Salute mentale
Qui Calabria: zero centri per adolescenti con problemi psichiatrici
In Calabria non c'è nemmeno un centro residenziale per adolescenti con problemi psichiatrici. Secondo la Regione ne servono tre, ma le richieste di autorizzazione sono senza risposta dal 2023. Così i ragazzi, per essere curati, continuano ad essere trasferiti fuori regione, lontano dai propri cari. La denuncia di Giancarlo Rafele, presidente della cooperativa sociale Kyosei

«È crudele. Non ci sono altre parole»: inizia così un accorato post di Giancarlo Rafele, presidente della cooperativa sociale Kyosei di Catanzaro. Lo sfogo è amaro. In Calabria, scrive, «non esistono strutture psichiatriche per bambini e adolescenti e così i ragazzi vengono trasferiti lontano, fuori regione, strappati alla propria famiglia, sradicati dal proprio contesto». I fatti sono questi: nell’agosto 2023, Regione Calabria ha presentato un documento articolato sui fabbisogni del territorio, dichiarando la necessità di avere in regione tre strutture residenziali dedicate ai minorenni con problemi psichiatrici, di cui una a Catanzaro. Sembrava l’inizio di qualcosa.
Kyosei si è immediatamente candidata per realizzarne una, presentando istanza di autorizzazione. «Abbiamo ottenuto l’autorizzazione al funzionamento da parte del Comune di Catanzaro, che per darla però ha bisogno di fare anche un passaggio con l’Azienda sanitaria provinciale che dovrebbe dire se quel centro di cui la Regione ha dichiarato la necessità, intende gestirlo direttamente o tramite affidamento. Da allora c’è solo silenzio. Nessuna decisione, nessun atto concreto. Regione e Azienda Sanitaria si rimbalzano le responsabilità, l’ultima versione è che l’Asp ha prodotto un documento che non va bene ma la Regione non le ha mai comunicato per iscritto il problema», spiega Rafele, che ha già presentato diverse diffide.

Senza un luogo che li accolga
Intanto che succede? «Succede che i ragazzi continuano a soffrire. Senza un luogo che li accolga, senza cure adeguate, senza futuro. I ragazzi continuano a smettere di vivere. Letteralmente. Questo non è solo un ritardo, è un abbandono istituzionale». Se in Calabria non ci sono strutture di riferimento per i minori con problemi psichiatrici, gli adolescenti con questi bisogni esistono: così vengono inviati altrove, in altri territori, lontani. «Solo noi in questi anni abbiamo avuto tre o quattro ragazzi trasferiti in strutture fuori regione, a volte in situazioni comunque non adeguate, perché sono socioassistenziali come la nostra. Ma le case famiglia o le comunità per minori non hanno le competenze professionali adeguate per prendersi cura di un adolescente psichiatrico e dopo un po’ la situazione diventa insostenibile: per il minore che resta senza cure, per gli altri minori accolti, per gli operatori stessi. In tutta la Calabria fra l’altro non c’è nemmeno un reparto di neuropsichiatria infantile», spiega Rafele.
Il suo post accorato è nato proprio dal dialogo con uno di questi ragazzi: «Ci parli e capisci che non sta bene. Abbiamo sollecitato tantissime volte, abbiamo presentato diffide, ma dopo tanto tempo chi non è pronto deve uscire allo scoperto. La Calabria non può più permettersi di ignorare i suoi figli più fragili».
E poi racconta di una ulteriore beffa: «A volte, anche quando miracolosamente si riesce a trovare una comunità specializzata che ha un posto libero, i minori provenienti dalla Calabria non li prendono… perché “si sa“ che i Comuni spesso non pagano».
Foto di Maxim Bober su Unsplash
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