Scaricatevi il report intermedio di una nuova ricerca sul lavoro sociale nelle organizzazioni nonprofit (cooperative sociali soprattutto) e pubbliche (in parte minoritaria). L’indagine è stata promossa da un’inedita coalizione di committenti: Cnca, Fish, Libera e, udite udite, Rifondazione comunista. Il testo è interessante, soprattutto perché tra le righe traspare spesso una certa sopresa per alcuni risultati che evidentemente non confermano del tutto le ipotesi (non esplicitate) dell’indagine. Alcuni esempi. Contrariamente a quel che si pensa, si legge nel rapporto, il settore dei servizi sociali non si sceglie per caso e non è un “parcheggio”; inoltre per chi matura una buona anzianità di servizio cresce lo stipendio e la sicurezza contrattuale. E ancora nonostante le condizioni sfavorevoli le motivazioni legate alla missione sociale e, in senso lato, politica del proprio lavoro sono molto elevate. E ciò si evidenzia paradossalmente nelle organizzazioni nonprofit nonostante queste ultime paghino meno i propri lavoratori. Insomma i lavoratori del sociale sono diffusamente soddisfatti della loro organizzazione e non intendono abbandonarla anche perché molti di loro, soprattutto nel nonprofit, apprezzano il fatto di poter partecipare alle scelte gestionali e strategiche. Infine questi stessi lavoratori appaiono “culturalmente evoluti”; sono in grado cioé di formulare rappresentazioni di contesto sofisticate e innovative, come il welfare di comunità, ben più avanzate della normativa. Sorprendente quindi? Non troppo. Se si fossero recuperate le indagini già svolte sul tema e che confermavano, a grandi linee, lo stesso impianto di risultati forse si poteva fare un passo oltre e progettare una rilevazione capace di approfondire questioni più specifiche (ad esempio il ruolo della formazione interna alle organizzazioni sociali, i percorsi di carriera, la questione di genere, ecc.). Ma un risultato comunque c’è (o almeno si spera): aver contribuito ad una rappresentazione del lavoro sociale dove a dominare non sono solo ombre (come si torna a ripetere nel paragrafo finale del report), ma anche luci in grado di illuminare un settore tutt’altro che invisibile.
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