Famiglia
“Questo è un tasto dolente…”: ecco perché lì il conflitto esplode
Abbiamo studiato. Ci siamo allenati. Abbiamo appreso le tecniche per gestire il conflitto, il dissenso, le critiche, i commenti sui social. Ma poi arriva quella frase che… ci fa esplodere. Perché ha a che fare con un'emozione della nostra infanzia. Si può imparare a fare buon uso anche dei nostri tasti dolenti? Intervista a Paolo Ragusa
Ci siamo allenati ogni giorno. Abbiamo appreso le tecniche per gestire il conflitto, il dissenso, le critiche, i commenti sui social. Ma poi arriva quella frase che… ci fa esplodere. Spesso è un «tasto dolente», qualcosa legato a un’esperienza che ci portiamo dietro fin da piccoli. Il prossimo 12 ottobre, al Convegno Nazionale del Centro PsicoPedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti (CPP) intitolato “Né buoni né cattivi. L’alfabetizzazione al conflitto per una nuova cittadinanza”, Paolo Ragusa parlerà proprio di questo tema, del buon uso dei tasti dolenti.
Il titolo del suo intervento è “Del buon uso dei tasti dolenti. Come occuparsi delle proprie fragilità nei conflitti”. Che significa?
La competenza conflittuale ha aspetti molto tecnici, che in questi anni abbiamo molto esplorato. Ad esempio, fare domande, esplicitare, prendere tempo, non prendere alla lettera i contenuti del confitto, far decantare, distinguere il problema dalla persona… sono tutte “mosse” ormai piuttosto note, che hanno permesso di dare alle persone una buona tenuta nelle situazioni conflittuali. Ovvio che tutto questo serve, ma andando più in profondità ci si accorge che a un certo punto nel conflitto spesso ci imbattiamo in qualcosa che va oltre, con cui le tecniche non funzionano. Spesso il nome che diamo a questo “altro” è “il tasto dolente”.
Cioè?
Cioè le persone si imbattono in una esperienza che ha radici nell’infanzia e che per ragioni che non conosciamo ha lasciato una traccia emotiva insopportabile o meglio abbastanza ingestibile. La comparsa di questo “tasto dolente” ci mette fuori gioco. Uso il termine “tasto dolente” in senso specifico, il tasto dolente è collegato all’infanzia e a una difficoltà conflittuale. Il tema è proprio questo, che talvolta i nostri tasti dolenti ci restituiscono emozioni difficili da gestire pure da adulti, pur sapendo che in fondo non ci fanno male davvero ma solo ci mettono in difficoltà, come se improvvisamente ritornassimo all’età in cui quella situazione spiacevole ha lasciato la sua traccia. Non stiamo parlando di traumi, ma di qualcosa che si riattiva.
Ci fa degli esempi?
Ad esempio dinanzi a una critica, normalmente si chiede una spiegazione: "a cosa ti riferisci? Dove pensi che abbia sbagliato?". Invece se per noi quello è un tasto dolente ci ritiriamo, tiriamo fuori espressioni infantili del tipo “tu ce l’hai con me, non va mai bene nulla di quel che faccio”. Viviamo una emozione di esclusione che non ha nulla a che fare col presente, perché il collega che ci ha fatto una critica non voleva certamente escluderci, ma – appunto – solo fare una critica. Noi però non vediamo la critica ma l’emozione che essa suscita, e che ha a che fare non con il presente ma con la nostra infanzia. Oppure se la mamma ci diceva “Io ti ho fatto, io ti disfo”, a mo’ di battuta, può aver creato in noi un senso di timore tale per cui negli affetti noi abbiamo anche da adulti il timore di essere distrutti e annullati dall’altro, mentre invece il conflitto non ci distrugge, è solo esperienza di separazione, del fatto che ciascuno occupa la sua parte. Invece se nella mia storia di infanzia il conflitto è collegato all’emozione della paura della distruzione, cercheremo di tenerci buoni e di non litigare con nessuno.
Che significa allora “fare un buon uso” dei nostri tasti dolenti?
Ciò che ci blocca può darci una opportunità. Innanzitutto perché il tasto dolente, come abbiamo detto, ci mette in contatto diretto con la nostra infanzia e questo è molto significativo, ci permette di conoscerci meglio. La seconda buona ragione è che nostri comportamenti disfunzionali nei conflitti ci costringono ad imparare di più sui conflitti, sono uno stimolo indiretto. Il terzo motivo ha a che fare con la società: il tasto dolente sembra avere a che fare solo con gli aspetti intimi, personali, di crescita ma in verità il nostro tasto dolente potrebbe compromettere anche la nostra competenza sociale, ad esempio fra colleghi, vicini di casa… potrebbe impedirci alla lunga di stare nella differenziazione e nelle relazione. Imparare a fare buon uso del tasto dolente può essere una buona scorta per allenare la nostra competenza sociale, perché evidentemente alcuni comportamenti sociali diffusi sono difensivi e collegati ai tratti dolenti, come una sorta di “invalidità sociale”: penso alla permalosità oggi così diffusa, al ritiro sociale, all’eccesso aggressività, all’uso eccessivo delle comunicazoni virtuali che ci “schermano” e quindi permettono di attenuare la nostra incompetenza sociale. Occuparsi dei nostri tasti dolenti non è un tema intimistico ma qualcosa migliora la nostra socialità. Qui c’è un tema civico di convivenza, con uno spessore civico se non politico; per questo lo affrontiamo nel contesto del convegno.
E come ci si occupa dei nostri tasti dolenti?
Non si tratta di curare o estinguere i tasti dolenti ma di conoscerli e imparare a utilizzarli: possono tanto anche delle buone relazioni amicali, dove io posso stare con le persone senza dovermi mettere in una posizione difensiva. Occorre prendersi cura di sé. Imparando ad accorgersi quando i nostri comportamenti ci allontanano da noi stessi, dalla nostra persona. Facendosi aiutare, perché i percorsi di crescita personale, formazione, counseling, psicoterapia, analisi non sono qualcosa solo per chi ha una patologia. Sono tutti modi per attenuare quell’emozione che il tasto dolente ci porta a rivivere e ad affrontare con dei comportamenti disfunzionali.
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“Né buoni né cattivi. L’alfabetizzazione al conflitto per una nuova cittadinanza” – Convegno Nazionale CPP
si terrà a Milano il 12 ottobre 2019, al Teatro Dal Verme (via S. Giovanni sul Muro). Il programma completo è sul sito del CPP. Per informazioni e iscrizioni: convegno@cppp.it – 3316190707 o direttamente dalla pagina dedicata. Per i nostri lettori, l’iscrizione al convegno ha un prezzo agevolato: 60 euro anziché 75. Basta citare “VITA” nel modulo di iscrizione.
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