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Qui il 47% dei bimbi è straniero. La classe tavolozza

Alla scuola materna di via Barrili un iscritto su due non è italiano. Un vero primato. Ma qui si sono sperimentati anche ottimi modelli di integrazione, dai banchi alla mensa.

di Antonietta Nembri

Milano, quartiere Stadera, scuola materna di via Barrili: il mondo è racchiuso in quattro aule. Un bambino su due non è di origine italiana. Se nel capoluogo lombardo la percentuale dei piccoli extracomunitari nelle aule supera il 25 per cento, qui la percentuale arriva al 47. “La nostra è una scuola che accoglie soprattutto filippini e arabi e in numero minore sudamericani, cinesi e bambini dello Sri Lanka”, spiega Marina Pasqualini, dirigente della materna comunale di via Barrili. Nelle quattro aule che hanno i nomi di animali (coccinelle, delfini, orsetti e panda) i bambini giocano, fanno attività con la creta, curano i semi, ma soprattutto scoprono che il mondo è molto vasto e abitato da persone di diverso colore, religione, cultura e lingua. Così capita che la bambina filippina al nuovo compagno di classe che arriva dal Nordafrica dica: “Tu mangi diverso perché sei mussulmano”. “Ma in poco tempo”, afferma Silvana, educatrice alla scuola di via Barrili, “tutti i bambini parlano benissimo l?italiano”. Scuola flessibile Da alcuni anni le presenze straniere nel quartiere si sono stabilizzate, per cui non è difficile avere in classe i fratelli minori dei piccoli che sono stati i ?pionieri?. Nei giorni di preiscrizione, davanti all?ufficio della scuola si incontrano i genitori ed è come aprire una finestra su un mondo variegato e multicolore. “Almeno uno dei due genitori”, racconta Marina Pasqualini, “sa l?italiano, per i bambini arabi o nordafricani in genere è il padre, mentre per i filippini è la madre, che è venuta in Italia per prima a lavorare, a conoscere la lingua”. La scuola si è adeguata a questa situazione, ha adottato una certa flessibilità anche per quanto riguarda il periodo di inserimento che vede la presenza del genitore accanto al bambino nei primi giorni di frequenza a scuola. “Non va dimenticato”, prosegue la dirigente della materna, “che grazie alla stabilità dei gruppi etnici della zona tra loro stessi si crea una rete di conoscenze e solidarietà tra mamme e chi ha già fatto l?esperienza dell?inserimento scolastico diventa guida agli altri. Noi stesse chiediamo alle mamme che conosciamo di aiutarci, sono loro i nostri ?mediatori sul campo?”. Mamme coinvolte Non è raro che il bambino arrivi a scuola non conoscendo alcuna parola di italiano. “I compagni di classe più grandi”, racconta Letizia, un?altra educatrice, “ci aiutano, le mamme ci insegnano nella loro lingua le parole necessarie per rassicurare l?ultimo arrivato, frasi come: ?la mamma arriva subito?. In classe sono proprio i più grandi quelli che ci aiutano quando siamo in maggior difficoltà”. Ma uno dei risultati più positivi del lavoro in atto da diversi anni in questa scuola materna, è il ?mischiarsi?. “Si ha l?abitudine a dividersi in gruppi etnici, invece abbiamo notato che i bambini si sono mischiati”, racconta Silvana; “al pomeriggio, per esempio, c?è il bambino arabo che va in piscina con l?amichetto italiano, ma gli episodi si stanno moltiplicando. Le reti di conoscenza tra i genitori si sono ampliate e questo favorisce l?integrazione”. Negli anni nei quali è iniziata la presenza dei bambini stranieri, in via Barrili operavano i mediatori culturali, “ma adesso non ne abbiamo più bisogno perché per noi questa commistione di culture, di parole e di etnie è ormai diventata la normalità”, assicurano le educatrici e la dirigente scolastica. E la normalità è anche quella di organizzare il pranzo in cortile perché “alcuni bambini hanno il desiderio di vivere all?aperto, si sentono soffocare nelle aule. Prima di venire in Italia e questo lo si registra