Welfare

Questa giustizia è cinica e bara

Dentro/fuori/ Il filo di Arianna, il giornale dell’Istituto a custodia attenuata di Eboli, pubblica un’intervista a Davide, detenuto tossicodipendente

di Ornella Favero

Il filo di Arianna, il giornale dell?Istituto a custodia attenuata di Eboli, pubblica un?intervista a Davide, detenuto tossicodipendente, dalla quale emerge quello che è uno dei problemi più trascurati della realtà della detenzione, il fatto che i figli dei detenuti sono i soggetti in assoluto più a rischio di finire a loro volta in galera: «Avevo 17 anni, uscivo con amici della mia infanzia che non solo si drogavano ma la vendevano pure. Mi chiesero se io avevo fatto mai uso di sostanze stupefacenti. Mentii dicendo di sì e, per paura di essere deriso o per curiosità, quella sera per me fu la prima volta. All?inizio sniffavo, poi iniziai a bucarmi: anzi mi facevo bucare. Da quell?estate è iniziato il mio calvario. La droga ti uccide dentro. È l?illusione più grande che c?è. Forse la mia dipendenza può giustificarsi dalla mancanza di affetti familiari. Dico forse, perché il vero motivo non so nemmeno io quale sia. Non accettavo la realtà in cui vivevo e mi rifugiavo in quella schifezza, che tanto schifezza per me non era. Poi non sai più uscirne. I miei genitori si sono separati dopo poco tempo. Immagina che ho visto mio padre solo tre volte nella mia vita. La prima volta avevo un mese ed era, strano ma vero, in carcere. Mio padre era ed è un frequentatore di questi posti ed io non ho fatto certo da meno». Qui Rebibbia La storia che Matteo, da Rebibbia, racconta in una lettera all?associazione radicale Il Detenuto Ignoto è di quelle che chi opera in carcere conosce fin troppo bene. È la storia dei tempi intollerabili della giustizia. «Sono in carcere da circa un mese, per scontare una condanna a 5 mesi per un reato commesso 12 anni fa, quando ero tossicodipendente. Nel frattempo mi sono rifatto una vita, avevo un lavoro, ho sposato una ragazza e ho una bimba bellissima di tre anni. Adesso però la mia esistenza ha perso di nuovo senso. Ho perso il lavoro, e mia moglie e la bambina sono sole ad affrontare troppi guai».


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