Welfare

Ragazzi, anche la bottiglia ha le istruzioni per l’uso

Corrado Celata, responsabile dell’équipe di prevenzione dell’Asl di Milano: "L’alcol è una presenza scontata nel nostro quotidiano, come il gas dei fornelli".

di Benedetta Verrini

Per parlare di alcol alla gente usiamo un paragone ricorrente: l?alcol è come il gas domestico. Non è di per sé nocivo, ha un utilizzo comune, ma bisogna starci molto attenti, perché può essere letale”. Corrado Celata è responsabile dell?équipe di prevenzione specifica delle dipendenze dell?Asl di Milano: togliere il velo delle credenze e mettere in guardia dal rischio è il suo mestiere. Sul fronte dell?alcolismo, il suo staff realizza un?azione sistematica che punta a creare una ?rete di moltiplicatori? della prevenzione, lavorando nei più diversi luoghi di aggregazione: scuole, associazioni sportive, centri giovanili, scuole guida. Vita: Con che tipo di ?consumatori? vi trovate a lavorare? Corrado Celata: Si sa che l?Italia è tradizionalmente un Paese in cui si consumano alcolici. Il trend di questi ultimi dieci anni, però, rivela che dal classico consumo alimentare e socializzante (la bottiglia di vino a cena con gli amici, per intenderci), si sta passando sempre più a uno stile di consumo ?a spot?, concentrato nel weekend o in certi orari della giornata, e non più legato al pasto o a un contesto amicale. Questo nuovo modo di consumare gli alcolici, molto vicino alla cultura nordeuropea, riguarda da vicino i giovani. Consumano meno alcolici, ma lo fanno in modo problematico, associandolo ad altre sostanze psicoattive e illegali come la cannabis o la cocaina. Vita: L?alcol, però, è legale. Celata: L?alcol non è un male in sé. Ritorno al paragone del gas: è da usare con cautela. Questa consapevolezza, però, non è ancora molto radicata nella nostra cultura: nei ristoranti è scontato che ci sia il secondo bicchiere per il vino sui tavoli, ad esempio. La legge vieta l?acquisto di alcolici ai ragazzi con meno di 16 anni, ma è davvero difficile che al supermercato venga richiesta la carta d?identità a un ragazzo che ha messo una bottiglia nel carrello della spesa. Chi va in discoteca e ha pagato profumatamente un biglietto che comprende la consumazione, difficilmente si berrà una bibita analcolica. Vita: Tutto rema contro, insomma. Celata: La prevenzione punta a questo: a ?disvelare? l?alcol. Se nella nostra società è un elemento scontato, bisogna impararne i limiti e comprendere che relazione si ha con questa sostanza: se rappresenta una stampella psicologica, allora c?è un problema, anche per consumi moderati o occasionali. Vita: Come è strutturata la vostra azione di prevenzione? Celata: Ci muoviamo su due fronti: una prevenzione di primo livello, orientata verso target diversi come le scuole medie, le aggregazioni giovanili, le scuole guida. Il lavoro si svolge con l?ausilio di un kit educativo multimediale e incontri di sensibilizzazione, poi una formazione vera e propria, assistenza tutoring e monitoraggio dei risultati. C?è poi una prevenzione di secondo livello, fatta su target più mirati (come scuole o realtà dove è già emerso il problema) in cui l?intervento è più specifico e fatto in gruppi più piccoli. Vita: Con quali risultati? Celata: Aumenta la rete di persone consapevolizzate. Dagli interlocutori, cioè insegnanti, istruttori, genitori, medici scolastici, fino ai destinatari, cioè i ragazzi, aumenta il numero di persone capaci di cogliere criticamente la questione alcol anche nella normalità dell?uso quotidiano. Un lavoro interessante, da questo punto di vista, si fa con la lettura critica del messaggio pubblicitario. Gli spot sugli alcolici, se ci pensate, puntano tutto sui codici emotivi, senza dare alcuna informazione sul prodotto. Attenzione, dunque. Una sostanza è tanto più pericolosa quanto è facile trovarla. E quanto prima si inizia a farne uso.


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