Formazione

Radiofreccia riparte dall’università

Network piccoli,attivisti e indipendenti stanno vivendo una stagione d’oro (di Massimo Gnone).

di Redazione

Non poteva chiamarsi diversamente, Facoltà di frequenza, la prima radio che invia il segnale direttamente dall?interno di un?università. Quella che tre anni fa sembrava solo un esperimento, oggi è una realtà consolidata e ascoltata. Il motivo di tanto successo lo chiarisce il caporedattore di Facoltà di frequenza, Romeo Perrotta, secondo il quale «la nostra forza è stata la capacità di rappresentare l?identità e il senso di appartenenza della comunità universitaria». La dimostrazione? Il ruolo che giocano gli studenti: da una parte, pubblico naturale delle trasmissioni, ma dall?altra soggetto attivo perfino nella gestione dei programmi. «L?esempio più eclatante sono le conduzioni in lingua. – rivela Perrotta – – Parliamo in italiano, inglese, spagnolo e persino in greco arrivando a coinvolgere così le comunità straniere inclusi i numerosi studenti originari della penisola ellenica». Il caso di Siena (dove esiste anche una laurea in Radiofonia e linguaggi multimediali e dello spettacolo), oltre ad essere sorprendente è anche la spia della rinascita di un movimento: quello delle radio comunitarie. La conferma arriva per bocca di Carlo Magistretti, direttore artistico della bolognese Radio Tau, di proprietà dell?Antoniano dei Frati Minori dell?Emilia: «Pur utilizzando lo stile proprio delle emittenti commerciali, e non lo siamo, ci distinguiamo dai network nazionali per l?attenzione alla comunità locale». Secondo Raffaele Palumbo, della fiorentina Controradio, che insieme ad altre 32 emittenti locali e regionali fa parte della rete di Radio Popolare, «senza il rapporto osmotico con il territorio la nostra emittente non potrebbe esistere: la struttura stessa della radio, l?organizzazione, il palinsesto, l?uso del telefono, la redazione, è tutto predisposto per ascoltare e dar voce alla comunità di riferimento». La passione per le notizie resta quindi la punta di lancia delle radio locali, «a patto che», commentano dalla storica Radio Città Aperta di Roma (on air dal 1978), «l?informazione sia capace di entrare in conflitto con il senso comune e abbia priorità diverse rispetto ai canali ufficiali». È dello stesso avviso Thomas Bendinelli della bresciana Radio Onda d?Urto: «Bisogna fornire chiavi di lettura: sono tempi in cui si fa troppa informazione inutile». Microfoni aperti ad associazioni di volontariato, enti locali, chiese e movimenti sociali, ma anche uno sguardo alla dimensione globale. Internet è l?agorà virtuale dove «quotidianamente ci si può scambiare interviste e programmi» e per alcune emittenti diventa il vettore esclusivo. «Trasmettiamo, solo online», spiegano i redattori della milanese Esseottoradio, « e, oltre a dare notizie che altri media non danno, il nostro scopo è promuovere arte e artisti emergenti». Radio Riot nasce nel 2000 come web-radio dedicata al punk, Flavio Cannistrà ne è il cofondatore assieme a Riccardo Bessone. «Non c?è alcun ricavo da quel che facciamo», dice, «semmai perdite, e i nostri collaboratori non sono stipendiati, ma lavorano solo per passione e amicizia». Oggi Radio Riot trasmette 24 ore su 24, pubblica una web-zine, cioè un «foglio elettronico di controinformazione», ed è anche un?etichetta indipendente che produce band musicali. L?avvento della trasmissione digitale resta un?incognita e le radio comunitarie aspettano ancora l?assegnazione delle frequenze. Spartirsi l?ambita torta, almeno per quelle realtà che non dispongono di ingenti risorse finanziarie e si confrontano con interessi più grandi di loro, non è compito facile. «I costi mettono le radio locali in una posizione molto pericolosa», sostiene Raffaele Palumbo di Controradio, «se escono dal mercato, vendendo le proprie frequenze, non ci entrano più, se cercano frequenze quasi sicuramente non possono trovarle perché sono nelle mani dei cosiddetti trader che le comprano e le vendono a pacchetti, rendendo l?acquisto possibile solo ai grandi network». «è un?emergenza quotidiana», rincara Daniela Grill, direttrice di Radio Beckwith, stazione radio valdese che dal 1984 si è conquistata un suo spazio informativo in provincia di Torino, «combattiamo una battaglia a colpi di soluzioni concordate con le altre emittenti e piccoli investimenti in nuove apparecchiature; contro i giganti la cooperazione può più della guerra». Intanto, come denuncia la redazione di Radio Città Aperta, si assiste a una silenziosa «corsa agli armamenti», quando si potrebbe utilizzare potenze di trasmissione molto minori riducendo così l?emissione di radiofrequenze e l?elettrosmog. Ma in questo capo regna ancora la legge della giungla.

Massimo Gnone


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