il momento di lavorare davvero». La Fossa viene inaugurata il 18 giugno con una manifestazione teatrale in riva al mare. E la voce si sparge in fretta per la città: ogni giorno 3-400 persone, ragazzi, si ritrovano per andare al mare in un posto incontaminato. In molti sensi. Un posto che, alla sera, si trasforma in un sogno. Fiaccole accese, un bar ricavato nella roccia, i concerti gratuiti, le grigliate di pesce; tutto è fatto con la cura necessaria per preservare la naturalezza del posto. «Pensavamo», continua Antonio, «che fosse una cosa tra amici, tra noi che abbiamo sempre lottato per la Fossa. Invece, abbiamo spopolato a Palermo, dove tra i ragazzi si è creata una nuova moda, che è anche una nuova cultura, legata alla natura, al volere bene alla propria terra». Antonio e gli altri sono fieri. «A Palermo, tra i ragazzi, c?è una mentalità diversa; e noi ne facciamo parte attiva. Ora con i soldi che abbiamo messo da parte, essendo l?Avamposto un ente non profit, possiamo fare degli investimenti per mettere a posto la strada, organizzare attività sportive. Vogliamo fare in modo che questo posto diventi il ?pensiero felice? per tutti; e sappiamo quanto ce ne sia bisogno da noi». Più di duemila soci in due soli mesi di lavoro. I quattro ragazzi sono sulla bocca di tutti. Ma, in Sicilia, questo non è sempre un bene. Anzi. I problemi non sono finiti: la guardia forestale e la polizia continuano a fare controlli alla zona, su segnalazioni anonime di fuochi accesi o altre presunte illegalità; gli uffici pubblici cercano di annullare le licenze, con lo scopo di far subentrare associazioni più importanti, che vogliono sfruttare la zona, legandola a interessi più grandi. «Il problema è sempre lo stesso: noi non dobbiamo niente a nessuno; e questo nella nostra terra è ritenuto un difetto. In molti ci hanno offerto il loro ?aiuto?. Ancora adesso alcune persone, soprattutto ragazzi, vengono per spiegarci che sarebbe ?meglio? se facessimo le cose insieme a loro; ma noi continuiamo a sbatterli fuori. Abbiamo veramente conosciuto il peggio della Sicilia. Ma quando abbiamo intrapreso questa iniziativa, ci siamo guardati negli occhi e abbiamo detto ?cu? si scanta, muore?, chi ha paura muore». Al suono di quel bongo si è aggiunto presto quello di molti altri. Sono suonati dai tanti ragazzi di Palermo che, pur non perdendo il gusto di guardare indietro alla tradizione, non vogliono rinunciare a guardare avanti. A un futuro forse neanche tanto lontano, in cui la Sicilia sarà un po? meno un?isola. L’opinione di Roberta Torre Qui gli entusiasmi sono veri La realtà di Palermo è senza dubbio particolare, molto diversa, per esempio, da quella di Milano, dove sono nata e cresciuta. Vige molta più anarchia, più libertà; e a questa situazione i ragazzi, la nuova generazione, reagiscono solitamente in due modi opposti. Può succedere che venga fuori la ?lagnerìa?, per esempio, la vera antichità del siciliano: chiuso e portato al fatalismo sul suo futuro. È una questione molto legata al sottoproletariato, ma non solo; una visione limitata che non lascia neanche la possibilità di evolvere dalla propria situazione, un ?mondo? che non va al di là del quartiere. Proprio a Sferracavallo conosco ragazzi che conducono una vita di totale inutilità: non cercano lavoro perché non c?è, chiedono i soldi alla famiglia, si fanno le canne e passano la giornata seduti sul loro ?motore?. E vanno avanti così, senza prospettive; regna un?ignavia atavica. L?unica cosa di bello che hanno è il mare, che almeno dà un senso di salute. Poi c?è il rovescio della medaglia. Il rovescio positivo di ragazzi come quelli descritti nella storia di ?Vita?, con una grande voglia di novità e una vitalità senza limiti. Si ritrovano completamente senza strutture, e forse proprio per questo mettono una volontà di ferro in tutte le cose che fanno. Ogni desiderio viene affrontato con il più grande entusiasmo. Lo avevo già notato sette anni fa quando sono venuta qui per la prima volta, in occasione di un?edizione del ?Festival del cinema? di Palermo. Ho conosciuto ragazzi con idee e passione che non avevo mai visto a Milano; proprio la qualità dell?entusiasmo mi è subito apparsa diversa. Ed è forse proprio per questo motivo che ho deciso di rimanere a Palermo.


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