Formazione

Qui la buona educazione ha fatto scuola

Viaggio nelle esperienze sociali con i minori protagonisti

di Elisa Cozzarini

Asili nido, case alloggio per minori, servizi per l’orientamento al mondo del lavoro, scuole di musica
ed educatori di strada. Così il terzo settore ha raccolto
(con successo) la sfida educativaVecchi cerchioni di biciclette, ceste di frutta, bottiglie di plastica da buttare: sono alcuni degli ingredienti del Ludobus proposto dalla cooperativa L’Ancora di Trento per intrattenere i più piccoli nelle feste di paese delle valli trentine. Intanto, alla scuola di musica «I minipolifonici», bambini fino a 36 mesi si cimentano per la prima volta con il fare musica. Per i più grandi, dal 2002 nei quartieri di Trento sei educatori di strada della cooperativa Arianna, “i panchinari” si inseriscono nei gruppi informali di giovani, frequentando gli stessi luoghi di aggregazione per capirne i problemi, prevenire il disagio giovanile, rendere i ragazzi protagonisti di iniziative sul territorio, come concerti e cineforum. E nel campo nomadi di Trento, due anni fa il Kaleidoscopio ha proposto una svolta nel modo di lavorare degli operatori, scoprendo che l’accompagnamento funziona meglio del controllo.
«Tra i servizi socio-educativi, ormai l’unica cosa che ancora la cooperazione non fa è gestire le scuole», afferma Pietro Scarpa, responsabile dell’area infanzia e adolescenza per il consorzio Consolida. Il consorzio comprende quindici cooperative che si occupano di educazione a diversi livelli in Trentino, con un ventaglio di proposte per bambini e ragazzi da zero a trent’anni. «Gestiamo asili nido, case alloggio per minori e residenze per l’autonomia dei giovani, ci occupiamo di orientamento e inserimento nel mondo del lavoro, collaboriamo con gli enti pubblici nella definizione dei bisogni emergenti, etc», dice Scarpa, sottolineando: «La cooperazione sociale oggi potrebbe dare un forte contributo al rinnovamento culturale della scuola, grazie all’esperienza che abbiamo accumulato negli ultimi vent’anni lavorando soprattutto nel disagio».
È paradossale, per Scarpa, che solo i ragazzi con “bisogni speciali” abbiano la possibilità di seguire percorsi di alternanza scuola-lavoro, in cui si impara facendo. «Va a finire che chi non presenta difficoltà di apprendimento si diploma senza aver fatto alcuna esperienza di tirocinio o lavoro, chi ha problemi, invece, ha l’occasione di sviluppare abilità pratiche. A scuola mancano servizi di accompagnamento per l’apprendimento non teorico: su questo il mondo della cooperazione avrebbe molto da dire».
Mariano Failoni, presidente dell’Ancora di Tione di Trento, racconta: «Negli ultimi cinque anni sono aumentate notevolmente le richieste di giovani bisognosi di aiuto per l’inserimento nel mondo del lavoro. Abbiamo deciso di creare nella cooperativa un’area che si occupa specificamente di questo, continuando parallelamente a gestire quattro centri diurni per minori fino alle scuole medie». La logica dell’Ancora è lavorare non solo sul disagio, ma occuparsi di giovani a 360 gradi: da qui nasce l’idea del Ludobus. «Vogliamo insegnare ai bambini a stare assieme nel rispetto reciproco, aspettando ognuno il proprio turno e seguendo le regole del gioco. Proponiamo un tipo di animazione diversa dai gonfiabili o dalla playstation: ci basta una piccola piazza e materiali di riciclo», prosegue Failoni.
Consolida punta anche sull’educazione ambientale, con il Vezzena Camp, un centro didattico con sessanta posti letto a 1.400 metri sul livello del mare. «In Trentino c’è un’attenzione particolare all’ambiente, ma possiamo fare molto di più», riprende Scarpa, «è necessaria una formazione continua dei giovani, perché sviluppino una coscienza critica e sappiano stare in guardia di fronte alla possibile strumentalizzazione dell’ambiente, che può diventare un business fine a se stesso. Il Vezzena Camp è aperto anche alle scuole fuori regione, per promuovere lo scambio e la conoscenza reciproca tra studenti di diverse parti d’Italia».
È nei casi limite, dove lavorare è più difficile, dove si afferma in modo evidente la questione della diversità e dell’integrazione, che si misura il valore aggiunto della cooperazione, secondo Scarpa. Stefano Petrolini, di Kaleidoscopio, coordinatore delle attività nel campo nomadi di Trento, dove vivono un centinaio di sinti italiani, racconta: «Lavoriamo qui da dieci anni. Fino al 2007 il clima era molto teso, il nostro compito era di mero controllo: gli operatori stavano nel campo e segnavano chi entrava e chi usciva. Era dura, si rischiava anche fisicamente. Poi, su richiesta della cooperativa, sono cambiati i termini della convenzione con il Comune. Ora lavoriamo sulla motivazione, sul dare un senso alla scuola, con un’operatrice che funge da ponte tra scuola e campo e percorsi sull’intercultura che coinvolgono le intere classi di studenti sinti e gagi. I risultati si vedono: aumentano i ragazzi che ottengono la licenza media e quest’anno abbiamo iscritto ben cinque studenti all’istituto professionale».

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