Famiglia

Qui i soldi non ci sono ma tutti sono ricchi

Viaggio in alcune città del mondo dove c’è chi ha sostituito il denaro con il tempo

di Carlotta Jesi

«Dare un senso al denaro». È davvero impossibile? Veramente lobby, globalizzazione, cibi transgenici e perfino grandi cospirazioni internazionali rendono impossibile perfino provare a cambiarlo questo mondo? No, rispondono le storie che seguono. Esempi concreti di cittadini stanchi di ascoltare ?scuse? preconfezionate, di persone normali che a un’alternativa ci hanno creduto fino in fondo. E in modi e Paesi diversi sono riusciti a creare nuove e originali forme di economia sociale. Senza dollari a New York «Prendersi cura gli uni degli altri». Un ?motto? che esprimesse davvero ciò che avevano in mente, quell?ansia di stare al mondo in maniera diversa e fare qualcosa per la comunità, Diana McCourt e Jane Wilson l?avevano cercato a lungo. Durante le pause caffè dei vent?anni in cui Diana aveva lavorato come imprenditrice edile e Jane per un servizio di catering, e poi ogni giorno, attraversando le strade, i parchi e le piazze della città delle città. Quella New York simbolo della solitudine e dell?egoismo in cui entrambe non volevano perdersi e annullarsi. E dove, nel 1991, le loro idee prendono finalmente forma: mescolando diversità etniche, religiose e tante capacità, Diana e Jane creano ?Womanshare?(Condivisione tra donne). Una cooperativa senza scopi di lucro in cui cento donne si scambiano oltre duecento tipi di servizi, dal baby sitting alla dichiarazione dei redditi, dalla consulenza legale alla riparazione della lavatrice. «Competenze, capacità», precisano Diana e Jane. Definendo la loro cooperativa con un solo aggettivo, ?grassroots?, che viene dalla strada, dal basso. Da due donne normali, proprio come loro. Che un giorno si sono sedute in cucina, hanno elencato tutto ciò che ciascuna delle due sapeva fare, dai pasticcini allo yoga, e deciso che era un buon punto di partenza. «Il resto è venuto da sé», spiega Diana. Il potere di agire, di cambiare le cose quando ci si crede, lei l?ha scoperto sulla sua pelle: «Portando mia figlia, che è autista, in un istituto dove 5000 persone vivevano in condizioni subumane. Mi sono arrabbiata, ho coinvolto altri genitori, insieme abbiamo fatto causa all?istituto e ottenuto che fosse trasformato in una comunità di servizi per portatori di handicap». Ti faccio il bucato, tu curami il pupo Un?esperienza che le ha dato l?idea di unire tante donne, tra i trenta e gli ottanta anni, per ottenere ciò di cui ciascuna aveva bisogno: compagnia, aiuto pratico e, soprattutto, tempo. Minuti e ore, che alcune donne non hanno per niente e altre in eccesso, sono infatti la più grande risorsa di Womanshare. «La nostra moneta», dicono in coro Diane e Jane. Che fanno funzionare il loro sistema di scambio di servizi con una sola, semplicissima, regola: per ogni ora di lavoro volontario che un membro presta, riceve in cambio un?ora di lavoro gratis di qualcun altro. Nient?altro che una Banca del tempo, dunque? Di più. Quello che le cento professoresse, artiste, cuoche, avvocatesse e disoccupate di Womanshare mettono in pratica ogni giorno è il ?Time Dollar?. Un sistema di scambio di servizi vecchio come l?uomo che il dottor Edgar Cahn ha riattualizzato in America agli inizi degli anni Ottanta dando vita a una vera e propria economia sociale. Un movimento che negli Stati Uniti oggi vanta oltre duecento aderenti e un centro di ricerca, il Time Dollar Institute di Washington, per coordinarli e spiegare alle comunità che decidono di applicare i suoi principi come cominciare. Diventare membri di un?organizzazione Time Dollar, si abiti in uno sperduto paesino nel Maine o a New York, è molto semplice: basta mettere via il portafoglio, capire quali servizi si è in grado di offrire ai