Famiglia
Qui Azione Aiuto. Facciamo lobby anti povert
Dopo 11 anni di adozioni a distanza e assistenza ai Paesi poveri, lassociazione cambia mission: farà campagne di sensibilizzazione.
Non solo non basta un pesce per sfamare i poveri, ma neanche una canna da pesca. Bisogna convincere chi li governa che hanno il diritto di pescare». A svecchiare la ricetta dell?aiuto allo sviluppo, è il segretario generale di Azione Aiuto, Marco De Ponte. Convinto che, oltre alla canna da pesca, la società civile del Sud e del Nord del mondo debba imparare a sfruttare il buono che c?è nella globalizzazione.
Il che, nel caso della sua associazione, vuol dire sfruttare un network di 46 enti non profit sparsi per il mondo (di cui solo 6 in Europa), 4 mila operatori e volontari in tre continenti e 8 mila sostenitori solo in Italia. Sono i membri dell?ActionAid Alliance, la rete di organizzazioni non profit impegnate in progetti di sviluppo per il Sud del mondo di cui Azione Aiuto fa parte dal 1999. E che, nel 2000, a 11 anni dalla sua fondazione, ha seguito in un radicale cambiamento. Di logo e di mission: «Oltre che di adozione a distanza e di forniture di servizi, adesso ci occupiamo di sensibilizzare l?opinione pubblica e i governi sui temi dell?Aids e della povertà, dell?istruzione, del diritto alla salute e della responsabilità sociale delle aziende», spiega De Ponte.
A scuola dai poveri
Ad aiutarlo, in Italia, ci pensano i 31 membri dello staff di Azione Aiuto e quasi 3mila volontari divisi in gruppi locali. Ma l?input sulle campagne da realizzare continua a venire dal Sud. Dall?India, dall?Africa, dal Sudamerica e da tutti gli altri Paesi in cui gli operatori locali dell?ActionAid Alliance convivono ogni giorno con l?Aids, la fame e i molti altri problemi legati alla povertà, suggerendo ai partner del Nord precise strategie d?intervento. Un esempio? La lotta all?Aids: attualmente l?associazione la combatte in 15 Paesi africani e in 4 asiatici con progetti sul campo quali Strategies for Action che, dal 1990, fornisce un aiuto concreto alle famiglie degli ammalati e, su precise indicazioni dei partner africani, anche con campagne di sensibilizzazione nei Paesi industrializzati. Italia compresa: Azione Aiuto ha appena lanciato la campagna No poverty, no Aids con cui chiede al nostro governo di rispettare gli accordi presi durante il G8 di Genova versando la quota che ha promesso nel Fondo globale per la lotta all?Aids di Kofi Annan. Fondo, rassicura De Ponte, «su cui intendiamo vigilare notte e giorno perché faccia davvero l?interesse dei poveri e non quello delle aziende farmaceutiche».
Arriva il policy officer
Le possibilità di avere davvero un impatto sui governi dei Paesi ricchi? Quelli di Azione Aiuto sono convinti che siano direttamente proporzionali all?indipendenza della società civile dai fondi pubblici. Quasi totale: il 98% delle entrate dell?associazione, più di 17 milioni di euro nel 2001, proviene da donazioni private. Per la ripartizione dei fondi, bisogna rifarsi al bilancio 2000, certificato da Kpmg: dei 28,5 miliardi di lire raccolti attraverso l?adozione a distanza (circa 15 milioni di euro), l?87% è stato usato per finanziare i progetti in corso nei Paesi e nelle comunità in cui Azione Aiuto lavora e per attività di sensibilizzazione presso le istituzioni internazionali; il 9,6% è andato in spese amministrative e in attività promozionali; il 3,4% è stato usato come riserva per attività da realizzare nell?ambito dei fini istituzionali.
Le prossime sfide dell?organizzazione? Oltre a una più stretta collaborazione con la società civile impegnata nella lotta all?Hiv (da Medici senza frontiere alla Lila), l?azione di lobby e di informazione sulle organizzazioni internazionali. «Da quest?anno abbiamo un policy officer che porterà le nostre proposte di sviluppo ai governi e alle istituzioni», annuncia De Ponte.
Trovate tutte le le attività e i progetti dell?associazione sul sito: www.azioneaiuto.it
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