Integrazione

Qui Baranzate: laboratorio di salute di comunità

L’impegno di Fondazione Bracco in uno dei Comuni più multietnici d’Italia in provincia di Milano. Parla la presidente Diana Bracco

di Alessio Nisi

Diana Bracco, imprenditrice e mecenate, è anche presidente di Fondazione Bracco, ente che ha un impegno specifico sulla cura delle periferie. In particolare, nel comune multietnico di Baranzate (Milano), ha lanciato dal 2016 un progetto pluriennale che vale la pena conoscere.

Perché Baranzate?

Nel 2018 lanciammo l’iniziativa “Dieci, cento, mille centri”. Ma già da tempo eravamo impegnati nel quartiere Gorizia di Baranzate, il comune della Città metropolitana a minor reddito e con la più alta percentuale di cittadini stranieri residenti. Tutto è partito da una richiesta di aiuto di don Paolo Steffano, allora parroco della zona.

Quali le priorità d’intervento?

Ci siamo concentrati da subito su temi cruciali, quali l’inclusione tramite il lavoro, la tutela della salute e il contrasto alla povertà educativa. Negli anni abbiamo sviluppato con Fondazione La Rotonda tanti interventi integrati, culminati nel 2021 con l’apertura dello spazio “InOltre”.
Sul fronte “salute” come vi siete spesi?
Con il contributo del Centro Diagnostico Italiano abbiamo aperto un ambulatorio pediatrico, fino ad allora non presente nel Comune, che ci ha permesso di identificare gravi casi di malnutrizione, e offerto test gratuiti per la prevenzione femminile.

Cos’è il progetto Cap Salute, l’ultimo nato delle vostre attività nel quartiere Gorizia?


Il fenomeno della “povertà sanitaria” in Italia — in termini di conseguenze di una scarsità di reddito sull’accesso alle cure sanitarie — è in preoccupante aumento. Tra questi, i più vulnerabili sono le famiglie immigrate. Sul tema cruciale dell’assistenza sanitaria abbiamo elaborato con La Rotonda una risposta progettuale, il Cap Salute — dove Cap sta per Capitale di Attivazione Personale.

Qual è l’obiettivo concreto di questa iniziativa?

L’obiettivo del progetto Cap Salute è organizzare un sistema di risorse abilitanti per coloro che ne necessitano. Questa iniziativa ha previsto la creazione di un’équipe multi-disciplinare territoriale, cui partecipano soggetti a diverso titolo coinvolti come gli operatori di Fondazione La Rotonda, i servizi sociali del Comune di Baranzate e la Caritas territoriale, coordinati da una nuova figura introdotta dal progetto, il case manager.

Tra le azioni progettuali, si prevede la costituzione di un fondo di risorse dedicate alla salute di comunità da erogare attraverso la convenzione con il Centro diagnostico italiano — Cdi del Gruppo Bracco, di cui si diceva in precedenza. Di cosa si tratta?

In termini di risorse economiche il fondo ha un valore di 30mila euro. Come lei ricordava, è stato costituito da Fondazione Bracco, ed è pensato per coloro che necessitano di integrare le prestazioni sanitarie messe a disposizione dal servizio sanitario di base, attraverso una convenzione con il nostro Centro diagnostico italiano. L’obiettivo è di colmare soprattutto il bisogno legato alla prevenzione femminile, che ha un’alta incidenza in particolare sulle donne di origine straniera.

A circa dieci mesi dall’avvio del progetto quante persone avete aiutato? Che impatto pensate di avere avuto sui cittadini di Baranzate?

Proprio sul fronte della prevenzione femminile, stiamo erogando in questi mesi oltre 90 prestazioni. Sul primo gruppo pilota di pazienti, il 20% degli esami diagnostici ha messo in luce gravi patologie, in corso di accertamento. Queste evidenze ci stimolano nel proseguire anche in futuro lungo questa strada.

Nela foto di apertura la Comunità di Baranzate in una festa di quartiere (Filippo De Dionigi)

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