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Raccolte fondi per ospedali ed enti pubblici. È boom

Sono centinaia i crowdfunding e le campagne attive in tutta Italia. Ogni territorio sostiene i propri presidi sanitari. Ma attenzione alla rendicontazione. «Di fronte alle ondate di solidarietà è importante non deludere le aspettative», sottolinea il direttore scientifico della Scuola di Fundraising di Roma, Massimo Coen Cagli

di Lorenzo Maria Alvaro

L'emergenza dovuta al Coronavirus ha generato un'ondata di solidarietà che si è concretizzata nell'apertura di centinaia di raccolte fondi a favore degli ospedali ma anche degli anti locali.

«La miccia è stata accesa dall'iniziativa dei Ferragnez, che questa volta è stata fatta molto bene a differenza di quella per il loro matrimonio», spiega Massimo Coen Cagli, direttore scientifico della Scuola di Fundraising di Roma.

Chiara Ferragni e Fedez infatti hanno lanciato hanno aperto una raccolta fondi sul sito GoFundMe per l’ospedale San Raffaele di Milano, che nel momento in cui scriviamo, è arrivata a mettere insieme 3.821.199 euro dei 4 milioni di obiettivo. Fedez ha specificato sul suo profilo Instagram che «i proventi della raccolta fondi saranno usati per incrementare i posti letto di terapia intensiva a disposizione dell’intero Sistema Sanitario Nazionale».

Da questo esempio a macchia d'olio sono sono fioccate iniziative di ogni genere. In ogni territorio, in particolare tra i più colpiti dall'emergenza Covid19, sono nate tantissime inziaitive.

Sempre a Milano si può donare anche al Policlinico, mentre Banca Mediolanum ha aperto un conto corrente a cui si può donare per aiutare l’acquisto di attrezzatura al reparto di virologia, microbiologia e bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano (struttura che ha anche un conto su cui fare donazioni dirette).

Nella Lombardia epicentro del contagio poi si può donare direttamente alla Regione, in modo da aiutare tutte le aziende ospedaliere lombarde indistintamente attraverso un conto corrente.

A Bergamo l'ospedale Papa Giovanni XXIII ha messo a disposizione un conto corrente e per la stessa struttura CESVI, ha organizzato una raccolta fondi su GoFundMe per aiutare il reparto di terapia intensiva.

La Fondazione Spedali Civili di Brescia ha organizzato una raccolta fondi «per acquistare immediatamente, per i propri presidi e per tutti gli ospedali della provincia di Brescia, materiali e dispositivi necessari alla cura dei pazienti colpiti da coronavirus». Il Giornale di Brescia invece ha organizzato una raccolta fondi intestata alla Fondazione Comunità Bresciana Onlus.

La Fondazione Libertà di Piacenza ha aperto infine un conto corrente per le donazioni che saranno destinate all’Azienda sanitaria locale (AUSL) per l’acquisto di attrezzature, dispositivi e materiali utili a medici, infermieri e a tutto il personale medico.

Anche l'Emilia Romagna, colpita duramente dall'emergenza vanta tantissime raccolte. C'è la Fondazione Policlinico Sant’Orsola che ha avviato una campagna di raccolta fondi in accordo con il policlinico omonimo, per aiutare i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari con una pagina dedicata. A Parma per sostenere i reparti dell’ospedale Maggiore impegnati nell’affrontare l’epidemia, si può fare una donazione con bonifico bancario mentre il Comune ha organizzato una raccolta fondi da destinare alle esigenze sanitarie e sociali causate dalla diffuzione del coronavirus. Si può donare direttamente online dal sito. A Modena si possono sostenere altri enti, come l’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Modena.

Per vedere tutte le campagne attive Italia Non Profit ha aperto una pagina che si chiama “Sosteniamo gli ospedali italiani” che le raccoglie tutte e a cui si possono segnalare quelle che mancano all'appello.

