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Qui ci vuole un atto di fede

Alberto Melloni racconta Torino spiritualità

di Maurizio Regosa

«Siamo dominati dal sacro. Ma è una bolla. La vera spiritualità deriva da una decisione, non da una delibazione estetica».
Parla il direttore del “non festival” torinese «La menzogna, sostanza della vita collettiva e individuale, è un problema molto attuale ed è per questo che abbiamo scelto il tema del dis-inganno». Così Alberto Melloni, storico della Chiesa ed editorialista, presenta le Giornate della spiritualità, di cui è supervisore scientifico e che si svolgeranno a Torino dal 23 al 27 settembre. Dialoghi e seminari (quattro le sezioni: Ascesi, Rivelazione, Vivere senza menzogna, Mistificazione) cui parteciperanno esperti di diverso orientamento che si confronteranno su «ciò che è dietro ciò che appare».
Vita: Cos’è la menzogna?
Melloni: È diversa dalla “balla”. È qualcosa che sembra abbastanza vera per potervi aderire. La si incontra a molti livelli. A me colpisce come ha girato la parola “sicurezza”: è servita per eccitare le paure della povera gente contro altra povera gente. D’altro canto, una delle caratteristiche principali delle grandi tradizioni spirituali è proprio la capacità di produrre delle demistificazioni.
Vita: A che pubblico pensate?
Melloni: Fin dalla prima edizione, cui sono intervenuto come invitato, sono rimasto molto colpito proprio dal pubblico. Questo della spiritualità è un “non festival”, non parte dal presupposto di moltiplicare gli appuntamenti. E i partecipanti hanno un’attenzione veramente intenzionata. Quando ho visto 1.200 persone che andavano a sentire lo Zhoar spiegato da Giulio Busi, sono rimasto di sasso. È il più grande ebraista italiano, è in grado di portare il discorso a livelli veramente profondi, e la gente fa la fila per sentirlo.
Vita: Si parla di una rinascita della spiritualità. È d’accordo?
Melloni: Distinguerei. Mi sembra ci sia una bolla del sacro. I titoli del sacro sono molto cresciuti. Non tanti decenni fa, definirsi credenti era una cosa che esponeva a un qualche imbarazzo, oggi è difficile trovare uno che proclami il suo agnosticismo con la dovuta serenità. Ma c’è un’altra dimensione che non coincide con la bolla del sacro, anzi.
Vita: Quale?
Melloni: Mi chiedo se si possa o debba chiamare spiritualità anche quella che non ha un connotato confessionale né un apparato dottrinale appropriato. Secondo me la spiritualità nasce da una decisione, da una intenzione, non da una delibazione estetica dell’infinito. Del resto oggi si parla di tutto eccetto che di fede.
Vita: In che senso?
Melloni: La mia sensazione è che l’atto di fede come tale sia eloquente. Negli ultimi quattro anni, soprattutto, abbiamo visto una lettura molto semplicistica del dilemma fede-ragione che è al centro della teologia di Ratzinger.
Vita: Avvenire ha avuto un ruolo nella rinascita della spiritualità?
Melloni: Mi sembra abbia avuto soprattutto un profilo di carattere politico. Credo fosse questa l’intenzione, questo il mandato.
Vita: Cosa pensa delle recenti vicende del quotidiano della Cei?
Melloni: Credo che riguardino la Chiesa cattolica. L’imboscata non era ad Avvenire o al suo direttore. Quello che è avvenuto è stato un pretesto. Ci sono ambienti molto vicini alle forze di governo che pensano di avere diritto a qualcosa da parte della Chiesa. Su questo si gioca la sfida.
Vita: Una sfida aperta?
Melloni: Penso proprio di sì. Bisogna che la Chiesa e l’episcopato si domandino non qual è il livello morale di questo tipo di atto, che è bassissimo, ma perché è stato possibile.


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