Formazione

Qui scoppia la bolla dell’etica

Si parla di etica in economia. Imprenditori, manager, economisti fanno a gara a decantare le sue virtù.

di Francesco Maggio

Un anno fa nessuno ci avrebbe scommesso. Un anno fa, quando di questi tempi si cominciava a capire quanto marcio avrebbe sputato fuori il caso Parmalat, nessuno si sarebbe immaginato che la tanto evocata etica sarebbe diventata una delle parole più usate e abusate del linguaggio economico. Certo, proprio perché quello che da lì a poco si sarebbe rivelato il più grande scandalo finanziario della storia italiana rendeva evidente a tutti i danni che è capace di produrre un capitalismo super spregiudicato, c?era da augurarsi che finalmente anche da noi si aprisse un dibattito serio su etica e affari. E quella era l?occasione buona per un salto di qualità. Altro che chiacchiere, insomma. In realtà è accaduto un fatto piuttosto paradossale. I primi mesi del 2004 sono stati caratterizzati soprattutto da distinguo, rimpalli di responsabilità (clamoroso quello delle banche dichiaratesi in un primo momento ?vittime del sistema?), annunci di provvedimenti legislativi severissimi per ridare fiducia ai risparmiatori. Ma l?etica ha fatto, nel complesso, poco capolino sui media. Lo dimostrammo con la nostra indagine L?etica in pagina (su E&F n. 7/2004) da cui emerse che nei primi sei mesi dell?anno i temi della responsabilità sociale d?impresa e della finanza etica avevano avuto sui sei maggiori settimanali economici addirittura meno spazio rispetto allo stesso periodo del 2003. Dopo il silenzio, attivato il turbo Poi, invece, si è aperta una seconda fase in cui l?etica ha messo il turbo. Mentre, peraltro, cominciava miseramente a tramontare lo spirito bipartisan con cui si voleva mettere mano a una legge sul risparmio, sulla falsariga di quanto avvenuto negli Stati Uniti con la Sarbanes-Oxley dopo i vari ?casi Enron? (ci provarono Giorgio La Malfa ed Enrico Letta, ma furono presto ?impallinati?), ecco che l?etica è diventata la parola d?ordine prediletta di economisti, imprenditori, finanzieri, manager, avvocati, commercialisti, consulenti. Non mancano, evidentemente, tesi suggestive. Come, per esempio, quella sostenuta di recente dall?amministratore delegato di Pirelli e Telecom Italia, Carlo Buora, per il quale «l?etica viene prima anche di qualsiasi criterio e strumento che permetta a un?organizzazione nel rispetto delle regole, di creare valore nel tempo attraverso l?efficacia strategica e l?efficienza gestionale». Una presa di posizione ?impegnativa?, non c?è che dire, non solo per chi l?ha assunta ma anche perché va oltre addirittura la definizione di responsabilità sociale d?impresa contemplata dal libro verde della Commissione europea per cui essa è «l?integrazione su base volontaria da parte delle imprese (quindi integra, non viene prima, come attesta Buora, ndr) delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate». Ma il punto è un altro. A tanti bei proclami, fanno poi coerentemente seguito i fatti? Non è che vige una sorta di proporzione inversa tra il parlare di etica e agire eticamente? In altri termini, non è che forse anche l?etica ormai è a rischio bolla? Se il termine si inflaziona così tanto al punto da perdere ogni valore, che succede? È chiaro che il paragone è con la nota bolla della new economy, sebbene qui non ci siano titoli che acquistano giorno dopo giorno quotazioni vertiginose prive di ogni ancoraggio ai fondamentali. Qui ci sono solo parole in libertà, anche se è vero, come è accaduto con il collocamento della terza tranche dell?Enel, che l?etica può rivelarsi anche un ottimo argomento per convincere gli investitori ad acquistare un titolo. Qui c?è solo un gran parlare di etica al punto che sembra che nel mondo della finanza e dell?industria vivano solo dei santi. Come stanno davvero le cose? Giuseppe Turani, nella prefazione al libro di Matthew Josephson Capitalisti rapaci (Orme editori), ricorda che «il capitalismo non è mai un pranzo di gala». Perché in tanti vogliono far credere il contrario? Il Nobel per l?economia, Vernon Smith è convinto «che i comportamenti non etici siano relativamente esigui. Molto importante è il ruolo di una stampa libera che li porti alla conoscenza del pubblico». E se non fosse etico che tanti parlino a ruota libera di etica? Abbiamo girato queste domande ad alcuni osservatori privilegiati delle vicende economiche di casa nostra, seguendo, in un certo senso, il consiglio di Smith.


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