Mondo

Quest’anno Lusaka ci ha dato due miliardi

Paradosso dei meccanismi economici: nonostante l’Italia abbia annullato il debito con lo Zambia, questo paese lo scorso anno ha pagato a Roma ancora un cifra salata come interessi e rate di pagamento.

di Emanuela Citterio

Due miliardi e 300 milioni di lire. È l?ultimo pagamento che abbiamo ricevuto da uno dei Paesi più poveri del mondo, lo Zambia. Si tratta dei soldi per il servizio del debito (gli interessi più alcune rate di pagamento), solo un rivolo del flusso di denaro che ogni anno il Sud del mondo travasa verso i Paesi ricchi del Nord. Un rivolo che fa parte dei 35 milioni di dollari che ogni anno arrivano dai Paesi africani più poveri fino alle casse dei creditori. «Lo Zambia però è tra i Paesi a cui l?Italia condonerà tutto il debito», dicono al ministero del Tesoro quando comunicano i dati su quanto incassa ogni anno la Sace, l?agenzia pubblica che assicura i crediti all?esportazione e li prende in carico quando vanno insoluti. «Il nostro obiettivo è che dallo Zambia non esca più nemmeno una lira verso l?Italia per il debito», sottolinea invece Riccardo Moro, del Comitato per la riduzione del debito della Cei, «ma che questi soldi possano essere finalmente usati perché ci siano ancora medicine negli ospedali e perché i bambini zambiani possano andare a scuola». La cancellazione del debito? Varia a seconda della prospettiva da cui si guarda. A insegnarlo è proprio il caso dello Zambia. A dicembre dello scorso anno, il fondo monetario ha annunciato trionfante che il debito dello Zambia sarà ridotto «del 60-65%». Eppure, di fatto, il flusso di denaro che ogni anno esce dal Paese africano per ripagare il servizio del debito aumenterà. E nei prossimi anni continuerà ad essere maggiore della spesa annuale per l?istruzione e la sanità messe insieme. Tutto questo anche se nel dicembre scorso i Paesi creditori, il Fondo monetario internazionale (Fmi) e la Banca mondiale hanno approvato nei confronti dello Zambia tutte le misure di cancellazione del debito previste dall?iniziativa Hipc, messa a punto dai creditori per i Paesi fortemente indebitati (Heavily Indebted Poor Countries). «Quello dello Zambia è un caso paradossale, che dimostra quanto siano inconsistenti le cancellazioni promesse ai Paesi poveri», sottolinea Riccardo Moro. Per capire è utile fare un po? di conti. Nel 1999 lo Zambia ha speso 136 milioni di dollari per il servizio del debito e solo 70 e 76 milioni di dollari rispettivamente per la sanità e l?istruzione. Quest?anno per il servizio del debito il Paese africano pagherà 153 milioni di dollari. I pagamenti continueranno a crescere, fino ad arrivare a 204 milioni di dollari nel 2004. La spiegazione? Nonostante abbia beneficiato dell?iniziativa Hipc, lo Zambia dovrà pagare di più dopo la riduzione del debito da parte dei creditori, perché nel frattempo sono maturati gli interessi di altri debiti che il Paese ha contratto con il Fmi. «In realtà l?iniziativa Hipc prevede la cancellazione solo dei debiti più vecchi», spiega Enrico Pavone, segretario dell?ambasciatore italiano in Zambia. «È stata presa una data di riferimento, quella in cui il Paese si è per la prima volta dichiarato insolvente e ha chiesto di riscadenziare i pagamenti. I debiti cancellati sono solo quelli anteriori a questa data, che per lo Zambia è il 1984. Nel 2001 sono però maturati gli interessi dei debiti posteriori all?84 e lo Zambia si è ritrovato a dover pagare di più nonostante le riduzioni messe in atto dai creditori». E l?Italia? Nel caso dello Zambia il debito (102 milioni di dollari) è tutto anteriore all?84, quindi verrà cancellato interamente. «La cancellazione però non è immediata», sottolinea Riccardo Moro». E questo si deve ancora al meccanismo dell?iniziativa Hipc. Dal momento in cui la riduzione del debito di un Paese è stata approvata, possono passare anni prima che diventi effettiva». Proviamo a capire. Un Paese riceve l?ok per la cancellazione del debito quando viene ritenuto affidabile, dopo aver iniziato riforme economiche e sociali sotto la supervisione del Fmi. Dopo un certo tempo (minimo un anno) si arriva al decision point, l?ok per la cancellazione. Si tratta però in realtà solo di una promessa di cancellazione. Quella definitiva ci sarà con il completion point, che gli economisti definiscono fluttuante. Non c?è insomma un tempo fissato per la cancellazione vera e propria, potrebbero passare anche due o tre anni. Nel frattempo il Paese indebitato, oltre a pagare nuovi interessi maturati con i debiti per cui non è prevista la cancellazione, continua a pagare una percentuale (10%) del servizio di un debito che a parole è già stato cancellato. La campagna dei Vescovi italiani chiede che anche questa piccola percentuale rimanga in Zambia, e che si aggiunga ai soldi raccolti in Italia nelle parrocchie e nelle associazioni durante l?anno giubilare. Con questo denaro, sottratto al flusso che dal Sud povero va verso il Nord ricco, si finanzierebbero progetti per la sanità, l?istruzione, l?agricoltura. Per ridare fiato a un Paese in bancarotta. Per «trasformare il debito in opportunità di sviluppo».


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