Le vedi arrivare.
Preferiscono muoversi in coppia, riproponendo il consueto rito della conquista della toilette. Si avvicinano all’ingresso e si mettono in fila, composte. Sembrano indugiare ma in un attimo comprendi come quella titubanza abbia poco a che fare con la timidezza. Appare più come una pausa, fisiologicamente necessaria, per prendere visione della forma scelta e indossata dalle loro “colleghe”, da quelle “già presenti”. Devono, in quei pochi istanti, capire chi ci sia, chi si sia invece defilata, chi sia quella avvinghiata al giovane imprenditore “filantropo” e fotografarne, dietro maschere subacquee travestite da occhiali da sole, le scarpe, i bracciali e l’acconciatura.
Poi un tacco 12 guadagna lo scalino e la sua fedele scudiera allunga il collo, sussurrandole: “Se vedi la testimonial, bloccala subito che poi andiamo. Abbiamo un altro evento alle 14.00!”.
Sono tutte ammassate nel Tempio in cui si è deciso di celebrare l’unione di due anime: quella profit e quella non profit. L’emblema dell’unione, che potrebbe avere un che di sacro, è una COSA, ora sacrificata alla Dea Stampa. Sta solo aspettando qualcuno che la sappia capire, ascoltare e poi raccontare. COSA ha un compito: aiutare, attraverso una piccola parte di se stessa, bambini e ragazzi in difficoltà. Ha dignità, molta più di tutta quella sfolgorante vita che vedi agglomerata in questo Tempio.
Le presenti lo sanno ma hanno dimenticato la consapevolezza in redazione o forse dal parrucchiere o, chissà, magari sul sedile della Smart.
Le guardi come fossi seduta al cinema e ti volti verso la COSA. Ti sembra sempre più piccola, quasi invisibile. E’ in vetrina ma nessuno la guarda più. Gli sguardi seguono percorsi difficili da comprendere. Ti avvicini e sorridi al Tacco 12. Sai che ha fretta: “Buongiorno, grazie per essere qui, oggi. COSA è stata creata per aiutare… “
Ma Tacco 12 ti ferma: “Potrei avere un prosecchino? Fa davvero caldo oggi. Posso fare una foto alla vostra Testimonial? Ahhaha!!Quasi quasi faccio un selfie, poi lo posto su Instagram”.
Tu non ci sei più. Sei la parte più piccola della COSA; quella che dovrebbe aiutare i vulnerabili ma che temi non lo farà.
Osservi le unghie laccate su i pad e giornali.
Alcune mani si fermano davanti alla COSA e ne toccano i particolari. Altre la indossano.
Ti passano di nuovo accanto e quando ricominci con “Buongiorno, grazie. COSA è stata creata per aiutare…” vedi sorrisi tracimare in sbadigli.
No, a loro non interessa sapere nulla di quello che la tua Associazione fa o abbia fatto.
Vogliono che qualcuno le omaggi portando caffè bollente, prosecco, tramezzini.
Vogliono una foto con la testimonial da postare come quindicenni sui social newtork.
Vogliono selfie dopo aver vinto l’Oscar della Nullità.
Passa qualche ora. Loro salutano ma prima di andare ti si avvicinano e chiedono: “Scusi..”
Tu pensi sia finalmente arrivato il momento di parlare d’infanzia, di progetti ma nel tuo timpano risuonano queste parole: “E a me, la COSA, chi la dà? Me l’avevano promessa. Anzi, ne voglio due: una per me e una per la caporedattrice”.
Gridare non serve. Una ragazzina si avvicina trafelata con due buste enormi, chiedendo scusa.
Non c’è più nessuno qui.
Le COSE sono finite tra le braccia delle giornaliste.
Nelle braccia dei bambini invece non c’è niente.
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