propri vicini e quindi comunicarli al responsabile di Time Dollar che su un archivio elettronico fa incontrare la domanda e l?offerta all?interno della comunità e registra i crediti e i debiti sul conto personale di ciascun membro. Oltre a una carta di credito su cui tenere conto delle ore lavorate o ?ricevute?, chi aderisce a Time Dollar ottiene una regolare assicurazione contro possibili infortuni durante le ore di lavoro. «Ma soprattutto», precisano Diana e Jane, «la garanzia di non essere discriminati per quello che si cerca o si può offrire». Perché all?interno di Womanshare e di tutte le altre organizzazioni che hanno scelto il tempo come moneta di scambio, un?ora di consulenza legale vale quanto sessanta minuti di pulizie della casa. Womanshare, 680 West End Avenue NewYork, NY 10025 Tel./fax 212 662-9746 E-mail: Wshare@aol.com Gran Bretagna: qui pagano in ? Reivers? A Carslie, una cittadina dell?Inghilterra nord occidentale, le pagine gialle non si usano più. Da sei anni, infatti, è nella rubrica ?Cerco e offro? dei giornali locali che quasi tutti i cittadini scelgono la baby sitter per i figli, l?idraulico, la sarta e perfino il medico di famiglia. ?Servizi? che qui si ?comprano? dai vicini di casa, o al massimo di quartiere, staccando un assegno in ?Reivers?. Una moneta che poco o nulla ha a che vedere con le sterline della Regina Elisabetta, non discrimina tra ricchi e poveri ed è lo strumento con cui, in questa regione di laghi e montagne ai confini con la Scozia, i cittadini sono riusciti a trasformarsi in vere e proprie risorse economiche. Possibile? Sì. Da quando, nel 1992, a Carslie si è trasferita una coppia di coniugi che tutti oggi ricordano come i ?sostenitori di ?Lets? (Local Exchange Trading System). Un sistema di compravendita di servizi tra concittadini attraverso una moneta coniata appositamente che consente a intere paesi e quartieri di grandi città come Londra di risparmiare denaro e far girare energia positiva tra i suoi abitanti. «A inventarlo è stato un gruppo di cittadini di Vancouver, nei primi anni Ottanta, ma oggi ?Lets? è diffusissimo in Nuova Zelanda, Australia e in tutto il Nord Europa», spiega Elizabeth Allnutt. A Carslie è lei che si occupa di trovare sempre nuove persone con qualche capacità da offrire agli altri e le sei sterline che servono per aprire un conto in ?Reivers?. Con circa dodicimila lire, infatti, chiunque sappia aggiustare un rubinetto, tagliare l?erba, cucire a macchina o abbia semplicemente tempo di portare a spasso il cane di un vicino, ha il diritto di partecipare al programma. «Appena ho versato le mie sei sterline», spiega Paul, un ingegnere che si è iscritto al programma di recente, «ho ricevuto un libretto di assegni in Reivers e l?elenco completo dei servizi offerti dagli altri membri». Paul ha immediatamente contattato Elen, che da allora gli stira gli abiti da lavoro. «Quando Elen me li consegna», spiega Paul, «entrambi compiliamo un assegno in Reivers: lei indica quanto le ho dato, e io quanto ho pagato. Poi tutti e due conserviamo la matrice e consegniamo l?assegno a un Tesoriere che provvede ad aggiornare il nostro saldo». Debiti e crediti in Reivers vengono pubblicati regolarmente su un bollettino settimanale distribuito a tutti i membri e sono consultabili da tutti su un sito Internet cittr.demon.co.uk/c_letsin.) regolarmente aggiornato. Carlisle Lets c/o Elizabeth Allnutt: Tel. 01228544120, E-mail:c_lets@cittr. demon. co.uk Belgio. I ?banchieri di strada? Possibile dare al denaro un significato diverso? Quando nel 1985 ?Vivre Ensamble? e ?Justice et Paix?, due piccole associazioni di volontariato belga si incontrano a Bruxelles, l?idea di trasformare il denaro in uno strumento di coesione sociale invece che di esclusione appare a entrambe tanto bella quanto irrealizzabile. Di banche e