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Qui i volontari hanno la pelle nera

Nella regione di Bukavu la grande emergenza per i profughi del Ruanda sembra quasi finita. Ma i problemi per la popolazione locale non mancano. Una ong italiana, Coopi, cerca di risolverli. E ha trov

di Franco Perlotto

A Bukavu, in Congo, la situazione non tende a calmarsi. La guerra di tanto in tanto punta a riaffiorare con battaglie vere e proprie che seminano il terrore nell?intera città. Una fase strana dove Coopi, Cooperazione internazionale, si trova ad affrontare una difficile transizione da un?emergenza in realtà non ancora del tutto assopita a una fase di ricostruzione e di impegno in programmi di sviluppo. In realtà la situazione è ancora difficile, sebbene la grande emergenza dei profughi provenienti dal vicino Ruanda, che poco più di un anno fa aveva portato la popolazione del Kivu allo stremo delle forze, si sia attualmente attenuata. Il futuro della regione non è ancora chiaro e l?incertezza regna anche su ogni operazione umanitaria. Grandi tensioni etniche Le grandi tensioni etniche, che hanno fomentato un odio ancora più profondo tra le grandi etnie che hanno subito la guerra fratricida del Ruanda, in Sud Kivu non sono per niente placate. La tensione in Ruanda è ancora altissima e si ripercuote nell?intera regione dei grandi laghi. Il centro della città di Bukavu è controllato dall?esercito della nuova Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire), dove è forte la presenza di soldati di etnia tutsi. L?intera periferia della città, soprattutto nei quartieri più popolosi come Kadutu e Chipunda, la popolazione di origine bantu, la stessa degli hutu ruandesi, mal sopporta la presenza di quei militari di origine nilotica. Da sempre una fetta della popolazione del Sud Kivu è di origine tutsi. Perfino Ernesto Che Guevara – che nei primi anni Sessanta aveva visitato la regione per tentare di organizzare una rivoluzione in Congo nel nome di Patrice Lumumba – aveva avuto a che fare con la complicazione etnica delle due anime dell?esercito in quella parte del Paese. Ma la popolazione di origine bantu è comunque prevalente. Così le frange dell?esercito hutu in esilio, fuggite dal Ruanda e nascoste nelle foreste del Congo, hanno avuto facile appoggio dalla maggioranza della popolazione del Kivu. Alcune fazioni di guerriglieri nazionalisti congolesi, come i Mayi Mayi, si sono alleati nella loro lotta etnica. In questo quadro è ora difficile riuscire a transitare dal momento di primo soccorso alla ricostruzione. Gli organismi internazionali impegnati nelle emergenze, come l?Unhcr, l?Alto commissariato delle Nazioni unite per i profughi, stanno lentamente riducendo gli aiuti umanitari in quanto l?impellenza è calata, mentre i grandi impegni attesi dalla popolazione da parte degli organismi dediti allo sviluppo non riescono a decollare a causa della grave instabilità politica e della situazione di pericolo per la sicurezza degli operatori impegnati sul territorio. In questa fase assai delicata Coopi ha portato a termine cinque micro progetti agricoli in collaborazione con l?Unhcr. I programmi hanno appoggiato la rinascita e il recupero di parti della popolazione particolarmente provate dalla guerra. Tuttavia, durante la realizzazione dei programmi, ci si è resi conto di un fatto molto importante che stava per nascere nell?ambito delle pianificazioni agricole. Le controparti locali di Coopi erano piccole associazioni nate subito dopo la guerra di liberazione che aveva portato alla caduta di Mobutu e dello Zaire e all?insediamento di Laurent Desiré Kabila alla nuova Repubblica Democratica del Congo. Si è scoperto che la maggioranza di esse non erano cooperative agricole, ma associazioni non profit, che avevano l?intento di aiutare la parte più debole della popolazione. Cinque associazioni che nel proprio statuto portavano come priorità lo sviluppo della solidarietà umana. È stato quindi davvero remunerativo dal punto di vista umano per gli operatori di Coopi rendersi conto che si poteva lavorare. Lavorare, oltre che a programmi contro la fame, come gli allevamenti di maiali e di polli e le coltivazioni di ortaggi e di