Non profit

Qui le mamme si danno una mano

di Carmen Morrone

Giro, girotondo… e non casca il mondo. Almeno, se il girotondo è quello di Caf onlus, dove le neomamme si aiutano e riescono ad affrontare momenti di disorientamento. La maternità infatti è un evento entusiasmante, ma anche tanto faticoso. Per questo Caf – Centro aiuto al bambino maltrattato e alla famiglia in crisi dal 2010 ha aperto uno spazio dedicato alle madri di bambini da 0 a 3 anni. Nella storica sede milanese del Gratosoglio è stato ricavato un appartamento al piano terra con salotto, cucina, bagno. Arrivare al Girotondo è come entrare in una casa: bambini che giocano sul pavimento, che si rincorrono, qualcuno sta sgranocchiando un biscotto e le mamme sono indaffarate attorno alla tavola per preparare la merenda.
Fra loro le educatrici. Nessun ospite si sente osservato, giudicato. Sono mamme che hanno delle fragilità, ma non si sentono “guardate a vista” o in terapia. «Sono i consultori, le ostetriche, a segnalarci le donne che vivono momenti di difficoltà: si va dalla 14enne sudamericana alle single di diverse nazionalità, alle donne a rischio di depressione post partum. Ce ne sono di tutte le età, di tutti i ceti sociali», spiega Francesca Imbimbo, capo progetto de Il Girotondo. Si può fare girotondo il lunedì e il giovedì dalle ore 9.30 alle 12.30, nel corso di questi anni sono state una cinquantina le mamme che hanno deciso di “farsi un giro”. Qualcuna per poche settimane, altre anche per due o tre anni. «Non c’è un’iscrizione, le mamme sono libere di frequentare lo spazio quante volte vogliono. Anche chi lo fa saltuariamente non disturba il gruppo che solitamente si forma e si consolida durante l’anno. L’idea del Girotondo, infatti, è quella di andare in un posto per “stare” con qualcuno e non per “fare” qualcosa», aggiunge Imbimbo.
La mattina al Girotondo si apre con l’accoglienza svolta dalle operatrici, poi un momento di gioco libero. C’è una scaletta per aiutare i bambini, soprattutto più piccoli, a capire che ci sono dei ritmi. L’educatrice, però, è in grado di modificare il programma a seconda del gruppo. A metà mattina si fa merenda: tutti insieme fra salotto e cucina. Poi i bambini sono coinvolti dalle educatrici in alcune attività adatte alle loro età: lavorano sul pavimento o ai tavolini, ad esempio sperimentano i materiali come l’acqua, la farina con travasi, e fanno pitture con le mani. Per le mamme comincia la pausa caffè. È un momento in cui possono lasciare in tutta sicurezza il loro bambino e fare due chiacchiere con le altre mamme e con le educatrici. Si spostano in un’altra stanza e questo aiuta la relazione con il bambino che impara a stare da solo senza sentirsi abbandonato. Alla fine c’è di nuovo il gioco libero e mamme e bambini del Girotondo si salutano con una canzoncina.
«L’idea che c’è stata sin dall’inizio è stata quella di andare incontro a un bisogno espresso dalle famiglie, pensando a situazioni in cui la mamma sta a casa con suo figlio in una città come Milano dove non è frequente la rete di relazioni che invece persiste nei centri più piccoli», aggiunge Imbimbo. Il Girotondo serve a far sentire le mamme meno sole, fa prevenzione. Nasce, infatti, dall’esperienza ultratrentennale di Caf, una comunità che ospita i bambini allontanati dalla famiglia da parte delle autorità per casi di maltrattamenti e abusi.
Anche in questa sua opera il Caf valorizza la famiglia «perché parte dalla certezza che il contesto ottimale di crescita per un bambino sia la sua famiglia», spiega Imbimbo. Per questo avviamo un percorso con le famiglie d’origine, perché i genitori possano recuperare il loro ruolo». Dal 1979, anno in cui Caf è stato fondato da Ida Borletti, ha accolto ? e soprattutto «curato», come tiene a precisare Imbimbo ? oltre 750 minori. «Caf è un centro specialistico», conclude Francesca Imbimbo, «siamo una comunità con forti competenze nella gestione del trauma. Sempre più spesso gli allontanamenti vengono fatti quando le situazioni familiari sono gravi e i bambini arrivano da noi molto traumatizzati. In questi casi, senza professionisti preparati, si rischia di confondere un disagio dovuto al maltrattamento con un vero e proprio disturbo psichico. Con ricadute diverse sulla salute del bambino».

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