Raccomandazioni a un futuro membro del Parlamento Europeo

di Filippo Addarii

Ho pensato di condividere la mia nota a futuro membro del Parlamento Europe. che ne dici?


“Cara Alessia,

Ti mando una riflessione su quelli che dovrebbero essere i punti programmatici dell’agenda sull’innovazione e l’imprendtorialita’ sociali della prossima Commissione Europea e del nuovo Parlamento. Ti aggiuungo un breve premessa per illustrare il commino finora intrapreso e meglio calibrare l’azione futura.

Ovviamente non devo sottolineare a te l’opportunita’ unica che si presenta al governo italiano al quale tra qualche mese tocchera’ la presidenza dell’Unione proprio in un momento cruciale di transizione. E’ un momento perfetto per definire l’agenda  dei prossimi anni e restituire all’Europa la  leadership e all’Italia una leadership nell’Europa.

Ho elaborato questa riflessione granzie agli inputs degli amici della coop Lama (Legacoop) e agli spunti che ho preso da tante conversazioni con italiani e non. Come saprai passo la vita a fare ‘comizi’ in giro per l’Europa 🙂

Ovviamente queste sono raccomandazioni a puro titolo personale. Il sistema italiano e’ completamente ingessato e se chiedi indicazioni alle rappresentanze ufficiali otterai le solite banalita’. Di queste chiusure sono vittime i tuoi colleghi del Parlamento Europeo che, nella scorsa legislatura, si sono limitati a difendere interessi acquisiti e pure male se vogliamo prestare fede alla valutazione dei cooperanti e dei dirigenti rimasti in Italia.

Certamente i tuoi colleghi non hanno saputo creare nuove opportunita’ di sviluppo e di lavoro per il pullulare di innovatori e imprenditori italiani che spuntano ovunque come funghi. Tutto grazie alla crisi del lavoro…

Background

La storia delle politiche europee sull’innovazione e l’imprenditorialità sociali è recente e, se vogliamo ammetterlo, frutto di numerose coincidenze i cui effetti si sono sommati nel tempo. E’ un tipico caso di emergenza di una forma complessa.

Per stessa ammissione dei funzionari che hanno preso parte a questa vicenda, le nuove politiche non derivano da alcuna visione articolata della società e del suo sviluppo. Queste politiche sono, al contrario, delle etichette amministrative che hanno permesso di avviare delle azioni innovative rispetto a un contesto istituzionale refrattario al cambiamento, in un momento di grande difficoltà e incertezza della Commissione.

Io preferisco evitare il gergo e definisco questi fenomeni nuove forme di produzione economica e sociale che hanno carattere sociale tanto nella generazione che nella distribuzione della ricchezza, e che si preoccupano dell’impatto sociale e ambientale sul lungo periodo.

Il primo tentativo politico di esplorare queste nuove possibilità nasceva nell’ambito del dibattito sulla strategia economica dell’Unione: l’Agenda di Lisbona lanciata nel 2010. In quell’occasione si rifletteva su un nuovo modo di intendere le politiche sociali e di promuovere l’innovazione del Welfare.

Questo primo tentativo si perde nel più generale insuccesso dell’Agenda di Lisbona.  Gli Stati Membri non ottemperano agli impegni presi: a fallire è insomma  l’ ‘open method of coordination’. L’errore originale fatto dalla Commissione era stato quello di confidare interamente nella leadership dei governi.

Al maturare delle condizioni favorevoli ad azioni innovative da parte della Commissione si contribuiscono anche le prime chiare avvisaglie di una sempre più profonda crisi di legittimità dell’Unione. I cittadini bocciano infatti la Costituzione Europea nei referenda tenutesi  in Francia e nei Paesi Bassi (2005). La crisi economica scoppiata nel 2008 e di cui ancora paghiamo le conseguenze è il definitivo colpo di grazia.

Così sul finire del 2008, Barroso, nel pieno della revisione della nuova strategia economica dell’Unione, quella che diverrà Europe 2020,  in cerca di nuove proposte, si rivolge a un suo ex Ministro ora a Cisco: Diogo Vasconcelos. Proprio in quel periodo Diogo aveva cominciato a collaborare con Geoff Mulgan, CEO della Young Foundation e un tempo ‘Golden Boy’ dei New Labour sulla riforma dell’amministrazione pubblica e del Welfare. Diogo e Geoff convincono Barroso a introdurre l’innovazione sociale nella ‘Innovation Union’, una delle flagship initiatives di Europe 2020. La proposta è di aprire la strategia europea a soluzioni innovative che emergono nella società e dalla collaborazione  tra tutti i settori. Ovvero si apre all’idea della società intesa come un enorme  laboratorio d’innovazione, togliendo in questo modo  il monopolio detenuto fino a questo momento da Stato, grande  industria e università.