soia, anche sul tessuto sociale di una collettività disgregata da una guerra fratricida e da odi etnici sconfinati dal vicino Ruanda. Il team che si era creato a Bukavu, composto da un operatore espatriato e da tre efficienti operatori congolesi, ha lavorato quindi sulla promozione dei valori di solidarietà all?interno di una società sofferente per la carenza di mezzi, ma pronta a riscattarsi nei valori umani. Progetti non solo per sfamare, dunque. Ma con cui soprattutto operare un tentativo di ricostruzione di valori indispensabili per una riabilitazione umana. Orfani e vedove di guerra Le cinque associazioni che Coopi ha aiutato a Bukavu, minate in parte dall?atmosfera di degrado dovuto al vivere ormai da anni in una situazione di guerra, hanno reagito con entusiasmo. Così come gli operatori congolesi di Coopi che attraverso riunioni periodiche con le vedove di guerra di Solif o con i bambini orfani di Action Jedea sono riusciti a impostare un lavoro agricolo comunitario e a portare a buon frutto i mezzi messi a loro disposizione dalla comunità mondiale, in attesa che anche per loro finisca la drammatica fase dell?emergenza. Per informazioni: Coopi, via De lemene, 50 20151 Milano, tel. 02/3085057. Progetti congolesi Progetto di agricoltura gestito dall?associazione congolese Action Jedea A un?associazione di 40 famiglie sono state fornite sementi di varie culture d?ortaggi tra cui cavoli, pomodori, carote e cipolle, oltre a sementi di soia per una piccola produzione in proprio negli orti familiari. Una serie di orti pilota sono gestiti dall?associazione per la produzione di sementi e per la vendita delle eccedenze per il sostentamento dell?associazione stessa. Progetto di allevamento e di agricoltura gestito dall?associazione congolese Vico Programma di allevamento di porcellini d?India e di piccola agricoltura mirata. Le 82 famiglie dei beneficiari ricevono una decina di porcellini d?India nella proporzione di 2 maschi e 8 femmine. La rapidità di riproduzione di questi animali permette alle famiglie di avere un numero pressoché doppio di porcellini alla fine dei primi tre mesi di programma. Una parte viene restituita all?associazione che li alleva all?interno di un grande hangar per continuare nel progetto di distribuzione e aumentare il numero di famiglie beneficiarie. Una parte viene gestita dalle famiglie sia per la riproduzione sia per il consumo diretto della carne. Si è proceduto all?acquisto di un mulino per la fabbricazione della farina di manioca. Il programma agricolo ha le stesse modalità di quello gestito da Action Jedea. Progetto di allevamento gestito dall?associazione congolese Agro Kivu Una trentina di famiglie riunite nell?associazione hanno costruito un piccolo pollaio in casa per allevarvi 25 polli da riproduzione. All?interno delle famiglie sarà possibile ottenere un piccolo allevamento che con la produzione di uova o con il consumo diretto delle carni può produrre una piccola economia indipendente. L?associazione preleva da ogni famiglia le eccedenze di pulcini per il sostentamento dell?associazione. La base di partenza della fornitura all?associazione è di 750 polli e di nove tonnellate di mangime. Progetto di allevamento e di agricoltura dall?associazione congolese Asodi 250 famiglie con bambini con problemi di denutrizione hanno ricevuto porcellini d?India e sementi con la stessa metodologia dell?associazione Vico. Progetto di allevamento e di fabbricazione del sapone gestito dall?associazione congolese Solif – Savonnerie de Kasali Sono stati acquistati 20 maiali fatti poi incrociare nei porcili dell?associazione. Le 25 vedove di guerra beneficiarie del progetto ricevono in casa la scrofa incinta e la nutrono fino al parto. I porcellini sono a loro uso per un piccolo allevamento e per il fabbisogno di carni. Le scrofe vengono restituite all?associazione che continua nella riproduzione. L?associazione con i fondi del progetto ha creato una piccola fabbrica di sapone, prodotto con noci di palma e soda caustica. Le vedove ne usano una parte: il resto viene venduto per permettere di acquistare nuove noci di palma e continuare il programma.


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