Formazione

Qui la campanella la suonano i pap

Il provveditore aveva deciso di chiudere i battenti dell’istituto di Antegnate. Ma i genitori si sono ribellati e da settembre hanno deciso di fare da sé.

di Roberto Beccaria

Bergamaschi, gente che quando inizia un lavoro lo porta a termine. E bene. Costi quel che costi. E poi, si sa, scarpe grosse cervello fino. È quello che insegna il paese di Antegnate, nella Bergamasca. Quello balzato alla ribalta delle cronache per la sua scuola media autogestita. Che continua a esistere, anche se nessuno ne parla più: una scuola pubblica che deve essere chiusa, un paese intero che insorge, la scuola che viene gestita dai genitori. Sono 51 i bambini ?cavie? di questo esperimento unico in Italia. Altrettante le famiglie che si sono date da fare per trovare i professori, per darsi i turni di pulizia dell?edificio, per essere presenti a scuola come bidelli. E anche il Comune ha fatto la sua parte. Il provveditore agli studi di Bergamo aveva comunicato l?intenzione di chiudere la scuola alla fine dello scorso anno scolastico. Troppo tardi per impedire al Comune di mettere a bilancio preventivo le spese scolastiche. E così l?amministrazione si è trovata una voce in bilancio che non poteva più cancellare. Insomma ognuno ha fatto la sua parte per promuovere il progetto di una scuola autogestita dai genitori. Ma adesso, che fine ha fatto? Hanno vinto i razionalizzatori delle scuole di Stato o i genitori? Molti si sono occupati della vicenda, perché faceva cronaca. Ma poi nessuno ha più seguito la storia, che è andata avanti. Fino a oggi. E nelle parole di due protagonisti di questa impresa, si leggono tutta la passione e lo spirito di iniziativa tipici bergamaschi. «Era un furto, non lo abbiamo permesso» Silvio Riva è uno dei genitori che gestiscono la scuola. Ha una figlia in prima media. E quando ha saputo che Laura avrebbe dovuto prendere il pullman tutte le mattine per fare i due chilometri che l?avrebbero separata dalla sua nuova scuola, non ci ha visto più. «Ci volevano portare via la scuola e nessuno di noi ha permesso il furto». Non usa mezzi termini, Silvio Riva. Nemmeno quando deve metterci del suo. È nata, infatti, una cordata di genitori, disposti a mettere tempo e soldi a disposizione dell?educazione dei loro figli. E Riva non si è trovato solo. Antegnate ha 2.200 anime e ognuno ha fatto la sua parte. In totale, finora, hanno raccolto 25 milioni, che sono bastati appena a pagare gli stipendi dei nove professori. Nessuno assunto, certo: tutti laureati o laureandi. Comunque tutti in grado di essere supplenti in qualsiasi altra scuola. E riscaldamento, telefono, luce? Il bilancio comunale, dicevamo. Si è montato il caso. Qualcuno, forse, ha anche intravisto un?ottima occasione per farsi pubblicità. E giù gli sponsor: ditte, fabbriche, aziende che si interessavano della vicenda. Amanti del profitto, d?accordo. Ma anche della cultura. Così, contro ogni prospettiva di successo, sono partiti. E dopo due mesi, sono ancora lì. Saldi, ma anche traballanti. «Occorrono altri soldi», conclude Silvio Riva. «Per questo dal 6 all?8 dicembre faremo una grande festa di paese». Dove non verranno vendute solo le classiche salamelle con la polenta. Gli slogan dell?iniziativa, infatti, saranno ?Compra un libro, salva una scuola? o ?Qui si vende cultura?. Banchetti di libri, dibattiti, spettacoli teatrali. Per ricordare che un paese non può fare a meno della sua scuola. Costi quel che costi. «Ma la cosa più gratificante è stato che nessuno credeva in noi. E, invece, siamo ancora qui». Chi parla è Gianni Goisa, il presidente del ?comitato culturale?, come lo chiamano loro, che si è insediato per gestire gli affari scolastici di Antegnate. Lo fa a tempo perso. Tanto più che non è nemmeno uno dei genitori direttamente interessati, non avendo figli alle medie. Parla della scuola, dell?istruzione, come ricchezza, come un affare. Una festa per arrivare a cento milioni E non potrebbe essere altrimenti, visto tutto il marasma che ha messo in piedi. «Abbiamo creato un precedente. Ora chissà se ci sarà qualcuno disposto, come noi, a rischiare, a mettersi contro i tromboni che predicano la cultura per tutti e che poi ci chiudono le scuole». Anche dall?estero si erano interessati alla vicenda: televisioni svizzere, francesi e tedesche volevano andare ad Antegnate a documentare la scuola autogestita. «Ma quando hanno scoperto che, non solo il governo non era con noi, ma che anzi eravamo noi contro il governo, si sono tirati indietro». Eppure la legge autorizza tutto quello che ad Antegnate hanno fatto. C?è una legge del 1928 ancora in vigore che sancisce la patria potestà dei genitori sui figli anche per quel che riguarda la loro istruzione. In pratica, secondo la legge, un genitore potrebbe autonomamente garantire la scolarizzazione del proprio bimbo. Così dalle ceneri di una scuola statale pubblica, può rinascere un?altra scuola pubblica, perché per tutti, ma libera, perché gestita direttamente dai genitori. Nessun collegio, nessun privilegio. Una scuola. Ed è proprio quello che stanno facendo il signor Goisa, il signor Riva e tutti i loro amici. Che lanciano un?altra sfida a provveditore e ministro: «Durante la festa che faremo con tutto il paese, vogliamo lanciare questo messaggio. L?anno prossimo la scure della razionalizzazione delle scuole si abbatterà su tutta Italia. Solo nella provincia di Bergamo vogliono chiudere più di venti scuole. La nostra sfida è questa: fate come noi. Si può fare. Tagliare una scuola a un paese vuol dire minare l?educazione». E fino ad adesso, gli artificieri hanno fatto il loro dovere. Ma non si rischia l?esplosione ritardata? Se sono stati necessari 25 milioni per i primi due mesi, vuol dire che ne serviranno in totale circa cento per arrivare alla fine dell?anno. Proprio per questo, la festa dicembrina non sarà lasciata sola. Ci sono tante altre iniziative in programma. Perché, quando ci si mettono, i bergamaschi lo portano fino in fondo il loro lavoro. E bene.


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