Segue di lì a poco il Commissario francese Barnier che inserisce l’imprenditorialità sociale tra le dodici leve per rilanciare il Mercato Unico come modo per riequilibrare crescita economica e coesione sociale. Nel 2011 Barnier lancia l’iniziativa sull’imprenditorialità’ sociale a gran fanfare radunando per l’occasione più di 800 delegati compresi i Britannici che, per la prima volta, ho visto entusiasti per un’iniziativa Europea.

L’Italia però, nonostante la sua grande tradizione che spazia dal volontariato cattolico, alle cooperative e all’imprenditoria illuminata rappresentata da pionieri come Adriano Olivetti, resta in seconda e terza linea in tutta questa vicenda. A parte pochi singoli nessuna delle grandi famiglie italiane all’inizio comprende l’opportunità di queste politiche. Anzi remano contro perché se ne sentono minacciati, e soprattutto perché’ l’idea non e’ nata da loro.

Risultati

1) In pochi anni l’innovazione e l’imprenditorialità sociali sono diventate politiche orizzontali, integrate in quasi tutte le politiche europee compreso quelle più impensabili,  per esempio trasporti.

Manca però un’agenda per le Istituzioni europee, che sono rimaste pressoché’ immuni all’innovazione. Non sono stati toccati i dinosauri istituzionali quali il Comitato Europeo Economico e Sociale

2) Le maggiori linee finanziarie dell’Unione hanno l’innovazione e l’imprenditorialità sociali tra le priorità (ad esempio fondi strutturali, R&D, politiche sociali) facendo dell’Unione il più grande finanziatore pubblico dell’innovazione sociale nel mondo.

Il regolamento per i finanziamenti europei però non è stato cambiato. Queste regole rappresentano il maggior ostacolo per l’utilizzo dei fondi europei per l’innovazione dal momento che non lasciano quasi nessun margine al rischio e alla sperimentazione

3) La Commissione ha avviato i lavori per trovare una definizione comprensiva e inclusiva di imprenditorialità sociale e misurazione di impatto sociale.

Però dagli inizi del 2014 i lavori si sono bloccati a causa dello scontro tra conservatori e riformatori. Gli italiani rappresentati a Bruxelles tendono a stare sul primo fronte. Anche il Commissario Barnier ha finito per arrendersi al fronte dei conservatori per ragioni meramente elettorali e riducendo il potenziale dell’impresa sociale al non-profit e a imprese che favoriscono l’accesso al mercato del lavoro dei gruppi vulnerabili (vedi conferenza di Strasburgo, gennaio 2014)

4) Lo European Investment Fund ha lanciato il primo fondo d’investimento europeo per l’imprenditorialita’ sociale aprendo un nuovo mercato per la finanza, anche quella privata.

Il fondo però è soltanto di €52m e resta irrisolto il problema  della  definizione dell’impresa e dell’impatto sociali al momento inadeguati alle veloci trasformazioni della società e dell’economia

Manca il coordinamento con iniziative omologhe e parallele quale quella del G8 taskforce for social impact investment (rappresentanti per l’Italia sono Mario Calderini, Mario La Torre e Giovanna Melandri)

5) E’ stata lanciata un’agenda per gli investimenti sociali, ovvero per la trasformazione del modello di welfare e di politiche sociali. E’ una rivoluzione copernicana perché si passa dalla spesa sociale all’investimento nelle persone per il benessere sociale e lo sviluppo economico.

La comunicazione è arrivata troppo tardi (fine 2013), i contenuti sono pasticciati perché si mettono insieme tutte le politiche sociali invece di distinguere tra spese e investimenti veri e propri, e non si da copertura finanziaria. Spetta alla prossima Commissione riprendere il lavoro.

Punti programmatici per la prossima Commissione e Parlamento (riferimenti ai punti precedenti)

1) La Commissione diventa credibile soltanto nel momento in cui applica la stessa medicina che propina a tutti gli altri anche a se stessa. E’ necessaria un’agenda dell’innovazione sociale per le istituzioni europee. Un punto di partenza potrebbe essere un pop-up lab da installare per tre/sei mesi a Berlyamont come centro di innovazione per reinventarsi le istituzioni, ma indipendente dalla gerarchia amministrativa e dall’agenda politica. Qualcosa del genere e’ stato sperimentato con MindLab dal governo danese e se ne parla già in Commissione.

