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Raccolte fondi, arriva la trasparenza

Il Terzo settore sceglie l’autoregolamentazione. Chi fa appello alla generosità della gente dovrà sottostare a un codice che stabilisce regole di comportamento e di gestione. Per tutelare chi dà e

di Gabriella Meroni

Capita a tutti di dare i propri soldi per una buona causa, convinti di aver fatto del bene. Ma poi, quante volte riusciamo a sapere che fine ha fatto la nostra offerta, come è stata utilizzata, se ha raggiunto davvero le persone che volevamo aiutare? Quasi mai. Per questo, la prossima volta – ci diciamo – staremo più attenti, cercheremo maggiori informazioni. Da oggi però non sarà più così. Anche in Italia, infatti, sono state da poco elaborate alcune regole, raccolte in una ?Carta delle donazioni?, a cui dovranno attenersi le organizzazioni non profit quando chiedono i nostri soldi per le loro attività. E la prima regola è proprio la trasparenza, cioè la risposta alla domanda ?che fine faranno i miei soldi? che ogni donatore si pone mettendo mano al portafoglio. Una risposta tanto più urgente se si considera che ogni anno le donazioni degli italiani sfiorano l?impressionante cifra di 7.000 miliardi. La Carta della donazione, che sarà presentato a Milano in un convegno promosso da Sodalitas il 17 marzo (per informazioni 02/58370293), è il frutto del lavoro comune di realtà rappresentative dell?associazionismo italiano, come Forum del Terzo settore, Summit della solidarietà, Movi, Cnca, Misericordie, Auser, Cisp, oltre a Sodalitas e all?Università di Forlì. L?Italia si allinea così ad altre nazioni europee, come la Francia (vedi box) e la Germania, dove da tempo – e prima che lo facesse lo Stato – gli enti di Terzo settore hanno elaborato al loro interno una certificazione di qualità che ne garantisce procedure e obiettivi. «Sì, come manager coinvolti nel volontariato abbiamo cercato di muovere le acque», ammette Maria Teresa Scherillo di Sodalitas. «Lo Stato è in ritardo con l?authority e i decreti attuativi della legge sulle Onlus? A noi non interessa, invece di denunciare siamo partiti con un?iniziativa di cui si sentiva il bisogno». Trasparenza della raccolta di fondi, chiara destinazione delle somme raccolte, riservatezza del donatore, attendibilità del messaggio pubblicitario, e poi sistemi di rendicontazione, rigorosa gestione contabile e presentazione di bilanci annuali: questi i punti cui dovranno uniformarsi le associazioni aderenti alla Carta, la cui attuazione definitiva dovrebbe portarle a essere titolari di un vero ?marchio? di qualità. Anche se ci vorrà del tempo, si può dire che un primo passo verso una maggiore consapevolezza del Terzo settore è stato compiuto. «Un sistema come il nostro, che sta passando da un welfare inefficiente a un sistema misto in cui non profit ha crescenti responsabilità, doveva fare uno sforzo di trasparenza», spiega Andrea Petrucci, del Summit della solidarietà. «Finalmente si comincia a capire che il cittadino non è stupido: è disposto a dare, ma solo se conosce l?ente e si fida di lui». È soddisfatto della Carta anche un altro dei promotori, il coordinatore del Forum del Terzo settore Nuccio Iovene: «Questo codice è prezioso perché nasce dalla collaborazione di soggetti diversi», sottolinea. «Con i quali stiamo già pensando agli strumenti per rendere operativa la Carta, cioè un sistema di certificazione. Con questa iniziativa, che segue il codice sulle raccolte fondi televisive elaborato dal Segretariato sociale della Rai, il Terzo settore italiano sta dimostrando che sa fare la propria parte. In attesa che il governo faccia la sua…». Una dimostrazione di maturità da parte delle associazioni non profit italiane, dunque. Che chiedono per prime regole certe per tutti. «La questione delle donazioni è fondamentale», dice un altro promotore del documento, Antonio Mazzetti dell?Auser. «Desideriamo la chiarezza per evitare che nella confusione qualcuno se ne approfitti. Ho un unico dubbio: certe procedure, pur necessarie, potrebbero essere complicate per le associazioni più piccole». Una preoccupazione superata dal presidente delle Misericordie, Francesco Giannelli: «Vorremmo che spirito e contenuti di questa Carta fossero condivisi da tutte le realtà che fanno capo alle Misericordie, anche le più piccole. La svolta culturale cui siamo chiamati è decisiva». Fin qui i commenti dei protagonisti di questa iniziativa. Ma cosa ne dicono gli esperti italiani di economia sociale, i professori del non profit? Dalle loro dichiarazioni si evince che la teoria sia diventata finalmente realtà. «La Carta è utile perché fissa dei limiti di tipo non solo esortativo, ma sostanziale», dice il professor Giorgio Fiorentini, docente di Economia delle aziende non profit alla Bocconi di Milano. «Cosa tanto più importante quando il donatore non è un privato, ma un?azienda. Se per il privato poteva andare bene un decalogo moraleggiante, all?azienda i discorsi tipo ?fidati di me? non interessano. Servono i bilanci, il marketing. Altrimenti gli sponsor sociali scappano». Apprezza la Carta ma punta il dito contro le mancanze di legge Ugo Ascoli, professore di Politica sociale all?Università di Ancona. «Spero che questa Carta serva a evitare abusi, anche perché la legge sulle Onlus è talmente vasta e vaga che temo si possano definire Onlus anche enti che non meriterebbero tale qualifica». Infine, il professor Carlo Borzaga, docente di Politica Economia all?Università di Trento e indicato da alcune voci come possibile presidente della costituenda authority sulle Onlus, auspica che la Carta possa dare impulso alle donazioni. «Uno dei limiti del non profit italiano è confidare nei finanziamenti pubblici», afferma. «Questo ha depresso la capacità innovativa del settore. Uno dei sistemi per rianimarla, secondo me, sta nel rilanciare la donazione, un margine di libertà per l?azione delle associazioni stesse». Se diventerà presidente dell?authority, professore, se ne ricorderà? Così le regole in Francia In Francia la ?carta delle donazioni? è una realtà dal 1989. In quell?anno un gruppo di 19 associazioni non profit diedero vita al ?Comitato per una carta deontologica delle associazioni sociali e umanitarie che fanno appello alla generosità pubblica?, organismo che anticipò le leggi dello Stato (arrivate nel 1991) nel regolamentare le raccolte di fondi. In contemporanea venne creato anche un ?Comitato di sorveglianza? – composto da volontari – che garantisse l?applicazione dei principi sanciti dalla carta da parte degli aderenti. Oggi le associazioni del Comitato sono 43, ciascuna delle quali nomina un ?censore? che garantisca dall?interno l?applicazione delle regole. In particolare, chi aderisce al Comitato si impegna a promuovere un?assoluta trasparenza finanziaria, un elevato standard delle azioni e dei messaggi, un metodo rigoroso nella raccolta fondi e la realizzazione degli obiettivi per cui i fondi sono stati richiesti. Possono entrare a far parte del Comitato le organizzazioni non profit a carattere sociale o umanitario che si reggano da almeno due anni sulla generosità pubblica e realizzino una colletta annuale di importo superiore a un minimo stabilito. Ogni anno, poi, ciascuna organizzazione subisce un controllo che accerta il mantenimento dei requisiti richiesti per continuare a far parte del Comitato. Una serie di controlli incrociati, dunque, garantisce i francesi sul buon utilizzo delle loro donazioni.


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