Welfare

Qui a Nisida va tutto bene ma non basta

Minori e carcere. La storia di don Auricchio. Ha inciso dischi e scritto un musical. Ma la sua passione più grande è strappare i giovani alla vita di strada e al carcere.

di Francesco Agresti

Le sue canzoni parlano di solidarietà, emarginazione, problemi sociali, esperienza di fede. Don Paolo Auricchio divide la sua vita tra la musica, gli impegni al seminario che dirige e il carcere minorile di Nisida, vicino Napoli. La passione per la musica l?ha sempre avuta, i Beatles e i più noti gruppi rock degli anni 70 sono stati la sua balia musicale. Nei primi anni 80 inizia gli studi in Teologia, che lo porteranno a essere ordinato sacerdote nel 1988, e nel frattempo in seminario inizia a suonare la chitarra e a comporre dei testi che saranno più tardi pubblicati dalle edizione Paoline. Negli ultimi dieci anni ha inciso sei dischi. Nel ?95 in moltissime parrocchie italiane è andato in scena il suo spettacolo musicale, Solidarietà è una parola. Il suo ultimo lavoro si intitola, non a caso, Liberi. Anche se da diversi anni frequenta il carcere, solo adesso è riuscito a tirare fuori le sensazioni e le emozioni che quest?esperienza gli ha trasmesso. Vita: Qual è la sensazione che ha provato la prima volta che ha messo piede a Nisida? Don Paolo Auricchio: La non riconoscibilità del mio ruolo è stata una delle prime cose che mi ha colpito. C?è voluto tempo per essere accettato sia dal personale che dai ragazzi. Vita: Quanti sono i detenuti? Auricchio: Mediamente Nisida ospita 40 ragazzi e una decina di ragazze. La maggior parte deve scontare una pena inferiore ai due anni, soprattutto per furti e scippi. I casi più gravi sono una minoranza. C?è una particolarità che accomuna Nisida alle carceri minorili del Meridione: qui i ragazzi sono del posto, mentre nelle regioni centrali e settentrionali ci sono moltissimi extracomunitari. Là si delinque per noia, da noi lo si fa o per necessità o perché è l?unico modello di vita. Vita: È importante l?ambiente in cui si cresce? Don Auricchio: È fondamentale. L?ambiente in cui si vive lascia marchi indelebili. Dietro ogni storia ci sono situazioni complicate: quasi tutti hanno avuto esperienza con la droga, specialmente con una che viene smerciata a poco prezzo, si fuma, ha gli stessi effetti dell?eroina e distrugge lentamente le funzioni cerebrali. Qualche tempo fa una delle insegnanti del carcere, che ha alle spalle un?esperienza pluriennale, mi ha confidato che a molti ragazzi sono mancate alcune fasi dello sviluppo evolutivo che caratterizzano l?infanzia. Alcuni non hanno il concetto di dimensione spaziale e temporale. Se gli si chiede quanto è alta una porta possono rispondere dieci metri o cinque centimetri, per loro è indifferente. L?altezza e il tempo non hanno alcun senso. Vita: Qual è la giornata tipo di un ragazzo detenuto? Don Auricchio: I ragazzi passano gran parte della giornata fuori dalle celle, che peraltro hanno sufficiente spazio. Alcuni hanno la possibilità di lavorare fuori; chi rimane dentro può frequentare le classi per conseguire la licenza elementare o quella media. Gli insegnanti svolgono la loro attività con totale dedizione. La Regione Campania ha finanziato corsi di formazione professionale che permettono ai ragazzi di imparare a svolgere un?attività artigianale o acquisire le prime nozioni di informatica. All?interno del carcere opera anche un?associazione di volontariato, la Cordata: all?inizio non è stato semplice convincere dei ragazzi a far volontariato in carcere perché è un?esperienza diversa, fuori dal normale. Vita: Come reagiscono i ragazzi? Don Auricchio: In modo sorprendente, dimostrando di avere buone capacità creative e artistiche. C?è un caso che mi ha colpito. Un ragazzo, inquieto e agitato, abituato a impasticcarsi, cui però piaceva scrivere poesie. Alla sua storia ho dedicato la canzone Sa di libertà. Il paradosso è che le occasioni che trovano in carcere gli sono negate fuori, quando terminano di scontare la pena. La maggior parte dei ragazzi viene dalla periferia di Napoli, realtà totalmente priva di stimoli, e molti tornano a delinquere. Poi, compiuti 18 anni, vengono portati a Poggio Reale, e lì le possibilità di recuperarli sono quasi nulle. Qualche tempo fa è arrivato un ragazzo arrestato per furto. Era completamente isolato, parlava usando monosillabi; grazie al lavoro svolto è riuscito a sviluppare delle capacità comunicative che gli consentono di svolgere attività teatrali. Ma un mese fa ha finito di scontare la pena? Vita: Un altro ragazzo dal destino segnato? Don Auricchio: Spero proprio di no. Quando siamo andati a prenderlo si è meravigliato che ci fosse qualcuno. Mi ha detto: «Tu non hai idea di cosa vuol dire trovare qualcuno che ti aspetta». Per un po? è stato ospite di una comunità di religiosi, ora gli stiamo cercando una sistemazione definitiva e ci ha detto che ha intenzione di rimettersi a studiare. Vita: Per uno che si ravvede, quanti sono quelli che continuano a fare la vita di prima? Don Auricchio: La maggior parte, purtroppo. C?è anche il problema della criminalità organizzata. Con chi ha già avuto contatti con la camorra è difficile fare breccia, e anche volendo è quasi impossibile sciogliere questo legame. Ci sono casi in cui la malavita sostiene le spese legali per la difesa dei ragazzi, gli viene inculcato un senso di appartenenza che non permette di rinnegare i vincoli imposti. Vita: Che impatto ha avuto su di lei l?esperienza con i ragazzi detenuti? Don Auricchio: Per me è stata risolutiva. Mi ha aiutato a stare con i piedi per terra. I ragazzi sono senza misure: se devono dirti qualcosa te la dicono senza mezzi termini. Domenica scorsa abbiamo parlato della coscienza, sono uscite riflessioni insolite e per questo interessanti. Info: www.geocities.com/Nashville/9602 Il suo prossimo concerto sarà il 2 dicembre, alle ore 19.30 a Caivano (Napoli), presso la Parrocchia S.Barbara


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