Formazione

Questo deve essere il secolo della fraternità

Padre Giuseppe Bettoni lancia l'Arché Live di sabato 10 ottobre: «Dei tre ideali della Rivoluzione Francese è il più dimenticato ma è il tempo di tornare a dire che abbiamo un destino comune, per vincere la paura». Se il costo dei pensieri si misura con il coraggio, questo è un pensiero che costa molto: «ma l'alternativa sono i muri»

di Sara De Carli

«Dobbiamo tornare a parlare di fraternità, dei tre ideali della Rivoluzione Francese è stato il più dimenticato e bistrattato. Sogno che questo secolo sia il secolo delle fraternità, intesa non in modo romantico ma come sentirci tutti membri dello stesso destino. È un sogno ma anche una necessità, è l’unica alternativa alla paura e ai muri»: è forte padre Giuseppe Bettoni, presidente di Arché. Sabato 10 ottobre ha chiamato a raccolta i volontari e gli amici di Arché per l'Arché Live, una giornata dal titolo "Incontro tendenza". Ci saranno Giuliano Pisapia, sindaco di Milano e Franco Vaccari, Presidente dell'Associazione "Rondine – Cittadella della Pace", candidata a Premio Nobel per la Pace 2015 (il nome del vincitore verrà annunciato proprio il giorno prima, il 9 ottobre). Per lanciare la riflessione che vuole proporre ai "suoi" volontari Bettoni non si richiama al Vengelo, come sarebbe facile aspettarsi, ma alla Rivoluzione Francese e al suo “Liberté, Égalité, Fraternité”.

“Fraternità o amicizia? La chiave del futuro è la relazione”: questo il titolo per gli interventi suoi e di Franco Vaccari. Intanto perché questo invito?

L’esperienza di Rondine è molto interessante perché affronta il conflitto in maniera propositiva e dialogica. È una prospettiva che ci interessa perché il futuro prenderà una forma piuttosto che un’altra a seconda del “come” affronteremo le tante differenze di cultura, religione, ideali, tradizioni. È una cosa che riguarda tutti, anche chi come noi non lavora sui conflitti in maniera specifica ma ha di fronte tutti i giorni una realtà composita, fatta di persone che portano identità differenti. Riconoscersi tutti appartenenti allo stesso genere umano è un “osare”, come è nello stile di Arché, un andare controcorrente, perché noi vediamo come spontaneamente si stia diffondendo invece la paura, la logica dei muri. È il momento di ritornare a quella fraternità della rivoluzione francese, fra i tre è stato il più bistrattato e dimenticato. Dopo il secolo della libertà e quello dell’uguaglianza, è il momento di mettere a tema la fraternità.

Quindi il suo è un appello a un valore trasversale, non cattolico.

Certo, fraternità è un ideale più ampio e comprensivo, non solo cattolico. È il riconoscersi appartenenti al medesimo destino umano, essere “sulla stessa barca”: e mai come in questi tempi l’espressione è ben più di una metafora. Su quelle barche ci sono persone che cercano accoglienza presso un fratello, potremmo esserci noi domani, ci sono stati i nostri nonni tempo fa. Non è un ideale romantico, la fraternità si misura sempre con il conflitto e con la diversità, a cominciare da Abele e Caino, ma non necessariamente le cose vanno risolte come ha fatto Caino. Occorre riconoscere che tutti sono portatori di un pezzo di bene, in questo modo si può costruire qualcosa che sia bene per tutti.

Questo secolo può quindi essere il secolo della fraternità?

È il mio sogno e CasArché vuole realizzare proprio questo. La Giornata sarà a Quarto Oggiaro, dove nascerà CasArché, che sarà la Casa del bene comune: vogliamo far conoscere la struttura ai volontari e presentarci al territorio: fisicamente la giornata sarà ospitata dalla Parrocchia della Resurrezione. È un sogno ma anche una necessità, una strada quasi obbligata. Certo serve un po’ di coraggio, il coraggio di pensare pensieri non facili. Abbiamo scelto una frase di Wittgenstein per accompagnarci: «Si potrebbe attaccare un prezzo ai pensieri. Alcuni costano molto, altri meno. E con cosa si pagano i pensieri? Col coraggio, credo». Questi di sicuro sono pensieri che costano molto, bisogna essere coraggiosi per pensarli. Ci vuole il coraggio di mettere il cuore nelle cose, che ancora una volta non è una cosa romantica ma l’avere una ragione pensante che si faccia carico del destino dell’umanità.

Foto NIKOLAY DOYCHINOV/AFP/Getty Images

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