conti etici, allora, quasi nessuno aveva sentito parlare. «Ma la necessità di un sistema di finanziamento diverso, che non avesse l?accumulo di altro denaro come unico fine, lo sentivano tutti», racconta Mary Gillet. Che oggi è una dei consiglieri della cooperativa sociale creata pochi mesi dopo quell?incontro e ?battezzata? con un nome che racconta la grande sfida per cui è nata: Credal, Credito Alternativo. «Alternativo perché finanziare progetti che in partenza non si propongono di guadagnare era ed è un programma che va controcorrente», spiega Mary, «ma soprattutto perché diversi, nuovi e assolutamente normali erano gli uomini che dovevano raccogliere e gestire i soldi con cui finanziare cambiamenti sociali». ?Banchieri? della strada che oggi sponsorizzano organizzazioni non profit impegnate nella lotta all?esclusione sociale in molte maniere diverse. Come i prestiti agevolati e restituibili dopo molti anni che variano da duemila a settemila Euro, i pacchetti finanziari in cui oltre al denaro coloro che intendono sviluppare un progetto ottengono consulenza sui rischi di mercato e, soprattutto, i corsi di formazione e di gestione dei finanziamenti europei. Tutti quei servizi, insomma, che normalmente la società civile paga a caro prezzo oppure ottiene come ?favore pubblicitario? da società di consulenza e istituti bancari. «Servizi», raccontano i cinque impiegati della cooperativa Credal che ogni giorno selezionano le richieste di cooperative e associazioni non profit, studiando la borsa e l?andamento del mercato, «che da noi il Terzo settore dà a se stesso». Una rivoluzione in cui l?economia civile si appropria di tecniche e strategie proprie del mercato ottimizzando al meglio le sue potenzialità.«Certo», ammette Mary Gillet, «con l?ausilio di esperti e specialisti finanziari». Ma che, a differenza di molti colleghi, considerano investimenti e progetti sociali come una fonte di sviluppo locale e ambientale e, soprattutto, un prezioso strumento per combattere ogni forma di esclusione. Investimenti, insomma, che come dimostrano i sempre più diffusi esempi di finanza etica, stanno diventando sempre meno alternativi. Credal, Mr Michel de Wasseige, Place del l’Université 16 B- 1348 Louvain-la-Neuve, Belgium. Tel. 3210483350, fax 3210483359 E-mail: Credal@ skynet.be Le Banche del tempo a quota trecento Duecentottantaquattro. Tante erano, il 18 maggio di quest?anno, le banche del tempo italiane. Contate una a una dall?Osservatorio nazionale sulle Banche del tempo istituito alla fine dal Centro ?Il Cittadino Ritrovato? di Siena(www.cgil.it/cittadinoritrovato/tempomat). Che dal 1995, anno della sua fondazione, è un vero e proprio punto di riferimento per chiunque cerchi informazioni sull?origine e le diverse modalità di sviluppo delle Banche del tempo. Un fenomeno di dare e avere molto diverso dal volontariato che dopo i primi esperimenti di Parma nel 1992 e Padova, nel 1995, ha preso piede lungo tutta la Penisola. In testa alla classifica delle Regioni con più istituti che hanno scelto il tempo come moneta di scambio di beni e servizi, si piazzano Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Che di banche del tempo ne hanno rispettivamente 60, 35 e 26. A poche lunghezze di distanza troviamo il Piemonte (26), la Toscana (24) e il Lazio (24); mentre la maggior parte delle regioni del Meridione ha al massimo 10 ?depositi? di ore, pomeriggi, mattine o giornate intere. Istituti organizzati come vere e proprie banche in cui ogni cliente ha un conto corrente con addebiti e accrediti di ore in uscita o entrata ed estratti conto alla fine del mese. E, soprattutto, la possibilità di creare una maggiore sensibilità verso il valore sociale del tempo favorendo la socializzazione e superando l?esclusione sociale.


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