Cultura
Questa ingiustizia me lha portata il vento
Sfida agli ogm. Un contadino contro la Monsanto
Una mattina di agosto del 1998, Percy Schmeiser, un agricoltore del Saskatchewan, Canada, si è svegliato con una mezza dozzina di investigatori della Monsanto nella sua proprietà che prelevavano campioni di colza dai campi. Dai risultati delle analisi la multinazionale biotech concluse che in 320 ettari coltivati da mr. Schmeiser c?erano anche piante di colza Roundup ready e che pertanto egli aveva illegalmente coltivato i semi geneticamente modificati che sono invenzione e proprietà della multinazionale di St.Louis, senza pagarne i diritti. «Non ho mai utilizzato semi di colza ogm», si è difeso il solido settantenne. «Sono 53 anni che coltivo colza e ho sempre utilizzato i semi del raccolto precedente». Mr. Schmeiser ha due ipotesi per l?accaduto: la prima è che le sue piante siano state fecondate da polline ogm trasportato dal vento dai campi vicini coltivati con prodotti della Monsanto, o che i semi ogm siano stati dispersi dai camion che li trasportano. Obiezione della Monsanto: «Non importa come i semi siano arrivati nel campo. Quelle piante sono il prodotto della tecnologia della compagnia e quindi vanno pagate».
Chi acquista semi Monsanto paga 15 dollari ad acro coltivato. L?accordo include l?obbligo di acquistare semi nuovi ogni anno. Per verificare che gli agricoltori si comportino secondo i patti, per i successivi tre anni i campi e i silos vengono ispezionati da vigilantes della Monsanto («se possibile alla presenza del proprietario», dice il contratto), che però si sentono in diritto di entrare nelle proprietà anche di chi non ha sottoscritto accordi con la Monsanto per verificare se la compagnia sia stata ?derubata? del suo prodotto. Così è accaduto a Mr. Schmeiser e a molti altri contadini. «Questo comportamento sta distruggendo i legami di fiducia della comunità», racconta Schmeiser. «Quando qualcuno riceve la visita degli ispettori, anche se estraneo ai fatti, si domanda subito chi sia il delatore. Se poi si trovano campi contaminati, la colpa si riversa sui vicini che seminano gli ogm».
In calce ad una pubblicità della Monsanto sulla colza roundup ready c?è un numero telefonico con una scritta: «Prego chiamare per rendere nota ogni violazione. Se lo desidera, chi chiama può scegliere di restare anonimo». Agli agricoltori nei cui campi vengono trovate delle piante ogm non autorizzate, la Monsanto chiede una multa e impone la visita degli investigatori per tre anni, ma soprattutto fa firmare l?impegno a non parlare a nessuno della multa. la chiamano ?non-disclosure statement?, cioè ?clausola della bocca-cucita?: se il ?colpevole? non sottoscrive l?accordo tra gentiluomini, la Monsanto lo denuncia. A Mr. Schmeiser venne chiesto di pagare 12mila dollari. «Qui ci sono in ballo tre ordini di diritti», dice colui che ormai è un simbolo della resistenza dei contadini contro le multinazionali biotech. «Il diritto degli agricoltori a conservare i propri semi; il diritto ad un ambiente non contaminato; i diritti dei consumatori».
Schmeiser non ha ceduto alle intimidazioni della Monsanto a cui ha rilanciato l?accusa per danni per la contaminazione dei semi. Il giudizio è stato emesso a marzo dalla corte del Saskatchewan, che ha riconosciuto la tesi della Monsanto. «Anche se gli agricoltori sono proprietari dei semi e delle piante nate sui loro campi, questo non vale per le piante geneticamente modificate», dice la sentenza, «per le quali restano validi i diritti del brevetto». Schmeiser, che dovrà pagare 400mila dollari, compresi gli introiti che avrebbe ottenuto dal raccolto del 1998, è venuto in questi giorni a Roma ospite delle ong Iat, Itdg e Crocevia per portare la sua testimonianza alla Fao, dove si discute sul Trattato globale sulle sementi, fermo da sette anni per l?ostruzionismo di Usa, Canada, Australia, Brasile e Argentina, e che se non andrà in porto entro novembre lascerà la questione sementi nelle mani del Wto. «Non vi sto raccontando cosa potrebbe accadere in futuro», ha detto Schmeiser a Roma. «Vi sto raccontando quello che già sta succedendo».
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