Non profit

Raccolta fondi/1. A chi vanno i contributi dei lettori

Le organizzazioni umanitarie italiane stanno lavorando con le popolazioni locali per tamponare l'emergenza (di Emanuela Citterio e Carmen Morrone).

di Emanuela Citterio

La grande moschea, con le sue cinque cupole nere, una delle più maestose dell?Indonesia, è l?unico edificio rimasto nelle immagini che arrivano da Banda Aceh. Qui Aifo lavora da dieci anni per la riabilitazione delle persone disabili, che rappresentano fra il 7 e il 10% della popolazione, secondo le stime dell?Organizzazione mondiale della sanità. Ora gran parte del personale locale, che conduceva il progetto, risulta disperso. Con il ministero della Sanità indonesiano e l?Oms, l?ong italiana ha diffuso un nuovo modello per affrontare la disabilità che parte dal coinvolgimento diretto della comunità. La base sono gli stessi disabili, che formano gruppi di auto-aiuto per facilitare l?inserimento nel mondo del lavoro e lo sviluppo di piccole attività produttive. «Ora tutte le attività subiranno uno scossone», dice Giovanni Gazzoli, direttore dei progetti di Aifo. «Siamo intervenuti con 10mila euro per fronteggiare la prima emergenza, consegnandoli ai nostri referenti in loco, che possono valutare i bisogni e intervenire subito». In attesa delle adozioni La costa che si affaccia sul mare delle Isole Andamane, popolata di pescatori, è stata la più colpita. Nel distretto di Takua Pa sono morte 3.500 persone e 2.300 risultano disperse. A Bang Muang c?è il principale campo di rifugiati. Qui sta lavorando Terre des hommes. «Sono partiti i lavori per la costruzione di 5 strutture per i bambini. Il governo fornirà uno psicologo e due assistenti sociali, noi i tavoli e i materiali educativi. Poi partiranno le adozioni a distanza». Il distretto di Pang Ngha è stato visitato da Shihab Uddin Ahamad, coordinatore locale di ActionAid. Nel suo Report from the field osserva la necessità di inviare psicologi per i sopravvissuti. Il coordinatore Saroj Das invece è stato alle Andamane. «Finalmente abbiamo potuto raggiungere le popolazioni primitive», racconta. «Servono protezioni contro le zanzare, oltre che medicinali per combattere la dissenteria». Dall?acqua ai mattoni In Sri Lanka, i ragazzi della casa salesiana di Negombo stanno impastando mattoni. Avevano seguito un corso pochi mesi fa. «Se non mettiamo in atto subito azioni di sviluppo umano rischia che sia spazzato via il futuro di milioni di bambini: una generazione». A lanciare l?allarme è Antonio Raimondi, presidente del Vis, la ong dei salesiani cui il governo dello Sri Lanka ha affidato (con altre ong) il compito di occuparsi dei bambini. In Sri Lanka sono impegnati anche i volontari di Cbm, associazione che dagli anni 60 promuove l?integrazione dei disabili. Cbm ha partecipato ai soccorsi sin dal primo giorno, distribuendo pasti caldi e kit di sopravvivenza. Rolf Muggenburg, il coordinatore locale, racconta: «Stiamo potabilizzando l?acqua e fornendo cibo, vestiti, farmaci. È stata avviata la fase due con la costruzione di tende familiari per i profughi». In Sri Lanka è arrivato il cargo organizzato da Intersos, con generi di prima necessità. Ma la ong delle confederazioni sindacali italiane sta pensando già al dopo.«Stiamo programmando la ricostruzione di scuole, presidi sanitari e abitazioni, in collaborazione con le comunità di srilankesi di Roma e Colombo», spiega Lucio Melandri, responsabile dell?emergenza Asia di Intersos.

Emanuela Citterio Carmen Morrone


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