Cultura

Qui, niente da nascondere

Magdi Allam accusa: «Quella moschea è contro la volontà dei cittadini». Così un coraggioso tentativo di dialogo e integrazione è diventato terreno di polemica

di Sara De Carli

Non la chiama moschea, ma ?casa di vetro?. Perché il progetto per il nuovo Centro culturale islamico di Colle Val d?Elsa è così: di cristallo. Una scelta doppiamente simbolica: da un lato la trasparenza, dall?altro l?integrazione. Trasparenza perché da sempre Feras Jabareen, stimatissimo imam della cittadina toscana, è citato come esempio di Islam moderato; integrazione perché Colle Val d?Elsa è la città del cristallo, dove si produce il 95% dei cristalli italiani. E comunque Jabareen di moschea non vuol parlare. Perché è «stanco e abbattuto da una vicenda che dura dal 1999» e perché «qualsiasi parola in questo momento servirebbe solo ad alimentare polemiche, che non servono a nessuno». L?anatema di Allam La tensione è salita dopo che il 2 marzo un comitato di colligiani ha depositato in Comune la richiesta di indire un referendum sulla costruzione nel parco San Lazzaro di questo Centro culturale islamico con annesso luogo di preghiera: richiesta che Magdi Allam ha ripreso sul Corriere della Sera, criticando la scelta di costruire una «megastruttura che dovrebbe servire a non più di una decina di fedeli». L?effetto è stato quello di riaprire, in piena campagna elettorale, il dibattito dello scorso ottobre: si devono o no costruire nuove moschee in Italia, visto che (è l?assunto neanche troppo sottointeso di Magdi Allam) le moschee sono luogo in cui si predica il terrorismo? In realtà il Centro culturale islamico di Colle Val d?Elsa è quanto di più lontano dal terrorismo si possa immaginare. Perché Jabareen è sempre stato in prima linea nel condannare ogni violenza ed estremismo e perché per la prima volta in Italia il Centro – moschea inclusa – sarebbe gestito nella sua attività ordinaria e straordinaria da un comitato scientifico di garanzia composto da otto membri, quattro nominati dal sindaco di Colle Val d?Elsa e quattro nominati dall?Associazione Comunità dei musulmani di Siena e provincia. Così recita all?art. 4 il protocollo d?intesa firmato il 20 dicembre 2004: nove articoli funzionali alla realizzazione del Centro, primo esempio di accordo fra una istituzione dello Stato e la confessione islamica, con cui ancora manca un?intesa nazionale. Altro che moschea eterodiretta e finanziata dai paesi sauditi. Art. 5: tutte le attività del Centro sono aperte al pubblico. Art. 8: l?associazione si obbliga ad adottare, all?interno delle aree suddette, la lingua italiana, fatta eccezione per particolari attività di culto. Art. 9: la violazione di uno soltanto dei principi del protocollo, o l?eventuale condanna penale di componenti dell?organo direttivo dell?associazione per aver commesso direttamente o indirettamente attività illegali legate alle attività del Centro culturale, potrà essere valutata dalla Giunta come motivo di risoluzione di ogni contratto. Protocollo innovativo Un protocollo innovativo, di cui nessuno ha parlato. Lo fa Jabareen, ma senza toni polemici: «È un atto coraggioso dire che la nostra vita religiosa dipende dallo Stato italiano. Abbiamo voluto un comitato di gestione misto perché il nostro obiettivo è quello di creare un centro culturale islamico italiano, dove circolino idee italiane, persone con mentalità italiana. Questa per me è integrazione. Se volevamo solo un luogo di culto avremmo comprato un garage: avremmo speso meno di quanto è costato il solo progetto del Centro». La parola magica Ecco la parola magica di questi tempi: integrazione. Che però Jabareen declina in un altro modo: «Ho girato tanto, e ho visto molte comunità islamiche muoversi in modo incredibile verso il dialogo, crescere verso l?essere un Islam italiano, con idee riformiste moderate. L?integrazione non la fanno i politici o i giornalisti, e nemmeno i capi religiosi: l?integrazione la si fa ogni giorno. Il lavoro è importante, ma l?abbiamo quasi tutti: se poi ognuno torna a casa sua, si chiude dentro e continua a vedere solo quello che ha sempre visto, cosa cambia? Integrazione è coinvolgere tutti i cittadini stranieri nella vita sociale, in tutte le dimensioni della vita sociale. In questo la scuola pubblica è un tassello fondamentale». E la reciprocità? E il fatto che in molti paesi islamici i cristiani la libertà di culto se la scordano? «Ha ragione, ma noi siamo qua e abbiamo il diritto di vivere secondo le leggi italiane, libertà di culto inclusa: non c?è nessuna legge che vieta di costruire moschee». Diritti lesi La tentazione è quella di crogiolarsi un po? e di pensare al protocollo di Colle Val d?Elsa come a una perfetta dimostrazione della buona volontà italiana di andare incontro alle richieste dei musulmani d?Italia. In realtà l?Osservatorio delle libertà e istituzioni religiose dell?università Cattolica di Piacenza ha giudicato il protocollo come una «lesione di diritti costituzionali riconosciuti». A danno dei musulmani, naturalmente. Secondo questi esperti infatti l?«ossessione per la sicurezza tradisce una cautela eccessiva e determina alla comunità islamica l?imposizione di moduli organizzativi che mortificano la libertà e l?autonomia ad essa riconosciuta dalla Costituzione». Ma Jabareen questo non lo dice. Ésprit de finesse.


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