2) Per quanto di una difficoltà enorme si dovrebbe riprendere in mano la revisione del regolamento dei finanziamenti europei per rivedere le normative che impediscono l’uso dei fondi europei per innovazione e imprenditorialità sociali.

3) Perché l’agenda sull’innovazione e l’imprenditorialità sociali riprenda si deve sbloccare il problema della definizione e soprattutto quello della misurazione d’impatto sociale. La definizione fondata sullo statuto legale, come vorrebbero i conservatori, non tiene più. Dall’altra forme complicate e laboriose come il social reporting non sono una soluzione fattibile. Bisogna esplorare le nuove opportunità che offrono la network science e Big Data. L’Italia potrebbe addirittura investire per diventare leader in network science creando un centro internazionale specializzato. Ci sono già centri di eccellenza nel paese come ISI di Torino e IMT di Lucca. A questo proposito ti segnalo l’Iniziativa di Stanford su computational social science:https://ed.stanford.edu/news/investigating-human-behavior-data-clicks-tweets-and-searches Ovviamente uno sforzo del genere potrebbe dare vita a una nuova generazione di istituzioni e standard e trasformare quelli esistenti: Bloomberg, rating agencies, accounting standards, database istituzionali, centri di statistica etc.

4) Social impact investing ha la possibilità di riconciliare finanza ed economia creando da una parte l’opportunità di riportare gli investimenti privati nell’economia reale, dall’altra di rifinanziare e rinnovare il modello sociale europeo. Oltre al punto precedente sulla misurazione dell’impatto sociale la Commissione deve uscire dal guscio e riallacciare una collaborazione con il G8 che si candida a stabilire gli standard internazionali di questo nuovo mercato della finanza. Mentre  la Commissione è bloccata da veti incrociati la taskforce del G8 produrrà i primi risultati per la fine dell’anno. Questa mossa è necessaria anche perché’ non si può lasciare questo compito soltanto ai finanzieri. E’ troppo importante!

5) Gli ultimi due punti convogliano su questo e la posta in gioco sale. Sospetto che l’ambizione che motiva l’agenda per gli investimenti sociali sia duplice: da una parte la creazione di un vero e proprio budget europeo che rafforzi il modello sociale europeo. Non escluderei la creazione di una forma di European social insurance. Sono dei gruppi tedeschi a proporla. Dall’altra la possibilità di scontare gli investimenti sociali dal calcolo del tetto del 3% sul deficit nazionale. Questo sarebbe un gran sollievo per tutti i paesi dell’Europa Meridionale, prima di tutte l’Italia, che così potrebbero ricominciare a investire senza contravvenire alle regole di Mastricht.

Aggiungo altri due punti che trovo necessari per completare  il quadro:

6) L’agenda per l’innovazione e l’imprenditorialità sociali deve essere estesa alla politica estera dell’Europa per sostenere l’azione delle  imprese sociali europee nel mondo. Questo è giusto, efficace e produttivo. Il modello sociale europeo è conosciuto e ammirato in tutto il mondo, l’Europa ha un budget di oltre €60 miliardi per la politica estera, ma sono gli Americani che promuovono l’imprenditorialità sociale in tutti i continenti grazie a network quali Aspen, Ashoka, Skoll Forum, Acumen Fund, Gates Foundation, Clinton Foundation tanto per citarne qualche d’uno. Che cosa sta aspettando l’Europa?

7) L’Italia ha bisogno di riorganizzare il proprio presidio europeo mettendo ordine nella rappresentanza e coordinando con razionalità ed efficacia gli sforzi pubblici e privati per promuovere i valori e gli interessi del paese. 20 anni di mancata leadership e di azione in ordine sparso si pagano. Spetta al governo però fare la prima mossa per razionalizzare le voci e connettere i cervelli. Quale migliore occasione per lanciare un’iniziativa che  il semestre di presidenza?!

Prossimi appuntamenti internazionali in Italia: la taskforce for social impact investment del G8 si riunirà a Roma il 28 – 29 Ottobre;  il Governo Italiano ospiterà la conferenza europea sull’imprenditorialità sociale a Milano il 17 – 18 Novembre 2014.

Filippo”

 

 

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