soprattutto con i piccoli filippini”, spiegano le educatrici, “prima di essere portati in Italia appena hanno l?età di venire a scuola, sono curati dalle nonne e vivono a contatto con la natura, non sono abituati agli ambienti chiusi”. “Cinque anni fa”, ricorda Silvana, “con le colleghe abbiamo seguito dei corsi con il Centro Come, nel 2001 abbiamo organizzato un aggiornamento con il nido di zona e non dimentichiamoci l?importanza dell?esperienza che si fa sul campo”. Tra le stesse maestre si è fatta chiara la consapevolezza che “la conoscenza avviene nel quotidiano e un aiuto è arrivato anche dagli incontri con le mamme”, racconta la dirigente. E dopo il Ramadan… Cinque anni fa, infatti, sono iniziati all?interno della stessa scuola una serie di incontri – feste con le mamme dei bambini della scuola materna: Donne tra più culture è il titolo del ciclo che ha portato le madri a relazionarsi tra di loro e a scambiarsi esperienze, musiche, cibi, danze, pensieri. Nei primi appuntamenti, nel salone le mamme si dividevano in base alla provenienza, pian piano c?è stata la mescolanza, favorita dalle danze, dall?assaggiare le specialità culinarie, dal conoscere le feste e perché no anche i diversi costumi. La partecipazione a questi incontri si è allargata, si è puntato a temi più trasversali mirando a integrare le mamme all?interno del tessuto del quartiere. Tra le mura di via Barrili, ora la normalità porta i piccoli musulmani a portare i dolci quando finisce il Ramadan e a non avere problemi con panettoni, regali natalizi e maschere di carnevale. “Lo stare insieme è accogliere chi ha una storia e una cultura differente senza perdere la propria identità”, afferma Silvia Giardini, dirigente delle materne milanesi. “Le nostre scuole hanno sempre accolto le diversità. Oggi sono i bambini stranieri, negli anni 70 siamo state la prima tappa dell?inserimento dei piccoli disabili. Quello che stiamo vivendo oggi è la dimostrazione della capacità delle nostre scuole di accogliere i tanti cambiamenti che si sono verificati nella popolazione milanese. È scritto nel nostro dna e se domani ci saranno altre differenze da accogliere, la cosa non ci preoccupa”. In Lombardia già 45mila Uno su quattro. Nelle scuole materne comunali di Milano la presenza dei bimbi stranieri ha una media del 27,4%. Numeri impressionanti, soprattutto se si considera che il capoluogo lombardo non è che la punta dell?iceberg di un fenomeno in crescita. In Lombardia gli alunni non italiani sono quasi 45mila, un quarto di quelli registrati in Italia. “Dalle materne alle elementari”, fa sapere Mario Giacomo Dutto, direttore generale dell?Ufficio scolastico regionale lombardo, “la media dei minori stranieri è del 3,8%, a livello nazionale si scende a 2,3 ma qui abbiamo una situazione complessa da affrontare”. E se sotto la Madonnina si ha il record di presenze alle materne, non è la provincia di Milano ad avere il maggior numero di studenti stranieri. Basta andare in quelle di Mantova (5,9%), Brescia (5,1) o Cremona (4,8) dove sono una presenza consistente e consolidata. “Per fortuna c?è una storia nell?affrontare la situazione. Sono diversi soggetti che operano”, spiega Dutto, “dai centri per l?integrazione ai Comuni senza dimenticare onlus e realtà quali il Centro Come”. Nato nel 95, il Centro Come, della cooperativa Farsi prossimo legata alla Caritas ambrosiana, ha da poco presentato il sito nato d?intesa con l?Ufficio scolastico regionale e il contributo della Fondazione Cariplo. Il Centro realizza supporti per chi insegna e molti sussidi possono essere scaricati gratuitamente dal sito, come le schede Parole per accogliere. “Sono in 15 lingue, per comunicare con un bambino che non conosce l?italiano”, spiega Graziella Favaro, pedagogista, “e il sito è fondamentale perché così tutti possono usufruire di questo sportello a distanza”.


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