Come si spiega un così grande sforzo solidale in un ambito, quello sanitario, per cui di fatto i cittadini hanno già pagato le tasse?

«Ci sono due aspetti da sottolineare», spiega Coen Cagli, «il primo è che si tratta di una causa su cui naturalmente c'è una forte sensibilità. Come sempre il fundraising è trainato da una buona causa. Se c'è una buona causa queste campagne tendono a funzionare sempre, sopratutto se, come in questo caso, è supportata da una massiccia informazione come sta accadendo in questi gironi».

La seconda ragione per il direttore è che «a dispetto di quello che spesso si pensa degli italiani nella nostra cultura il senso di solidarietà che si concretizza anche mettendo a disposizione risorse è molto forte. A volte non sembra ma sotto le ceneri c'è la brace ardente».

«È interessante notare che i Ferragnez volevano fare questa campagna a favore di un ospedale pubblico. Ma hanno poi dovuto ripiegare su una struttura privata per eigenze organizzative: le istituzioni pubbliche non sono strutturate per fare cose simili. Basti pensare che la bellissima trasmissione “L'Italia Chiamò” di Repubblica con Riccardo Luna contiene una raccolta fondi per la Protezione Civile. Bene, la proposta è una campagna online che propone come unico modo per donare un Iban e un capitolo della ragioneria di Stato. Vuol dire che le istituzioni pubbliche non sono all'altezza. Ci deve essere almeno PayPall. Così si è fuori dal mondo. Non voglio buttare loro la croce addosso, è una situaizone complicata. Speriamo però che questa emergenza aiuti a far capire l'importanza del fundraising per gli enti pubblici».

Non mancano però le criticità.
Come si legge nella proposta della Fondazione Policlinico Sant’Orsola a favore, «gli investimenti necessari per attivare nuovi posti in terapia intensiva sono per ora coperti dai fondi della Protezione civile», per questo i proventi della raccolta andranno ad aiutare concretamente le persone che lavorano negli ospedali attraverso, ad esempio, voucher per la spesa, ad esempio.

Questo anche in ossequio al fatto che l'acquisto e la distribuzione dei presidi medici, dalle mascherine ai respiratori, sono stati accentrati. Sarà il commissario all'emergenza Domenico Arcuri, chiamato proprio per occuparsi degli approvvigionamenti, che si occuperò di acquistare e distribuire al Sistema Sanitario Nazionale i beni necessari.

Eppure moltissime raccolte fondi hanno come motivazione la crisi delle terapie intensive.

«È chiaro che in un momento come questo per raccogliere fondi basta sollecitare lo spirito di solidarietà attorno a un grande problema. Ma la raccolta fondi non è solo questo. Se la vogliamo fare bene, sopratutto per quello che riguarda le istituzioni pubbliche, deve essere accompagnata da due caratteristiche fondamentali», sottolinea Coen Cagli, «la prima è la chiarezza negli obiettivi. I soldi si danno per dei progetti. Quindi bisogna avere le idee molto chiare su come verranno impiegati i fondi. La seconda è che bisogna essere pronti a rendicontare tutto. Non è solo una questione di onestà. Nessuno crede che questi soldi verranno distratti. È un discorso di efficacia: far vedere che le raccolte fondi producono cambiamenti significativi».

Qual è il rischio? «Che se le cause sociali per cui si chiede uno sforzo ai donatori non sono realistici alla lunga invece di produrre consenso producono problemi e disaffezione nella gente. Abbiamo già avuto diversi casi. Penso ad esempio al terremoto del Centro Italia. Al tempo si raccoglievano i soldi dicendo che erano per la ricostruzione. Molto spesso poi furono usati pe raltro. Il che non significa che siano stati usati male. Ma che chi ha donato però non vede i suoi soldi destinati alla causa per cui si era ingaggiato. Il rischio è vedere tanti soldi oggi e sempre meno donatori affezionati domani».

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